Corriere della Sera, 5 febbraio 2019
Lo zenzero nel paniere Istat
Chissà se lo zenzero riuscirà a tenere la posizione. Ha appena fatto il suo ingresso nel paniere dell’Istat con il suo carico di promesse benefiche, pronto a disegnare un popolo di salutisti. Anche lo yogurt probiotico nel 2014 era entrato a far parte del paniere che da oltre settant’anni l’Istat usa per misurare i consumi degli italiani. Come categoria autonoma, ha resistito due anni.
Forse non siamo quel popolo che vogliamo apparire. Certo dal 2017 nel paniere del nostro istituto di statistica troneggiano i preparati vegetariani e anche i centrifugati di frutta. E dal 2015 hanno preso posizione i principali alimenti senza glutine, la pasta e i biscotti. Quanta differenza rispetto a quando la trippa dominava – lo ha fatto a lungo – le nostre tavole, dagli anni Cinquanta fino quasi alle soglie del nuovo millennio. Un trionfo. Fino al 1971 l’Istat la definiva «la trippa di bue cruda», poi forse si è pensato che fosse un nome troppo lungo per indicare un alimento che in Italia è stato consumato ovunque come semplice trippa.
Altri tempi. Da un po’, a seguire l’evoluzione tratteggiata dall’Istat, proviamo ad apparire come cultori della salute e del benessere. Nel 2016, infatti, l’Istituto nazionale di statistica ha dovuto registrare le bevande vegetali tra i consumi preferiti dagli italiani. Anche se poi nel 2018 si sono imposti nel paniere i vini liquorosi. E tre anni prima era stata la volta delle bevande (anche gassate) dai distributori automatici.
Per fare esplodere le contraddizioni salutiste basta dare un’occhiata al paniere del 1991. Ecco in pole position i biscotti dietetici. Ma sono seguiti a ruota da altre due new entry , la pasticceria industriale e il cioccolato in crema. La passione dolce arrivava da lontano. È stato più di quarant’anni fa che l’Istat ha inserito nel paniere le merendine, nel 1977 spopolavano quei dolcetti confezionati con la plastica. Un prodromo della corsa alle abitudini veloci che avrebbe travolto il nostro Paese. È il 2007 quando l’Istat non può più fare a meno di segnalare tra i consumi più comuni per gli italiani i sughi pronti in barattolo. Altri tempi rispetto al 1954, quando entrava nel paniere il pomodoro in conserva. Nel 2009 era stato registrato un consumo sopra la media di pasta base per pizze, rustici e dolci. Per chi ha poco tempo e vuole scartare la plastica, condire rapidamente e mettere in forno. L’anno prima del resto – nel 2008 – nel paniere era entrata l’insalata in confezione e oggi i «vegetali in confezione» sono una presenza costante nelle abitudini di spesa degli italiani.
Il paniere continua a inseguire le abitudini di chi fa la spesa, che si diversificano. Nel 2014, il parmigiano è stato affiancato dal formaggio grattugiato in confezione, sempre di plastica. Nello stesso anno l’Istituto di statistica ha certificato un’altra rivoluzione italiana: il caffè preparato con le cialde, o anche con le capsule, accanto al più tradizionale caffè tostato.
Chissà se adesso il destino dello zenzero sarà davvero uguale a quello dello yogurt probiotico. La radice benefica e giallognola quest’anno ha fatto il suo ingresso nel paniere dell’Istat insieme ai frutti di bosco. E sulle more, i lamponi, il ribes non è facile fare considerazioni sociologiche. Non fanno dimagrire. Non fanno ingrassare. Non si trovano ovunque. Non costano poco. Non costano troppo. Forse dobbiamo arrenderci, sono semplicemente buoni.