Libero, 6 febbraio 2019
Intervista a Sammy Basso, il ragazzo col corpo di un vecchio
La vita lo ha messo a dura prova, imprigionandolo fin da piccolo in un corpo che invecchiava troppo precocemente. Oggi è un ragazzo 23enne in un organismo di un ottantenne. Eppure adesso è quasi euforico, conscio di aver superato la sua ennesima sfida. Ironizza sui suoi guai, seduto sul letto dell’ospedale San Camillo di Roma, mentre aspetta di essere dimesso dopo una settimana di degenza. Sammy Basso, uno dei cinque italiani affetti da progeria (sono cento nel mondo), rarissima malattia genetica, ci racconta di aver appena affrontato con successo l’ostacolo più grande, quell’intervento al cuore “vecchio”, unico nel suo genere, eseguito dall’equipe medica guidata da Francesco Musumeci, che lo annovera tra i più longevi pazienti sottoposti al trattamento di una stenosi calcifica della valvola aortica per via trans-catetare. Sammy, che risiede a Tezze sul Brenta (Vicenza) con la famiglia, guarda già al suo non semplice futuro con la sua solita forza e ottimismo: «Ora voglio specializzarmi in biologia molecolare per diventare un ricercatore per aiutare le persone affette dalla mia malattia».Sammy, la tua è un’altra sfida alla vita vinta…
«Non potevo fare diversamente, non avevo alternative e non è stata una scelta facile. Ma sono contento perché è andato tutto per il meglio. Oggi questo intervento rappresenta una svolta epocale nella storia della mia sindrome. Ora altre persone affette da progeria sanno che quando arrivano le complicanze di questa malattia, possiamo provare a risolverle. E per me questa è stata la prova più grande, l’operazione più difficile da superare».
Come stai adesso?
«Mi sto riprendendo, sono un po’ acciaccato ma tutto sommato sto bene. Non vedo l’ora di arrivare a casa e mangiare un sacco di cose che mi piacciono. Scherzi a parte, devo dire che l’equipe medica del San Camillo è stata eccezionale. Io sono in cura a Boston e avrei dovuto operarmi là. Ma siccome sono informato sulle grandi competenze di questi medici italiani, ho deciso insieme a loro e ai colleghi americani di affrontarla a Roma. Ed è andata bene. Si parla tanto di cervelli in fuga eppure abbiamo molte menti brillanti nel nostro Paese. A questo proposito voglio lanciare un messaggio alle sfere alte: puntate su queste eccellenze, non fate tagli e mettetele in condizioni di lavorare al meglio».
Prima di andare in sala operatoria cosa hai pensato?
«Mi sono fatto il segno della croce, perché io ho molta fede ed è quella che mi aiuta ad andare avanti».
Hai avuto paura di morire?
«No, paura no. Diciamo che ho avuto una sana preoccupazione. Ormai il più difficile l’ho fatto. Anche se è stato un lungo percorso di cure e consulti durato tre anni. Certo, in generale questa patologia riserva un sacco di complicazioni, ne sono consapevole, ma per adesso non ci penso. Anche se sono pronto ad affrontarle. Ora più che mai».
Tu hai una grande forza dentro. Dove la trovi?
«Ho anche io le mie debolezze ma ho imparato ad andare sempre avanti, a cercare di superare ostacoli nonostante i venti avversi. Sicuramente i miei genitori, i familiari e gli amici mi danno una bella carica».
Ora che sfida ti aspetta?
«Voglio prendere la specializzazione in biologia molecolare per diventare un ricercatore. Il mio sogno è quello di trovare personalmente una cura per le persone affette da progeria. Nel luglio scorso mi sono laureato con 110 e lode, ora torno a casa e mi metto di nuovo a studiare per cercare di raggiungere la mèta in un paio di anni. Comunque la ricerca mi ha sempre affascinato. Da piccolo mi ricordo che ero attratto da ogni tipo di laboratorio».
Come passi le tue giornate?
«Studio molto, leggo, ascolto musica e scelgo il genere a seconda di quello che in quel momento ho bisogno di sentire, scrivo tanto, dipingo quando ho tempo ed esco spesso con gli amici. Mi piace anche andare a teatro. Inoltre gran parte del mio tempo lo dedico alla mia associazione “Progeria Sammy Basso”, dove ricevo aiuti e vicinanza da parte di tanta gente. Non solo di associati… In effetti sono molto impegnato».
Cosa ti senti di dire Sammy a quei genitori che hanno un figlio destinato ad invecchiare troppo in fretta a causa di questa malattia?
«Consiglio di dirgli fin da subito la verità, di non nascondere nulla. Bisogna spiegare che non sarà tutto facile, anzi, ma non bisogna scoraggiarsi. Sì perché nonostante questa malattia, ci sono un sacco di cose che il loro figlio potrà fare anche per cambiare il mondo. I problemi si risolvono, le sfide si possono vincere, basta averne gli strumenti. Ci vuole tanta forza, è vero, ma soprattutto conoscenza come quella che ha guidato l’equipe medica che mi ha operato salvandomi la vita».