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 2019  febbraio 04 Lunedì calendario

In Italia 57mila persone scomparse nel nulla

In Italia, il popolo delle persone scomparse nel nulla è una invisibile città grande come Cuneo. Delle 229.687 sparite dal 1974 a fine 2018, 171.974 sono state ritrovate, ma delle rimanenti 57.713 si sono perse le tracce. Questi dati sono stati diffusi qualche giorno fa, nella ventesima relazione semestrale pubblicata dall’ufficio del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Di questa folla improvvisamente sprofondata nell’oblio, 14.504 sono i maggiorenni (5.928 italiani e 8.576 stranieri), 41.655 i minorenni (2.412 italiani e 39.243 stranieri) e 1.554 i maggiori di 65 anni (1.311 italiani e 243 stranieri). I maschi sono 44.830 (6.338 italiani e 38.492 stranieri), le femmine 12.870 (3.309 italiane e 9.561 straniere).
ANCHE IMMIGRATI
Sulla profilazione degli scomparsi c’è un problema di confusione: «L’ottanta per cento degli scomparsi di quest’anno è composto di stranieri giunti sulle nostre coste», spiega l’avvocato Antonio Maria La Scala, presidente di Penelope onlus, associazione nazionale che riunisce le famiglie e gli amici delle persone scomparse («Siamo l’associazione più triste d’Italia», commenta l’avvocato, «parliamo solo di morti, dispersi, feriti»). «Sono persone che rimangono in Italia, nei centri di accoglienza, per tre o quattro mesi, poi si allontanano per raggiungere i familiari in altri Paesi dell’Unione Europea. Unire le persone scomparse italiane nel corso degli anni con quelle straniere, che rientrano invece nelle dinamiche problemi legati ai flussi migratori, è fuorviante e comporta la dispersione degli sforzi delle forze dell’ordine: sono due casistiche completamente diverse», allerta La Scala. Sulla stessa linea il commissario straordinario Mario Papa: «Sarebbe auspicabile, come più volte rappresentato dall’Ufficio, che i migranti siano scorporati e considerati a parte per contribuire a dare alla opinione pubblica un quadro esatto del fenomeno». Se un dato positivo c’è – la tendenza all’aumento dei ritrovamenti, il 74,4 per cento, contro il 57,8 per cento dell’anno scorso – all’appello mancano però ancora 2.412 bambini e 3.336 donne: «All’inizio vengono tutti considerati casi di allontanamento volontario», racconta La Scala, «Ci sono donne che escono di casa abbandonando i figli, gli effetti personali, e scompaiono. Detto così, sembrerebbe che in Italia le donne siano tutte matte: ma, ovviamente, nella maggior parte dei casi si tratta di femminicidi con occultamento di cadavere». Su che cosa si può lavorare di più? «Noi ci siamo impegnati per rendere esecutiva la banca dati del Dna, grazie alla legge 85 del giugno 2009 (diventata esecutiva però solo nel 2016): ora è possibile incrociare il profilo genetico di resti cadaverici ritrovati, con le denunce di scomparsa compatibili con il soggetto in questione per riuscire a sapere l’identità dello scomparso», spiega ancora La Scala. 

BANCA DATI DEL DNA
«L’articolo 7 prevede la possibilità di prelievi genetici su cadaveri e resti per consentire il confronto con i profili genetici dei consanguinei delle persone scomparse». Dal 2016, inoltre, vengono prelevati tutti i Dna dei detenuti nelle carceri italiane. «Ma soprattutto è importante che i casi non vengano catalogati come allontanamento volontario: ciò induce l’investigatore e il pubblico ministero a essere più morbidi nelle indagini», conclude La Scala, «Mentre l’immediatezza delle ricerche è fondamentale, le prime 48 ore sono determinanti. Altrimenti, cinghiali e animali selvatici fanno il resto…».