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 2019  febbraio 07 Giovedì calendario

Russia, 6 anni di carcere a un testimone di Geova

Mentre camminava nel corridoio del tribunale i presenti l’hanno applaudito. «Spero che questo sia il giorno in cui la Russia difende la libertà di religione», ha detto lui passando davanti alle telecamere. Non è andata così: Dennis Christensen, danese residente in Russia da vent’anni, ieri è stato condannato a 6 anni di carcere con l’accusa di «estremismo». A portarlo sul banco degli imputati è stata la sua fede: Christensen è testimone di Geova, confessione cristiana bandita da Mosca nel 2017. Sono un centinaio le cause aperte contro appartenenti al movimento, ma Christensen è il primo a essere stato detenuto e, ora, condannato.
La procura di Oryol, 400 chilometri a Sud di Mosca, dove abita il 46enne, sostiene che l’uomo abbia usato «la sua autorità come un leader religioso» e che abbia «mantenuto l’organizzazione operativa nonostante fosse a conoscenza del divieto». Nel distretto di Oryol, infatti, l’attività dei testimoni di Geova è vietata dal 2016, un anno prima della sentenza della Corte Suprema russa che, nell’aprile di due anni fa, ne ha stabilito la messa al bando a livello nazionale per «estremismo». Da allora l’organizzazione religiosa, che nella Federazione russa conta circa 175mila membri, è diventata illegale e gli affiliati sono diventati perseguibili. Le quattrocento sedi sparse per il Paese sono state chiuse e tutti i beni riconducibili al movimento sono stati sequestrati a favore dello Stato. Per Mosca i testimoni di Geova sono una minaccia all’ordine pubblico. Negli anni le accuse sono state di incitamento all’odio, diffusione di stampati proibiti, detenzione illegale di armi e violazione del diritto all’assistenza medica universale, per il fatto di non accettare le trasfusioni di sangue. Di fronte alla Corte Suprema il governo centrale ha inoltre portato a testimoniare una serie di presunti ex testimoni di Geova: questi hanno dichiarato che i vertici dell’organizzazione esercitavano un «controllo totale» sulla loro «vita privata, formativa e lavorativa». Ricostruzioni negate dagli avvocati degli imputati.
Christiansen, libero professionista nel settore edile, sposato dal 2002 con una donna russa successivamente convertita, è stato arrestato nel maggio del 2017, un mese dopo l’entrata in vigore del divieto. La polizia l’ha portato via durante una lettura della Bibbia. Nella sua ultima dichiarazione, risalente al 30 gennaio, il 46enne ha definito il processo «ingiusto e completamente assurdo». Un rappresentante dell’associazione europea dei testimoni di Geova ha detto che Christensen è stato punito «per aver letto la Bibbia, pregato e condotto una vita virtuosa». Il ministro degli Esteri danese, Anders Samuelsen, ha spiegato che Copenaghen continuerà a seguire il caso di Christensen e si è appellato a Mosca affinché «rispetti la libertà di religione».
Due mesi fa il presidente russo Vladimir Putin aveva pubblicamente definito «senza senso» la messa al bando dell’organizzazione religiosa. Dichiarazione che aveva riacceso le speranze su un possibile dietrofront da parte di Mosca. La condanna di ieri, però, lascia intendere che l’unico passo indietro l’abbia fatto il Cremlino.