5 febbraio 2019
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Biografia di John «Sonny» Franzese
John «Sonny» Franzese, nato a Napoli il 6 febbraio 1917 (102 anni). Mafioso. Storico membro della famiglia Colombo di New York. «Un mafioso vecchia scuola, un sopravvissuto dell’èra delle cinque famiglie di Cosa nostra, quegli stessi clan ritratti nel Padrino» (Craig Unger) • Secondo il figlio Michael, al contrario di quanto attestato dalle autorità federali statunitensi, Franzese sarebbe nato in realtà il 6 febbraio 1919 • «Nato a Napoli nel 1917, Sonny Franzese era immigrato ancora bambino negli Stati Uniti con la sua famiglia, e da ragazzo aveva aiutato il padre, che girava Brooklyn con un furgone vendendo il pane. Come racconta Michael Franzese nel suo Blood Covenant, Sonny cominciò la sua ascesa ai tempi in cui essere mafiosi significava cenare allo Stork Club, un ristorante alla moda gestito da Sherman Billingsley sulla Cinquantottesima Strada Ovest di Manhattan, dove Sonny corteggiò e sposò l’addetta al guardaroba. Qui Sonny passava le serate con gente del calibro di Grace Kelly, Marilyn Monroe, Ernest Hemingway, Damon Runyon e Walter Winchell. In breve tempo, i Franzese diventarono parte integrante della ramificata famiglia criminale dei Colombo, la più giovane e forse la più violenta delle cinque famiglie del crimine organizzato, che erano impegnate in un’epica guerra intestina. Per quanto riguardava le attività lucrative, per conto della famiglia Colombo, Sonny si occupava di scommesse, recupero crediti, prostituzione, estorsioni ed evasione fiscale. Un tipo duro, con un collo taurino, noto per il suo naso da pugile – dicevano che somigliasse a Rocky Graziano –, con il tempo era diventato un boss elegante e curato, che sfoggiava tutti gli accessori sartoriali richiesti dalla sua professione: borsalino impeccabile, anello con diamante al mignolo, scarpe nere a punta, vestiti su misura e un soprabito di taglio sopraffino. Nel frattempo, comandava mezza dozzina di luogotenenti, che a loro volta avevano ai loro ordini fino a trenta scagnozzi, e si era guadagnato la reputazione di uomo spietato. “Nuotava nel mare più grande, era lo squalo più grosso, più feroce e più spaventoso di quel mare”, dice Phil Steinberg, amico di Sonny e pezzo grosso dell’industria discografica. “Era un esecutore, e faceva il suo lavoro meglio di tutti”. Come dice suo figlio Michael, Sonny “poteva paralizzare il killer più feroce con un solo sguardo”. A volte andava decisamente più in là: nel 1974, un uomo dei Colombo che aveva dedicato qualche attenzione di troppo alla moglie di Sonny venne trovato sepolto in una cantina, con una garrota intorno alla gola. Secondo Vanity Fair, i genitali dell’uomo gli erano stati infilati in bocca: quello che le autorità definirono “un apparente segno dell’irritazione di Sonny”. In quanto boss di medio livello, Sonny era uno dei candidati a gestire l’intera organizzazione dei Colombo e, con Michael che cresceva sotto la sua ala, i Franzese erano alla ricerca di opportunità nel nuovo settore dell’industria dell’intrattenimento, che all’epoca si stava aprendo alla mafia: finanziarono Gola profonda, il famigerato film porno di Linda Lovelace, e sostennero la Kama Sutra/ Buddah Records di Phil Steinberg – che consentì loro di riciclare denaro sporco e tangenti –, senza dimenticare, tra gli altri, i grandi successi dei Lovin’ Spoonful, delle Shangri-Las e di Gladys Knight & the Pips» (Unger). Nonostante sul suo capo siano sempre gravati numerosi capi d’imputazione, dallo stupro all’omicidio all’usura, nel corso della sua vita Franzese ha subìto due sole condanne: una nel 1967 e una nel 2011. Nel 1967 fu riconosciuto colpevole di aver organizzato una serie di rapine in banca, e fu per questo condannato a 50 anni di reclusione. Rilasciato sulla parola nel 1978, nei decenni successivi tornò più volte in carcere per aver violato i termini della libertà condizionale continuando a svolgere le sue attività mafiose, e altrettante volte, dopo periodi più o meno lunghi di detenzione, fu rilasciato. Asceso nel frattempo nella gerarchia mafiosa all’interno della famiglia Colombo, alla metà degli anni Settanta, in seguito alla condanna, affidò la gestione dei suoi affari al figlio Michael. «In poco tempo, Michael era diventato un “caporegime” dei Colombo proprio come suo padre, il più giovane nella classifica dei “50 più potenti boss della mafia” stilata dalla rivista Fortune e uno dei mafiosi con il giro di affari più grosso dai tempi di Al Capone. All’inizio degli anni Ottanta, però, il crimine organizzato a New York stava subendo un cambiamento paradigmatico per una ragione ancora ignota ai più: stavano arrivando i russi. E in effetti i russi avevano iniziato a collaborare con i mafiosi italiani proprio in quel periodo, quando le due organizzazioni criminali avevano unito le forze per portare avanti una delle truffe più redditizie della storia americana. A quel tempo Michael Franzese, che aveva da poco superato i trent’anni, stava già fornendo protezione a un gangster di nome Lawrence Iorizzo, che possedeva o riforniva trecento distributori di carburante a Long Island e nel New Jersey e che stava facendo una fortuna sottraendo soldi al fisco. Un imbroglio del genere era possibile grazie alla lentezza con la quale gli indolenti ufficiali governativi riscuotevano le imposte sul carburante: complessivamente, le autorità federali, statali e locali esigevano in media ventisette centesimi su ogni gallone venduto, ma impiegavano il loro tempo a riscuotere, a volte addirittura un anno. Avendo registrato a Panama un sacco di società fittizie, che risultavano proprietarie dei distributori, tutto quello che Iorizzo doveva fare era chiudere ciascuna delle stazioni di servizio prima che arrivassero gli esattori delle tasse, per riaprirle con una nuova gestione facente capo a un’altra società fittizia. Quando gli agenti del fisco arrivavano per riscuotere il dovuto, molti dei soldi erano già nelle tasche di Iorizzo. Quando, in seguito, l’Fbi iniziò a indagare sulla truffa, che ormai si era estesa a sei Stati, battezzò l’operazione Red Daisy. Il piano di Iorizzo procedeva come previsto, a eccezione di un dettaglio: un gruppo di uomini, che Michael Franzese aveva descritto come “pesci piccoli affiliati a un’altra famiglia”, cercava di intromettersi nell’operazione. […] Iorizzo […] chiese aiuto a Franzese contro quei pesci piccoli che cercavano di spremerlo e di invadere il suo territorio. Senza perdere tempo, Franzese trovò un accordo conveniente per entrambi, dando inizio a una collaborazione molto redditizia: in breve tempo, cominciò a guadagnare così tanto che venne promosso caporegime all’interno di Cosa nostra. Poi, nel 1984, tre presunti gangster russi, David Bogatin, Michael Markowitz e Lev Persits, si presentarono da lui con una proposta molto simile a quella di Iorizzo: come lui stavano sottraendo soldi al fisco, e come lui avevano bisogno di protezione. Franzese intravide subito un’altra grande opportunità. […] I russi erano tra i pionieri di queste truffe incredibilmente redditizie e avevano alle loro dipendenze circa duecento affiliati. […] Così, […] Michael Franzese si sedette a un tavolo con Bogatin, Persits e Markowitz, in una stazione di servizio di Brooklyn. “I russi avevano problemi a riscuotere i crediti”, ricorda Franzese, “e incontravano difficoltà nell’ottenere e conservare le licenze necessarie per continuare la truffa sul carburante”. Franzese li poteva aiutare su entrambi i fronti: uno dei suoi uomini era un tizio di nome Vinnie, e “il lavoro di Vinnie era dire: ‘Tira fuori i soldi o ti spezzo le gambe’”. Vinnie era persuasivo, così persuasivo che i Colombo avevano la fama di una famiglia che sapeva come far pagar i debitori. E non era tutto: Franzese aveva anche degli uomini all’interno del governo statale, che potevano procurare ai russi le licenze di vendita all’ingrosso di cui avevano bisogno per truffare lo Stato. I russi avevano un disperato bisogno di Franzese, e lui sapeva come manovrarli: “Ci accordammo di dividere i proventi illegali, il 75% a me e il 25% a loro”, racconta. “L’accordo fu verbalizzato alla presenza di tutte e cinque le famiglie, e dalla mia percentuale detrassi la quota da versare alla famiglia Colombo”. Presto i soldi cominciarono ad affluire, da cinque a otto milioni di dollari a settimana. Una volta che l’operazione si estese, i profitti salirono a cento milioni di dollari al mese, più di un miliardo all’anno» (Unger). Il giro d’affari dei Franzese toccò il suo apice alla metà degli anni Ottanta, poco prima di essere scoperto dall’Fbi. Condannato nel 1986 a dieci anni di reclusione, l’anno successivo Michael, in carcere, decise di uscire dal crimine organizzato, e fu rilasciato anticipatamente nel 1989, senza però denunciare i suoi ex sodali. In seguito, Michael intraprese un percorso religioso, che lo ha portato a istituire una fondazione benefica, e a diventare un conferenziere specializzato in discorsi motivazionali; nel corso degli anni ha parlato più volte pubblicamente dei suoi trascorsi nella mafia, senza però mai fornire elementi utili alle indagini («Diciamo che io sto attento a non dire nulla contro chi lavorava con me. E loro lo sanno»). Sensibilmente diversa la parabola del fratello minore John Franzese Jr., il quale, dopo aver trascorso la gioventù svolgendo compiti di bassa manovalanza criminale per il padre, divenne tossicodipendente e sieropositivo, e – secondo alcuni, per pagarsi le cure – iniziò poi a collaborare con le autorità federali come infiltrato, senza risparmiare neppure il padre: fu infatti per le sue delazioni che nel 2007, due anni dopo essere diventato vicecapo della famiglia Colombo, John Franzese Sr. dovette tornare in carcere per qualche mese, e, soprattutto, fu sulla base della sua testimonianza che nel gennaio 2011 l’ormai novantatreenne boss mafioso ricevette la sua seconda condanna, a otto anni di reclusione, per estorsione ai danni di due locali di spogliarello e di una pizzeria di New York. Nuovamente recluso, John Franzese divenne il detenuto più anziano degli Stati Uniti, nonché l’unico centenario: in considerazione dell’età e delle condizioni di salute, oltre che dell’ormai completa espiazione della pena inflittagli nel 1967, è stato rilasciato dal Centro medico federale il 23 luglio 2017, a cent’anni, e da allora vive presso la figlia minore, Lorraine, a Brooklyn • «Negli anni Cinquanta […] “Sonny” Franzese è una stella nascente di Cosa nostra. Nonostante ciò, la sua vita familiare preoccupa la famiglia Colombo, la sua vera famiglia. Infatti Sonny Franzese è sposato con una bella bionda di origine tedesca. Per di più, la signora Franzese vuole diventare un’attrice. I superiori di Sonny, allora, gli fanno capire che con quella sposa la sua carriera all’interno della famiglia è compromessa. Al contrario, se trova una nuova moglie, più docile e di origine italiana, il suo avvenire professionale sarà luminoso. Poco dopo, Sonny Franzese divorzia per sposare una giovane americana di origine italiana di 18 anni» (Jean-François Gayraud). Dalla prima moglie Franzese avrebbe avuto tre figli; quattro, invece, dalla seconda, Cristina Capobianco, morta nel 2012 mentre il marito era in carcere (altre fonti parlano invece di otto figli, e come moglie citano unicamente la Capobianco) • «“Franzese ha contribuito a fare della mafia qualcosa di glamorous”, ha scritto […] il New York Post commentando la scarcerazione. E in effetti, nel corso della sua vita, “Sonny” […] è spesso comparso in fotografia al fianco di Frank Sinatra, di Sammy Davies jr. o del pugile Jake LaMotta, il “Toro scatenato” impersonato sul grande schermo da Robert De Niro. In totale, Franzese ha trascorso dietro le sbarre metà della sua vita» (Claudio Del Frate) • Ritenuto responsabile di un gran numero di omicidi, stimati tra i 50 e i 100 (egli stesso, intercettato, dichiarò: «Ho ammazzato un mucchio di uomini – e non si parla di quattro, cinque, sei o dieci»), John Franzese non è però mai stato condannato per tale capo di accusa, «probabilmente grazie alla sua grande abilità nel disfarsi dei cadaveri. Subito dopo una delle sue assoluzioni, però, fu registrato mentre spiegava come aveva fatto sparire i corpi delle decine di persone che aveva ucciso: “Si smembra il corpo in una piscina gonfiabile, si cuociono le varie parti nel microonde e poi si cacciano nel tritarifiuti. Ci vuole pazienza”» (Unger).