L’Economia, 4 febbraio 2019
Cayman & Delaware, i paradisi del Milan
Cayman, Delaware, Napoli via Lussemburgo. Tappe della risalita alla proprietà del Milan. Dalla foce alla fonte, passando per gli archivi della Sec, la Consob americana. Il paradiso fiscale in mezzo agli Usa, quello in mezzo ai Caraibi e a casa di due finanzieri napoletani già noti alle cronache rossonere.
Ma non ci avevano detto in tutte le salse che il Milan è dei fondi di Paul Elliott Singer? E che gli americani hanno un patrimonio complessivo in gestione pari a circa 34 miliardi di dollari? Tranquilli: queste inconfutabili certezze restano. Anzi, sono la miglior garanzia di serietà dopo i 14 pazzi mesi del bizzarro Yonghong Li che ancora non si è capito «perché» o «per chi» abbia momentaneamente lasciato i suoi debiti cinesi per fare un «buco» gigantesco in Italia. Oggi la società Milan è in sicurezza, pur con i suoi «sbilanci» di bilancio, ed è affidata al presidente Paolo Scaroni e al nuovo amministratore delegato,ex Arsenal, Ivan Gazidis. Pagina girata.
Così come all’Inter di Zhang con il timone all’ex Juve, Giuseppe Marotta. LionRock Capital di Daniel Tseung, base a Hong Kong e fondi a Cayman, ha acquistato il 31% da Erick Thohir chiudendo così definitivamente una stagione che pochi rimpiangeranno. Tra i pochi lo stesso indonesiano che oltre alle plusvalenze sulla cessione era riuscito a lucrare anche prestando soldi all’Inter.
Ora si profila un periodo di stabilità. Sulle due sponde calcistiche milanesi si guarda al futuro con la consapevolezza che le attuali proprietà sono solide e molto ben strutturate. In più i figli dei «capi», Steven Zhang e Gordon Singer, si sono appassionati al business del pallone.
Rimangono due differenze sostanziali. La prima è che il cinese dell’Inter ha voluto il club mentre l’americano del Milan se l’è trovato andando a escutere lo scorso luglio le garanzie dell’insolvente Yonghong Li. La seconda è che mister Suning è il padrone in proprio mentre mister Elliott lo è per conto terzi, cioè degli investitori dei fondi gestiti.
E qui, armandoci di pedanteria e formulandoci alcune cavillose domande, proviamo a risalire la china della proprietà rossonera (ma è anche uno sguardo inedito dentro uno dei più grandi hedge fund al mondo): 1) In quali fondi esattamente è finito il controllo del Milan? 2) Dove sono registrati? 3) A quanto ammontano gli asset in gestione, compresa la squadra di mister Gattuso? 4) Quanti sono gli investitori? 4) La famiglia Singer e suoi manager hanno quote?
Punto di partenza: l’ultimo bilancio del club approvato a ottobre. Si legge che il capitale della lussemburghese Rossoneri Sport Investment, cioè della holding che detiene pressoché tutto il Milan, «è interamente detenuto da Project RedBlack (Lussemburgo, ndr), il cui capitale è a sua volta detenuto da Blue Skye Financial Partners (Lussemburgo, ndr) e da alcune società indirettamente detenute da Elliott Associates L.P e da Elliott International Limited». È evidente, dunque, che con l’escussione del pegno oltre a Elliott sono entrati nel capitale del Milan anche i due manager napoletani fondatori di Blue Skye, Salvatore Cerchione, 48 anni, e Gianluca D’Avanzo, 44 tra pochi giorni. Avevano avuto un ruolo centrale nell’organizzare la struttura del finanziamento di Elliott a Yonghong Li. E sono entrambi nel Consiglio di amministrazione (D’Avanzo anche con deleghe per l’area amministrazione e finanza). Ma qual è oggi la loro quota diretta in Project RedBlack e quindi indiretta nel Milan? «Sotto il 5%», dicono da Elliott.
Tutto il resto è intestato ai veicoli intermedi, tra cui una società del Delaware (King George) che dovrebbe avere da sola i due terzi della partecipazione mentre la sorella Genio Investments circa un terzo. «Le due società – spiega il gruppo Elliott interpellato in proposito – non hanno partecipazioni paritetiche perché i due fondi hanno investitori diversi e masse in gestione diverse: hanno investito nel Milan più o meno in funzione del capitale degli investitori detenuto da ciascun fondo». Andando alla fonte della proprietà, cioè dove un giorno verrà incassata l’eventuale plusvalenza per la vendita del Milan, si arriva ai due fondi speculativi: uno a Cayman e uno nel Delaware.
Quello di Cayman, Elliott International L.P., ha asset per un valore lordo (quindi compresa, presumibilmente, anche la leva finanziaria) di 51,9 miliardi di dollari, secondo un documento consegnato alla Sec nel luglio 2018. Quello del Delaware, Elliott Associates, ha asset per 22 miliardi. Se queste sono le proporzioni, i due terzi della proprietà del Milan fa capo all’hedge fund di Cayman che ha circa 700 investitori prevalentemente istituzionali(taglio minimo d’ingresso 5 milioni di dollari). Da notare che circa il 7% dei sottoscrittori di questo fondo, dedicato più che altro a clienti extra Usa, sarebbero riconducibili a Elliott Management Corporation e alle sue parti correlate, cioè a Paul Singer. L’altro terzo del Milan, anche qui «affogato» in miliardi di dollari di altre partecipazioni, è in Delaware dove il fondo Elliott Associates «conta» 710 grandi investitori. E anche qui l’arcipelago direttamente riconducibile a Singer avrebbe una fetta consistente delle quote (circa 13%), condividendo l’ottimo rendimento che viaggia a un tasso del 13,1% annuo.
Insomma, Cayman o Delaware questa, nel rispetto delle leggi, è la prassi, anzi la regola, per chi gestisce hedge fund. E quindi possiamo dire che Cayman è il paradiso del Rossonero.