La Stampa, 3 febbraio 2019
Bergoglio, il primo Papa nel Golfo
Oggi Jorge Mario Bergoglio diventa il primo Papa a mettere piede nella regione del Golfo, culla della religione islamica. Va ad Abu Dhabi per scrivere una nuova pagina di storia delle religioni e suggellare una delle principali missioni dichiarate del pontificato: «Costruire ponti» di dialogo tra cristiani e musulmani, per abbattere il fondamento alla strumentalizzazione delle fedi finalizzata a odio e violenze. E sconfiggere così terrorismo e guerre.
Francesco sarà accolto dallo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi.
Aleggerà uno spettro in queste 48 ore negli Emirati Arabi Uniti: lo Yemen, Paese segnato da un conflitto intestino - più volte condannato dal Pontefice - che ha provocato migliaia di vittime e sfollati, intrapreso dagli Emirati e dall’Arabia Saudita per combattere gli Houthi, ribelli sciiti sostenuti indirettamente dall’Iran. Uno scenario geopolitico e umanitario che dovrebbe restare sullo sfondo dei discorsi pubblici di Francesco, ma che potrà emergere nei colloqui privati, come quello a porte chiuse nella moschea dello Sheikh Zayed, una delle più grandi del mondo musulmano, con il «Muslim Council of Elders», organismo presieduto dal grande imam dell’università sunnita di al-Azhar, Ahmad Muhammad Al-Tayyib. Domani sarà il giorno degli appuntamenti interreligiosi: in particolare il Papa parteciperà insieme al Grande Imam e ad altri 700 leader religiosi all’incontro sulla «Fratellanza umana», promosso dallo stesso «Muslims Council of Elders».
Non a caso la visita papale - il cui motto è «Fammi canale della Tua pace» - avviene nel 2019, dichiarato dagli Emirati Arabi Uniti «Anno della tolleranza».
Martedì il Pontefice presiederà nello stadio della Zayed Sports City la prima Messa pubblica e «sicuramente la più grande» - dice il portavoce Alessandro Gisotti - mai celebrata nella terra sacra all’islam. Sono stati esauriti i 135mila biglietti a disposizione, il triplo della capienza: per cui 45mila fedeli riempiranno lo stadio e gli altri saranno nelle aree adiacenti l’impianto.
I partecipanti arriveranno non solo dagli Emirati ma anche dai Paesi confinanti, considerando che pure Oman e Yemen costituiscono il territorio del Vicariato apostolico dell’Arabia Meridionale. E ci saranno molti ospiti musulmani.
Dopodomani invece sarà un giorno interamente dedicato alla comunità cattolica locale - le autorità hanno garantito la festività ai lavoratori - composta da 900 mila fedeli, il 10% della popolazione, in gran parte immigrati da Paesi come Filippine e India. Nessuno è cittadino degli Emirati. Infatti il vicario apostolico, il 76enne vescovo svizzero monsignor Paul Hinder, definisce la Chiesa del Golfo «una Chiesa di migranti e per i migranti».
A differenza della vicina Arabia Saudita, i cristiani e le altre minoranze religiose godono di una relativa libertà, anche se, trattandosi di uno Stato confessionale islamico, le attività religiose pubbliche devono essere svolte tra le mura dei luoghi di culto e dei locali parrocchiali. Per divieto di legge non si può puntare a convertire i musulmani. E le chiese non possono avere le campane da suonare o esibire la croce sul tetto. Infatti il logo della visita non ha croci, ma una colomba con un ramo d’ulivo, a simboleggiare il Papa che visita il Paese come messaggero di pace.
Comunque, da questo punto di vista gli Emirati rappresentano una delle poche eccezioni in un contesto caratterizzato da una diffusa intolleranza e a volte da persecuzioni.
Lo conferma lo stesso Hinder: «Qui la tolleranza esiste davvero». Certo, ci sono dei limiti, «entro i quali però siamo liberi di svolgere il nostro lavoro pastorale. E siamo anche aiutati». Concretamente: «Per esempio, le chiese presenti (20 in tutto il territorio, ndr) sono state costruite da noi su terreni che ci sono stati donati o affittati a una cifra simbolica dallo Stato». L’ultima in ordine di tempo, dedicata a San Paolo, è stata inaugurata ad Abu Dhabi il 12 giugno 2015 alla presenza del cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.
E ad Abu Dhabi, dal 2017, c’è una moschea dedicata a Maria, la «madre di Gesù». Ha voluto così il principe Zayed Al Nahyan, per richiamare «i molti punti in comune tra islam e cristianesimo».