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 2019  febbraio 06 Mercoledì calendario

La vedova e la voce del marito in Metro

Dicono che la prima cosa che si dimentica delle persone che non abbiamo più accanto sia il suono della loro voce. Mossa dal timore che sia vero, la 70enne Margaret McCollum si reca ogni giorno in metropolitana e siede paziente sulla panchina, in attesa che l’altoparlante diffonda la voce del suo amato Oswald, scomparso 12 anni fa. «Mind the gap», attenti al gradino, è questo l’annuncio che suo marito, attore inglese, ha registrato sul finire degli anni Cinquanta per la rete metropolitana londinese. La declamazione di quelle parole metalliche non dura che appena due secondi, ma se chiude gli occhi ha il tempo di viaggiare col ricordo alla stessa velocità del cuore che le batte all’impazzata, mentre la mente la riporta tra le afose lande del Marocco, lì dove, nel ’92, ha conosciuto lo strumentista di quelle profonde vibrazioni vocali. È stata proprio la sua voce a farla innamorare di lui. Quel suono, ogni giorno, parla a migliaia di persone, ma quando giunge alle orecchie di Margaret, ella si trasforma in una novella Giulietta che, come la protagonista del più celebre dramma shakespeariano, riconosce il suo Romeo al buio. La storia di questa donna innamorata ha commosso l’Inghilterra, a tal punto che neppure i vertici supremi delle ferrovie locali sono riusciti a restarne insensibili: l’azienda Transport for London, adeguandosi ai nuovi standard, aveva sostituito l’annuncio registrato da Oswald Laurence con una sterile voce digitale. Immediata la mobilitazione di Margaret, la quale, nel 2013, ha scritto un’accorata lettera all’ente, facendo appello ai buoni sentimenti dei suoi funzionari, affinché, alla luce della sua storia, le donassero la registrazione del compianto marito per riascoltarla almeno a casa. Ma il capo della Tfl ha fatto molto di più: oltre a far pervenire alla donna il cd con la traccia vocale per Natale, ha ripristinato l’annuncio nella stazione più vicina a casa sua. Margaret McCollum ci riporta alla mente le parole dello scrittore israeliano David Grossman: «Anche il solo immaginare il tuo modo di parlare mi calma e mi rende felice. Mi scorre nel corpo come una medicina». Adesso che Oswald non c’è più, quel «mind the gap» è tutto cio che le rimane. «Gap», letteralmente, significa «vuoto»: e quell’avviso che sembra alludere al vuoto che Margaret si porta nel cuore. Il flusso ininterrotto di parole che la travolgeva ogni giorno quando il suo amore era in vita, si è riassunto ad una comunicazione di servizio che deve trovare il modo di farsi bastare, per non estinguere il timbro di quella musica che, un tempo, le risuonava all’orecchio le parole più dolci. Di quel patrimonio verbale che sembrava infinito, oggi non le resta che un gettone da stringere come fosse la ricchezza più grande del mondo. Eccola, per l’ennesima volta, adagiarsi alla panchina, mentre prega che quell’annuncio echeggi nell’aria al momento di maggiore quiete, così da percepirne anche la più flebile vibrazione. Il respiro le si ferma per un attimo. C’è chi spacchetta delle patatine, chi sghignazza con fragore alle sue spalle, chi le corre davanti per non perdere il treno. Ma l’unica realtà con la quale Margaret sia connessa, ancora una volta, è l’amore. Quello vero.