il Giornale, 3 febbraio 2019
Gli strani nipoti dei dittatori
Svetlana, la mamma, era l’unica figlia di Stalin, il «Gengis Khan che ha letto il Capitale» come lo chiamava Lenin. Era intelligente, per niente arrogante, le piacevano Dostoevskij e i concerti sinfonici e c’era una guardia che la seguiva passo per passo. Churchill la raccontò come «una bella ragazza dagli occhi azzurri, rossa di capelli, soldamente piantata», l’amica Olga la ricordò a Enzo Biagi come «una delle donne più sole che io abbia mai incontrato». Chrese, la figlia, nata dal terzo matrimono di Svetlana con l’americano William Wesley, si è fatta invece fotografare tempo fa, un po’ per gioco e un po’ per ribellione, con i capelli ossigenati, il rossetto color fuoco, la sigaretta all’angolo della bocca e un fucile (finto) a tracolla. Ha quasi cinquant’anni, ma ne dimostra molto meno anche travestita da Sex Pistols. É attrice, musicista, scrittrice, ma gestisce un piccolo negozio di antiquariato a Portland, nell’Ohio. Ha mille nomi tutti diversi, Chrese Evans, Olga Allelujeva, Olga Peters, perchè è difficile sentirsi addosso quello del nonno: essere nipoti dei macellai della Storia è una condanna che si sconta innocenti. E che sposta gli equilibri, soprattutto quelli psicologici. In America, in una villetta di legno modesta come la dimora di un frate di Patchogue, a Long Island, vive anche i pronipote di Adolf Hitler, Alexander Adolf Stuart-Houston, 70 anni, che non ha mai rivelato neanche ai vicini la parentela con il Fuhrer, così come i fratelli Brian e Louis, che abitano nello stesso quartiere. Lo confessò invece il fratello alla fidanzatina ebrea che lo mollò all’istante. Difficile mescolare i propri geni con quelli del genocida, forse anche per questo, si mormora, i fratelli hanno sottoscritto un patto per non dare seguito alla discendenza di Adolf. Alexander si dice conservatore, ma non sopporta, e non vota, Trump.
Se Gudrun Himmler, figlia di Heinrich Himmler, l’architetto dell’Olocausto, non ha mai voluto condannare il padre, Katrin la pronipote, politologa, ha sposato un israeliano «ma non ho voluto cambiare cognome». Il nome lo ha invece cancellato Rolf Mengele, figlio di Josef, il medico dei campi di concentramento, che cercò inutilmente spiegazioni dal padre nascosto in Brasile. Ora milita nella sinistra radicale, ma non ha voluto rivelare in passato dove fosse nascosto il padre. Martin Adolf Bormann junior, figlio di Martin, braccio destro del Fuhrer si è fatto prete e per anni ha lavorato come missionario in Africa. Forse per questo ha perdonato il padre: «Non lo odio». perchè, disse, «voglio dividere l’uomo dal gerarca». Quasi tutti sono fuggiti anche fisicamente dal nome che portano, lontano da ogni ricordo. Tranne Mao Xinyu, unico nipote di Mao, e figlio del secondogenito di Mao Tse Tung, Mao Anqing. Ha l’aria da eterno bambinone alla Kim Jong-un, ed è il più giovane generale dell’Esercito di liberazione popolare, anche se le foto lo ritraggono sempre un po’ troppo fuori ordinanza nel look. Lo avevano dato per morto in un incidente stradale, precipitato in un burrone di ritorno dal cimitero militare di Hoechang, invece è ricomparso mesi dopo lo schianto come se niente fosse, al massimo con il berretto in disordine.
Lontani anche nel modo di essere sono invece Jaffar Amin, figlio del dittatore ugandese Idi Amin, che si è ritrovato a fare il doppiatore pubblicitario per la tv, e Fernando Martin Manotoc, nipote dell’ex ras filippino Ferdinand Marcos, che ha lavorato come modello di intimo. Alina Fernadez per anni è stata, via radio dagli Stati uniti la spina nel fianco di Fidel Castro. «Mi fa pena e ribrezzo» disse. Era suo padre.