La musica è ancora la sua passione?
«Mi definisco un "cantattore". Con gli altri due Claudio e Virginia — colleghi simpatici, aperti e allegri — faremo un omaggio al quartetto Cetra. Abbiamo provato il numero in totale amicizia, con la voglia di giocare».
Com’è Baglioni?
«Sono stato felice e onorato che abbia pensato a me. Secondo me si diverte a essere severo ma è una persona molto molto ironica. È un ragazzino».
Cosa rappresenta per lei il festival?
«L’ho sempre visto da bambino insieme alla famiglia, Sanremo è una delle poche cose che ancora tengono uniti padri e figli. Poi è come se avessi partecipato, anche se indirettamente. Ho cantato Gianna nella serie Rai in cui interpretavo Rino Gaetano. Lo spirito con cui Rino affrontò il festival fu grandioso».
Per chi faceva il tifo?
«Mi sono sempre piaciuti tanto quelli che arrivavano ultimi. Uscì fuori Vasco Rossi e pensai: chi è ’sto matto? E ’sto matto è diventato Vasco. Sanremo è criticato, e osannato, oggi ha la capacità di includere e di rappresentare tutta la musica italiana».
Mai come quest’anno: si va da Anna Tatangelo alla trap.
«In questo momento non considerare la trap, fenomeno tanto amato dai giovani, sarebbe stato un errore gravissimo, avrebbe significato non fare un festival contemporaneo. Ci saranno artisti come Francesco Motta, un amico a cui auguro tutto il meglio. L’importante è andare con la propria personalità senza preoccuparsi quello che i fan possano pensare, per esempio che ti commercializzi. Uno va a Sanremo per diffondere la propria musica, butta sangue, è giusto che sia ascoltato dal maggior numero di persone possibile».
Lo scorso anno Favino spiazzò tutti col bellissimo monologo di Koltès sui migranti, lei ha pensato a qualcosa del genere?
«No assolutamente. Quel monologo fu un momento molto forte, l’ho recitato anche io a teatro anni fa. A Sanremo mi limiterò a cantare».
Anche lei pensa che l’Ariston, per la visibilità che offre, sia il posto giusto dove portare temi importanti? Bono chiese di cancellare il debito del Terzo mondo.
«Certo. Sanremo può diventare un megafono e amplifica cause importanti. Va bene pensare ai messaggi ma queste battaglie Bono le ha continuate, bisogna restare accesi come megafoni anche dopo il festival».
Cosa pensa delle critiche a Baglioni per le sue idee sui migranti?
«Mi sconvolgo che si parli di razzismo nel 2019. Ma si rende conto? Ancora ci domandiamo se un artista debba esprimersi o no? Baglioni ha fatto bene. È stato coraggioso e ha accettato le conseguenze da persona matura che si aspettava le reazioni».
Reazioni politiche.
«Non credo che abbia detto una cosa politica, ha espresso una sua idea di umanità: non si può prendere un argomento così per fare campagne politiche. C’è più un’urgenza umana: non si può prendere la vita di persone che muoiono in mare e usarla come se fossimo allo stadio, tifando per una parte o per l’altra. Se si vuole fare un braccio di ferro con l’Europa si fa col proprio braccio, non con quello di chi nuota per afferrare una riva».
Si è pentito di aver votato per i 5 stelle?
«Questa è una domanda politica a cui non voglio rispondere più. Sanremo ha una funzione, quella di unire. La politica divide e Sanremo unisce».
Sua moglie Francesca Barra come le ha cambiato la vita?
«Con Francesca sto scrivendo un romanzo per Mondadori, da cui vogliamo trarre un film che mi piacerebbe dirigere. Quando incontri chi ti comprende e riesce con la grazia e l’amore a infilare pian piano le dita anche nelle tue ferite più dolorose, questo ti lega. È un dono raro. Chiaramente l’amore non è solo l’incontro o la cura delle ferite: è gioia, divertimento e tutto ciò che di libero e folle si possa fare insieme».