Il Sole 24 Ore, 7 febbraio 2019
I fiori liguri un camion fino ad Amsterdam
Mille e duecento chilometri in camion prima di prendere un aereo per poi andare sui mercati extra-Ue. Eppure, per i florovivaisti liguri la lunga trasferta su gomma, un viaggio fino ad Amsterdam, risulta più conveniente di qualsiasi alternativa nazionale. Per valori in gioco, 88 milioni di euro in fiori, 626 in bulbi e piante vive, non si tratta certo di uno dei settori più pesanti del nostro export ma le modalità operative utilizzate dalle aziende rappresentano l’ennesima evidenza dei limiti logistici e infrastrutturali nazionali, che nell’ultima classifica sul tema stilata dalla Banca Mondiale relegano l’Italia al 19esimo posto, alle spalle di tutti i nostri principali competitor europei. Il caso dei fiori liguri peraltro non è isolato, perché lo scalo di Schiphol è paradossalmente un’alternativa competitiva anche per spedire insalata dalla Campania a Dubai. «Sono decisamente più attrezzati per maneggiare grandi volumi di prodotti deperibili – spiega l’imprenditore salernitano Rosario Rago – e per questo riescono a fare tariffe competitive. Fatti i conti, mandare le merci in camion fino ad Amsterdam e poi imbarcarle in aereo da lì per Dubai era più conveniente rispetto a qualsiasi altra opzione, pur tenendo conto del lungo viaggio. Ho smesso solo perché il cliente non ha per ora rinnovato l’ordine. Ma se la commessa dovesse ripartire continuerei a spedire dall’Olanda». I volumi naturalmente incidono, e anche se lo scalo di Malpensa è cresciuto in modo evidente nella gestione dei cargo (+38% dal periodo pre-crisi), le merci movimentate a Schiphol sono il triplo, volumi più alti (1,7 milioni di tonnellate nel 2018) di quelli gestiti nel complesso da tutti gli aeroporti italiani (1,14 milioni). Così, Amsterdam o Nizza sono le opzioni per Paolo Di Massa, imprenditore ligure e presidente dell’associazione di categoria Ancef (commercianti esportatori fiori). «L’Italia? Neanche a parlarne. Una volta ho usato Genova ma poi hanno spedito a Milano, è stato solo un passaggio in più. E quando in emergenza ho usato Emirates a Malpensa è stato un salasso. Il vantaggio dell’Olanda è ovviamente legato ai volumi, si tratta del nostro primo acquirente internazionale e i camion, anche se devono fare 1200 chilometri, viaggiano con maggiore efficienza. Certo è che preferiremmo avere alternative più vicine, questa mancanza per il settore è un danno. Io da solo penso di avere una massa critica sufficiente ma evidentemente non è così, in passato con gli operatori di Milano ho provato a parlare molte volte, senza successo». La società di gestione, Sea, conferma che sui prezzi finali la responsabilità è degli spedizionieri. Luca De Michelis, presidente del distretto florovivaistico ligure, da tempo utilizza soprattutto Nizza per il proprio export extra-Ue. «Parliamo di una decina di milioni di euro all’anno – spiega – cifre per noi importanti e in forte crescita. Nessun aeroporto italiano purtroppo è attrezzato in modo adeguato o competitivo, a Genova ad esempio non ci sono celle frigorifere adatte, ed è il motivo per cui anche chi vuole importare piante da riproduzione deve andare altrove. Negli anni ’60 funzionava lo scalo di Villanova d’Albenga, ora invece dobbiamo andare all’estero. Pensi che all’inizio del secolo scorso via ferrovia potevamo spedire fiori fino a San Pietroburgo mentre oggi su rotaia non riusciamo a fare nulla». «Attrezzarsi è possibile – spiega il direttore generale dell’aeroporto di Genova Piero Righi – anche se occorre valutare le economie di scala e la fattibilità economica. Ad ogni modo, le nostre porte sono aperte per discuterne, anche perché in passato questa attività dallo scalo veniva svolta».
Altri limiti per il settore agroalimentare riguardano le infrastrutture ferroviarie, che ove disponibili sarebbero una valida alternativa al trasporto su gomma. «Tutta la nostra frutta, agrumi e pesche, purtroppo è costretta a viaggiare sui camion – spiega Nicola Cilento, presidente di una cooperativa di Corigliano Calabro – e questo crea difficoltà competitive sull’export. Rispetto a Francoforte, Calabria e zone di produzione spagnole sono quasi equidistanti eppure i nostri costi di trasporto sono ben superiori rispetto ai loro. È uno dei tanti freni alla competitività del nostro Paese, che dovrebbe provare a fare sistema per valorizzare le proprie eccellenze. Io ad esempio sto andando a Berlino per Fruit Logistica, la maggiore fiera europea del settore. Ma le pare che sia la Germania la sede giusta per parlare di frutta?».
«Il deficit logistico e infrastrutturale – aggiunge il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – è una evidente penalizzazione per le nostre imprese. Vi sono aziende che utilizzano porti albanesi perché più competitivi, altre che scelgono appunto scali in Olanda, gli esempi sono numerosi. Il punto di fondo è che il sistema agroalimentare italiano non dispone di un sistema moderno ed efficiente per trasportare la propria merce».