Corriere della Sera, 7 febbraio 2019
Chi ha ucciso James Brown?
Era sembrata a tutti una storia semplice. L’ennesimo artista morto dopo una vita di eccessi, un cardiopatico 73enne con problemi di diabete e prostata, decenni di abuso di stimolanti dalla cocaina alla «polvere d’angelo». Alla morte di James Brown, «padrino del soul», la notte di Natale di tredici anni fa, in molti si saranno anche stupiti che fosse arrivato a quell’età, ripensando alle famose foto segnaletiche che attraverso gli anni l’avevano ritratto con gli occhi sbarrati dopo i vari arresti per aggressioni e minacce e maltrattamenti alle mogli.
Una storia semplice. Poi però un giornalista della Cnn dedica due anni di lavoro ossessivo alla ricostruzione di quella notte all’Emory University Hospital di Atlanta. E appena la Cnn trasmette il lunghissimo servizio – diventato subito virale on line, sembra un romanzo di James Ellroy – si parla di riaprire l’inchiesta su quella morte che forse non fu accidentale, ma un omicidio.
Sì, Brown era vecchio e malato, ricoverato in una clinica di lusso, e con lui non c’era la quarta moglie, ricoverata anche lei – si stava disintossicando – ma dall’altra parte dell’America. Con Brown c’era soltanto il suo manager. Che, a un certo punto, verso mezzanotte, esce dalla camera. Perché? «Per andare in farmacia a prendere del Maalox» (le infermiere avrebbero potuto portagliene a litri in camera, ovviamente). E il «padrino del soul», che secondo il suo medico si era ripreso rapidamente dai problemi cardiaci che avevano portato al ricovero e poteva tornare a casa in tempi brevi, muore poco dopo.
Ora la Cnn svela che il medico curante non credeva a una morte accidentale, e ha trovato altre 16 persone vicine a Brown convinte che non si è trattato di una semplice crisi cardiaca ma di un avvelenamento. Emerge la confessione, poi ritrattata, fatta dalla parrucchiera di Brown (con la quale aveva una relazione) che ha detto di averlo avvelenato, nel suo letto d’ospedale.
La Cnn scopre che il testamento nel quale Brown diseredava i figli e lasciava tutto ai bambini poveri della Georgia non è valido, e che i suoi soldi sono controllati da un trust al quale partecipano le figlie e il suo avvocato. Avvocato che curò per decenni gli affari di Brown insieme al contabile (ora defunto) condannato per avergli sottratto milioni – da un tour che aveva reso 5 milioni, Brown incassò 150 mila dollari (Brown quando è morto stava per licenziare avvocato e contabile, spiega la Cnn).
Il genero che minacciava di scoperchiare gli affari loschi della famiglia? Accoltellato dalla moglie poco prima del funerale di James Brown, e qualche anno più tardi assassinato da un sicario sotto casa, a pistolettate.
Cnn rischia anche di far riaprire un altro caso, quello della terza moglie di Brown, Adrienne, morta nel 1996 per un’«overdose accidentale». Ma un detective della polizia ora in pensione è andato a ripescare taccuini di una sua informatrice, nei quali si spiega come un suo cliente, un medico poi radiato, le avesse raccontato di aver ucciso Adrienne Brown simulando l’overdose accidentale (l’ex medico, ancora vivo, oggi nega tutto e dice di soffrire di Alzheimer).
Riaprire il caso James Brown significa per prima cosa fare quello che andava fatto subito, la notte di Natale del 2006: l’autopsia. Ma nessuno sa dove sia il corpo del cantante, la cripta realizzata nel giardino di casa di una figlia sarebbe vuota. Spunta una fiala di sangue: un’infermiera che non credeva alla morte accidentale aveva consegnato di nascosto un campione del suo sangue a un amico di Brown. Che conferma di avere ancora la fiala.
Riaprire il caso sarebbe sensato, e una consolazione per la donna che ha fatto partire l’inchiesta della Cnn due anni fa: Jacque Hollander, che ha 61 anni e fa l’artista circense ma per decenni fu amica di Brown, con il quale si esibì e per il quale scrisse canzoni e dal quale, disse, fu stuprata (il suo racconto è terrificante). È stata lei a chiamare Thomas Lake della Cnn due anni fa, con quella che lei per prima ha definito una storia incredibile. Due anni di verifiche, interviste con 140 persone in nove stati, decine di migliaia di pagine di rapporti della polizia e documenti letti, hanno dimostrato che tanto incredibile, la sua storia, non è.