il Giornale, 5 febbraio 2019
Rosari e crocifissi made in China
Bisognerebbe che i crocifissi potessero parlare, come quello appeso nella chiesa di Brescello con cui colloquiava don Camillo. Quello dei film tratti dai libri di Giovannino Guareschi era stato disegnato da uno scenografo di Verona e scolpito da un artigiano della stessa Brescello utilizzando legno di cirmolo, mentre la croce era stata realizzata con tavole di balsa: essenze leggere, che consentivano di spostare agevolmente il manufatto durante le riprese. Tutto ideato e realizzato in Italia. Oggi un crocifisso parlante racconterebbe una storia diversa, e lo farebbe in una lingua ostica, quasi sicuramente cinese. Perché una parte sempre più cospicua degli articoli religiosi proviene da lì.
Lo strapotere produttivo e commerciale della Cina ha invaso anche questo mercato, che pure è estraneo alla cultura e al sentimento religioso di quello che fu il Celeste impero. Laggiù i cristiani sono pochissimi, chiese e santuari sono rarità ed è pressoché inesistente la compravendita di rosari, madonnine, statuette, presepi che accompagna i grandi centri di richiamo devozionale. Eppure, cresce il flusso di prodotti religiosi che arrivano dall’Estremo Oriente. «Dati ufficiali non ce ne sono, i numeri sono impossibili da stimare», ammette Valentina Zattini, organizzatrice di Devotio, fiera del settore che si svolge a Bologna. Ma ormai gli stessi commercianti italiani non nascondono che la Cina monopolizza il mercato degli oggetti in plastica o resina: grani e coroncine del rosario, piccoli crocifissi, statuine del presepio. E assieme alla Cina avanzano altri Paesi asiatici che conquistano spazi in settori paralleli: l’India induista lavora i metalli per calici, coppe, patene mentre il Pakistan, Paese musulmano, confeziona i tessuti per paramenti e arredi sacri. Le Tigri asiatiche hanno dunque artigliato anche il mercato dei gadget religiosi, che non è più un’esclusiva dei Paesi cattolici. È un settore produttivo sviluppato negli ultimi 15 anni che scava terreno sotto i piedi dei produttori tradizionali.
CANI AL POSTO DI ASINI
La qualità è quella che ci si può aspettare, cioè bassa, di pari passo con la loro conoscenza della religione cristiana: a un importatore italiano sono arrivati degli strani presepi con un cane al posto dell’asinello. Con i quadrupedi, i cinesi non hanno fatto troppe distinzioni. Gli importatori hanno molte ragioni per lamentarsi, ma un po’ è anche colpa loro. La Cina non fabbrica nulla in autonomia: gli imprenditori asiatici non hanno iniziativa, ma scattano sull’attenti e si mettono all’opera quando arrivano le richieste di importatori, grossisti e distributori. Anche in questo settore così particolare, è stato l’Occidente a sondare l’Oriente estremo. Gli ordinativi partono dai Paesi cattolici perché sugli oggetti più economici, quelli che non richiedono una particolare specializzazione, i prezzi cinesi sono imbattibili. I rosari, per esempio: i grani arrivano dalla Cina, poi la realizzazione avviene in Italia secondo lo stile di casa nostra. Negli anni, la produzione è migliorata soprattutto perché i committenti hanno fatto maggiori controlli sulla qualità di ciò che esce dalle fabbriche cinesi. Ma gli standard restano sempre al di sotto di quelli occidentali.
La lingua parlata dai fabbricanti di Pechino è una sola, la convenienza. Con i rosari, anche le statuine in plastica o in resina arrivano in massa dalla Cina: effigi di Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta, dei papi (in particolare Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Francesco), madonnine e presepi venduti sulle bancarelle e nei negozi vicini ai grandi centri di attrazione religiosa, a partire dal Vaticano e da santuari come Lourdes, Fatima e Medjugorje. L’importante è che le immagini siano molto note e se ne possano vendere numerosi pezzi. Ai fabbricanti orientali non si può chiedere un campionario troppo vasto ma pochi gadget prodotti in quantità enormi. Se si deve offrire ai pellegrini una scelta più ampia, non conviene più affidarsi all’Asia.
Accanto alla Cina, altri due Paesi asiatici si sono affermati nella produzione religiosa cattolica. In India si lavorano i metalli per calici, coppe, pissidi, patene, ostensori; poi le finiture avvengono in Europa perché l’Oriente è privo della cultura religiosa e della cura dei particolari che in questi oggetti è indispensabile. Il confinante Pakistan si è invece specializzato nei tessuti che poi vengono proposti alle aziende che ne ricavano paramenti e arredi sacri. Anche in questo caso, non conviene fare svolgere laggiù l’intera lavorazione per non correre rischi nelle finiture. Un confezionamento banale, con errori nelle simbologie ricamate su stole e addobbi per altari, li renderebbe invendibili. Fino a qualche anno fa, l’Agenzia delle entrate non aveva nemmeno previsto un codice che individuasse l’attività delle aziende attive in questo settore. Il mercato dei prodotti religiosi non era granché considerato.
Secondo i dati del Registro imprese, in Italia sono 713 i negozi specializzati nella vendita di articoli religiosi. La città che ne ospita di più (99) è Roma, grazie alla presenza del Vaticano, seguita da Napoli (47), la patria di San Gennaro e dei presepi artistici, e Foggia (42), nella cui provincia si trovano i luoghi di Padre Pio. In quasi tutte le prime dieci città si trovano chiese, santuari e luoghi di culto che garantiscono un bel giro d’affari ai venditori di souvenir religiosi: Salerno è sesta con Amalfi, Ancona settima con Loreto, Perugia ottava con Assisi, Bergamo decima (prima città del Nord) con Caravaggio.
ATTENTI ALLA ROMANIA
Il settore trainante è quello delle preparazioni odorose per cerimonie religiose (in sostanza l’incenso) che fattura 59 milioni di euro. Ceri e candele seguono con 22 milioni mentre le ostie esportate valgono 2 milioni di euro. I principali Paesi di destinazione sono Germania, Francia, Spagna, Regno Unito. Negli ultimi anni tra gli importatori spuntano anche Paesi asiatici dove la religione cattolica sta conoscendo una certa espansione, come la Corea e le Filippine. L’Italia mantiene la leadership negli articoli di maggior pregio che richiedono lavorazioni artigianali, come gli oggetti in argento (rosari, decine, crocifissi, medaglie), in bronzo, in marmo e soprattutto in legno.
In questo caso la maestria degli artigiani della Val Gardena resta inarrivabile. Presepi piccoli e grandi, statue, crocifissi, angioletti realizzati a Ortisei restano i migliori al mondo e i più famosi, compresi quelli ottenuti in serie in alcune falegnamerie che si sono attrezzate per una produzione industriale con grossi numeri, mentre si afferma anche l’attività di restauro. Anche in questo ambito si sta profilando una concorrenza, che però viene da un oriente non così estremo, ovvero la Romania, dove si trova una certa manualità con legnami che si prestano bene a questo tipo di lavorazioni. Viceversa, la Cina non ha neppure azzardato a buttarsi in ambiti come gli arredamenti per le chiese e soprattutto le candele. Nel primo caso, i costi per trasportare e installare banchi e inginocchiatoi da Oriente sarebbero proibitivi. La produzione di candele è invece diffusa in molti Paesi che riforniscono i rispettivi mercati interni. In Italia operano numerose cererie storiche, attive da generazioni, che lavorano molto bene e a prezzi concorrenziali. Quasi sempre alla fabbricazione di lumi votivi e ceri da altare o da processione si affianca infatti quella della citronella o delle candele per la casa e il bagno. Sacro e profano uniti nel nome del business.