la Repubblica, 6 febbraio 2019
I cambia di residenza per avere il sussidio
«Si parla di norme anti-divano, ma agli avvoltoi di cittadinanza che si arricchiranno sulle spalle di chi sgomita per 780 euro non ci pensa nessuno?». Al centro per l’impiego di Reggio Calabria è l’ennesima giornata di fuoco. Gente in fila nonostante gli appuntamenti programmati, operatori che non hanno neanche il tempo di rifiatare fra un utente e l’altro. «Ma allora dottoressa, se io e mio marito ci separiamo prendiamo di più?», chiede una donna. Accanto a lei c’è chi ha un’altra domanda: «Se vado a stare in una casa in comodato d’uso vale lo stesso o devo pagare l’affitto per uscire dallo stato di famiglia?».
Il 6 marzo è lontano, il decreto ha tagliato fuori i centri per l’impiego dalla fase di presentazione della domanda per il reddito di cittadinanza, ma più d’uno chiede informazioni su requisiti e procedure. «Almeno uno su tre», dicono gli operatori, «ed è solo l’inizio». Fisiologico in un’area metropolitana di 551 mila abitanti con un tasso di occupati del 37% e 37mila famiglie in condizione di povertà relativa.
Molti invece si sono già informati e si stanno preparando per avere “le carte a posto”. «Da circa due settimane – dice un veterano del Cpi almeno 4-5 persone al giorno di presentano con in mano un cambio di residenza». E le file negli uffici del Comune lo confermano. «Poi sembra esserci un’epidemia di crisi di coppia. Solo oggi – spiega un’altra impiegata – ho preso in carico tre atti di separazione». Succede a Reggio Calabria, ma non si tratta di un caso isolato.
Del resto, sul web si moltiplicano siti, pagine facebook, forum con consigli, suggerimenti, tabelle, e-book scaricabili e persino simulatori per aiutare gli aspiranti possessori della card gialla.Nello stanzone in cui si attende il proprio turno ci si scambiano link e consigli. «Mio marito – dice Maria, una storia ventennale di lavori saltuari e tutti in nero – è disoccupato e nullatenente. Di tanto in tanto qualcosa fa, ma non risulta. Se ci separiamo, il reddito lo prendiamo entrambi e per intero. Però dobbiamo trovare un posto in affitto a poco per spostare la residenza».
Stesso problema di un ragazzo di 32 anni, un passato da precario di call center, ma da tempo disoccupato: «Vivo con i miei, che stanno bene. Inizialmente non avevo neanche pensato al reddito, poi ho realizzato che se voglio un lavoro, sono obbligato. Con tutti gli sgravi previsti per le imprese, senza quella card non mi prendono neanche in considerazione».
Proprietari di immobili e agenzie si sfregano le mani. L’aumento della domanda ha dato cittadinanza ad immobili che fino a qualche mese fa nessuno avrebbe preso in considerazione. Microappartamenti in zone periferiche, garage o depositi riconvertiti, case fatiscenti. «Molti non saranno neanche abitati, se non per il tempo necessario per le verifiche –spiega un professionista del settore – ma è un movimento che fa lievitare anche i prezzi degli immobili di fascia media e medio-alta».
Anche i titolari di molti Caf sorridono. E non solo perché è a loro che si rivolgeranno gli aspiranti per avere l’Isee, documento fondamentale per verificare se si possiedono i requisiti base per il reddito. Ai Caf, oltre che alla Posta e all’Inps, si potrà anche presentare la domanda. Si tratta di servizi gratuiti per l’utente (almeno in teoria), ma non per lo Stato.
«Il vero business però – spiegano al centro per l’impiego – sarà per gli enti di formazione accreditati, quanto meno per i primi 12 mesi. È lì che finiranno tutti o quasi». E basta guardare le bacheche degli annunci di lavoro – quasi tutti all’estero o fuori regione – per crederci. Le aziende non sono obbligate a comunicare le posizioni disponibili, non esiste una borsa nazionale del lavoro e i sistemi informatici dei vari Cpi non dialogano neanche tutti fra loro. Il prototipo della card per il reddito di cittadinanza