la Repubblica, 3 febbraio 2019
Conflitto d’interessi da 100 milioni per il prof del reddito
Un potenziale conflitto di interessi da 100 milioni che allarma il Quirinale. Tanto vale la piattaforma che incrocia domanda e offerta di lavoro nel Mississippi. La stessa che l’Italia vorrebbe adattare per far funzionare il reddito di cittadinanza. Peccato però che il software – che poi si traduce in una App per i telefonini di ultima generazione – sia di proprietà della Mississippi State University. O meglio del suo centro di ricerca, Nsparc. Ateneo in cui l’ideatore Mimmo Parisi, neo presidente di Anpal l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro insegna sociologia. E che l’italo-americano nato ad Ostuni, classe 1966, non vuole lasciare nonostante l’impegno romano. Preferendo fare su e giù con gli Stati Uniti. E qui il discorso si complica. Lo statuto di Anpal vieta al suo presidente di avere un altro rapporto di lavoro subordinato. Il numero uno uscente, Maurizio Del Conte, da tre anni è in aspettativa dalla Bocconi. La scappatoia infilata all’ultimo nel decreto su reddito di cittadinanza e quota 100 potrebbe complicare la situazione. Perché la deroga assai generica ad “adeguare” le regole (articolo 12, comma 3) spetterebbe allo stesso presidente che dovrebbe aggiustarle per se stesso. Ma non finisce qui. Fosse pure risolta l’impasse del doppio lavoro, rimane la questione del software. Può l’agenzia del lavoro italiana comprare un programma informatico dall’università americana in cui insegna il suo presidente, ideatore dello stesso programma? Ovviamente no.
Ecco perché nella bozza del decretone, datata 8 gennaio, era stato inserito un comma singolare: «Al fine di attuare il Rdc e permettere il funzionamento telematico, anche attraverso un software, il ministero del lavoro, con successivo decreto, può stipulare convenzioni con enti terzi per l’acquisizione di strumenti tecnologici e di piattaforme informatiche». Comma sparito nella versione finale, perché palesemente in violazione della direttiva europea sugli appalti. La “convenzione” è un contratto.
Ma qui siamo di fronte ad un appalto di servizi. E una pubblica amministrazione deve fare la gara. Ecco quindi che quelle poche righe vengono riscritte. E diventano (articolo 6, comma 8): “Il ministero può avvalersi (per il software, ndr) di enti controllati o vigilati da parte di amministrazioni dello Stato o di società in house”.
Svelata la strategia: consentire ad Anpal Servizi Spa – la “società in house” controllata da Anpal ma società di diritto privato – di acquistare il software di Parisi. Finta scappatoia, però. Perché non evita la gara. E non annulla il conflitto di interessi di Parisi. «C’è un problema di intellectual property », avrebbe ammesso lo stesso presidente. Senza pensare alla grana navigator: 6 mila precari selezionati “per titoli e colloquio” da altri 600 precari, il 60% dei dipendenti di Anpal Servizi Spa. Il ministero del Lavoro si aspetta 100 mila domande o più. Ma vuole correre per avere in campo i 6 mila navigator entro maggio.
Ecco perché pensa a un’altra deroga. Evitare il colloquio e procedere solo con un test a risposta multipla, da organizzare nelle mega strutture romane riservate ai concorsoni. Per farlo però è necessario cambiare il regolamento delle selezioni. E poi affittare le sale, formare le commissioni (sondati anche i dipendenti di Anpal “madre”), chiedere a Consip i lettori ottici per le schede. Quindi stipulare contratti e fare le gare. Ecco perché il bando per i navigator tarda ad uscire. Ed ecco perché il Quirinale, che segue la vicenda con attenzione, non ha ancora perfezionato con decreto proprio la nomina di Mimmo Parisi. Il consiglio dei ministri l’ha registrata il 31 gennaio. Troppe nubi da diradare. E 100 milioni (su 500 destinati ai navigator) sembrano davvero troppi.