https://www.lettera43.it/it/articoli/cultura-e-spettacolo/2019/02/05/renga-aspetto-che-torni-testo/228827/, 5 febbraio 2019
PERCHÉ ISRAELE CONTINUA A DARE FIDUCIA A NETANYAHU DOPO 25 ANNI? PERCHÉ PENSA CHE LA PACE SIA IMPOSSIBILE - E SI AFFIDA ALL’UOMO CHE HA PROMESSO CHE NON CI SARÀ MAI UNO STATO PALESTINESE E CHE PRESTO ANNETTERÀ ALMENO UN TERZO DELLA CISGIORDANIA - “BIBI” FLIRTA CON TRUMP, PARLA IN RUSSO CON PUTIN, DIALOGA CON ERDOGAN E LA DINASTIA SAUDITA MA E’ INSEGUITO DAI MAGISTRATI - E ORA POTREBBE ANCHE DI REGALARSI UN'AMNISTIA… -
Nec tecum nec sine te vivere possum, Israele non riesce a vivere né con né senza Benjamin Netanyahu. Quando divenne premier nel 1996 in America c'era Clinton, in Germania Kohl, in Francia Chirac, in Russia Eltsin, in Egitto Mubarak. I suoi colleghi sono quasi tutti morti. Lui nel '99 perse le elezioni contro Ehud Barak, l'ultimo premier laburista, capo di un partito che aveva fondato lo Stato ebraico e ora in pratica non esiste più. Con Barak è morto il sogno della pace: Israele la considera impossibile; e l'unico leader cui la maggioranza relativa dell'unica democrazia del Medio Oriente è disposta ad affidare la propria protezione resta il fratello di Yoni Netanyahu, l'eroe di Entebbe.
Meno di un anno fa Bibi, come lo chiamano tutti, chiese al popolo un ultimo mandato. La sua coalizione ottenne più seggi di quella del rivale, l'ex capo di Stato maggiore Benny Gantz, però Netanyahu non riuscì a formare un governo per l'opposizione di Avidgor Lieberman, conservatore ma a lui avverso.
Le elezioni anticipate del 17 settembre scorso hanno confermato lo stallo: Lieberman ha bloccato anche l'investitura di Gantz, rifiutando di votare insieme con i partiti arabi. L'altro ieri Netanyahu ha colto quella che definisce «la vittoria più importante della mia vita», anche se gli manca ancora un fatidico seggio. Non dovrebbe essere impossibile trovarlo.
Più difficile sarà affrontare i magistrati che lo aspettano tra due settimane per giudicarlo su accuse gravissime. Ma una volta riconfermato al potere Netanyahu sarebbe capace di tutto, anche di regalarsi un'amnistia. L'alternativa è un patto per una grande coalizione o per una staffetta, sul modello di quella che vide alternarsi Yitzhak Shamir del Likud e il laburista Shimon Peres. Ieri l'editorialista principe del quotidiano Haaretz , Anshel Pfeffer, ha confrontato i volti dei due Benjamin nella notte elettorale: «Sono esausti. Ma Bibi è più abituato. Quindi sembra un po' meno esausto».
Gantz fa a Israele la promessa più rivoluzionaria: la normalità. Ma se ancora una volta Israele ha dato fiducia a Netanyahu - sia pure non del tutto -, è perché non pensa e non sente di vivere tempi ordinari. Il premier in questi anni ha stretto la mano praticamente a tutti i suoi compatrioti. Ha seppellito politicamente l'ostile Obama e ora flirta con Trump, che dopo aver portato l'ambasciata a Gerusalemme ha predisposto un piano di pace - soldi ai palestinesi in cambio di territori - apparso più che altro uno spot elettorale per il Likud. E' amico di Putin con cui parla in russo. Dialoga con Al Sisi.
Si confronta con Erdogan e con la dinastia saudita. E' rispettato dai cinesi, temuto dagli ayatollah, detestato da gran parte della stampa del suo Paese. Non è un uomo di pace, ogni volta che oscilla nei sondaggi rilancia assicurando che con lui non ci sarà mai uno Stato palestinese e che presto annetterà almeno un terzo della Cisgiordania; ma non ha mai scatenato una guerra (l' ultima, l' invasione del Libano in cui morì il figlio di David Grossman, fu decisa da Ariel Sharon).
Netanyahu, cresciuto negli Stati Uniti, è percepito come un leader adatto al mondo globale, e nello stesso tempo come il più affidabile difensore della terra, dell'identità, degli interessi del popolo di Israele. E questo induce ancora molti a perdonargli l'uso spregiudicato del potere, della propaganda, financo del nemico alle porte. Più che da quello palestinese, Israele è accerchiata dal nemico iraniano, che prepara l'atomica e nel frattempo arma, addestra, finanzia Jihad e Hamas a sud, Hezbollah a nord, il regime di Assad a est. Ma - nonostante questo, o proprio per questo - metà Israele non si è mai sentita così al sicuro come con Netanyahu.