Libero, 2 febbraio 2019
Compriamo sempre più case
Crisi o non crisi, recessione tecnica o boom gli italiani hanno un chiodo fisso: il mattone. E se anche i valori continuano a contrarsi la preferenza dei risparmiatori resta agganciata all’immobile. L’Istat ha fatto un po’ di conti (“La Ricchezza non finanziaria in Italia”), ed è saltato fuori che nel 2017 il valore della ricchezza detenuta dagli italiani ammontava complessivamente a circa 9.505 miliardi di euro. Un tesoretto rappresentato per il 60% da immobili residenziali e per il 24% da immobili non residenziali. Gli altri beni di capitale fisso, materiale e immateriale, rappresentano meno del 10%. Le scorte pesano circa il 4%, i terreni coltivati meno del 3% del totale. Complice gli andamenti altalenanti delle borse, investimenti che ormai sembrano aver impaurito i risparmiatori, le famiglie (prudentemente) fanno comunque crescere la quota del patrimonio residenziale detenuto. Che nel 2017 rappresenta più del 92% del valore residenziale complessivo, di cui ben l’81% come abitazione principale o seconde case e 11% costituito da immobili a scopo di investimento e di attività di locazione.
MERCATO IN STALLO
La crescita del patrimonio immobiliare in capo alle famiglie fa ancora più sensazione considerando l’andamento del mercato negli ultimi anni. Dopo i picchi del 2008 è stato un piano inclinato in discesa. I valori dei prezzi degli immobili sono scesi, mediamente, del 30%. Con cali, sui prezzi, più accentuati nelle località di provincia e per gli immobili più datati. La discesa dei prezzi sul mercato immobiliare residenziale, che prosegue dal 2012, ha indotto una ulteriore contrazione del valore della ricchezza abitativa (-1,4% in media annua nel periodo 2011-2017). Anche se nel 2017 il rallentamento è stato meno accentuato (-0,8% rispetto al -1,3% del 2016). Ma il bene rifugio degli italiani è sommerso di tasse. Secondo Confedilizia ogni anno si pagano 50,8 miliardi di balzelli. Di cui 9,2 miliardi arrivano dalle tasse sui redditi, altri 21 da Imu e Tasi e altri 9 da imposte indirette sui trasferimenti. Altri 10,6 miliardi vengono da tributi diversi e un ultimo miliardo da tributi indiretti sulle locazioni. Una mazzata che per le famiglie si trasforma in una patrimoniale soprattutto sulla seconda casa. La casetta al paesello – dove passare qualche settimana l’anno più per attaccamento che per convenienza, è diventata un lusso. Il trucchetto di lasciarsi la residenza per pagare come se fosse la prima non funzione più da tempo. Da quando i sindaci – tagliati i trasferimenti statali – hanno cominciato a verificare la reale permanenza in Paese dei concittadini. Quest’anno poi la legge di Bilancio prevede la facoltà per gli amministratori locali di aumentare il prelievo fiscale locale e si presume che più della metà degli ottomila sindaci possano agire sul prelievo fiscale comunale per far quadrare i conti. Se l’incertezza sembra far propendere per investimenti a breve termine, la possibilità di “cogliere il momento” per un investimento immobiliare appare comunque frenata. E non incoraggia il mercarto delle costruzioni in genere e del residenziale in particolare. Nomisma prevede un numero di compravendite pari a circa 572mila transazioni (+5,6%) per il 2018, ma a prezzi ancora in galleggiamento. L’evoluzione dei prezzi nel mercato residenziale registrerà nel 2019 un calo medio dello 0,5%, nel 2020 si assisterà a una stabilizzazione (+0,1%), mentre a partire dal 2021 si registrerà un segno positivo leggermente più marcato (+0,5%).
PREZZI DA SALDO
Gli italiani sembrano non fidarsi della ripresa del mercato e tengono i liquidi sotto al materasso (Relazione Bankitalia: 995 miliardi di euro le attività finanziarie in contanti). Nel frattempo il mercato dell’edilizia va a rotoli. L’altro ieri i costruttori hanno incontrato il governo per chiedere di riaprire i cantieri e far uscire il settore dalla crisi. Ma l’esito del tavolo è assai deludente. La nota ufficiale diffusa da Ance, Ciaai, Cna costruzioni, Confapi Aniem, Anaepa Confartigianato, Federcostruzioni, Legacoop e sindacati di categoria (Feneal Uil, Filca Cisl, Fillea Cgil) parla apertamente di «un nulla di fatto» e di «una risposta parziale». E tutto questo senza considerare l’impatto che potrà avere l’immissione a breve di circa 44 miliardi crediti bancari deteriorati (Npl, non-performing loan). Vale a dire 360mila immobili pignorati che andranno all’asta. Con un valore di stima di 88 miliardi. E andrà già bene se si incasseranno 20/25 miliardi.