Corriere della Sera, 2 febbraio 2019
Il paese a un euro
L’idea era venuta a Vittorio Sgarbi, da sindaco, nella vicina Salemi. Ma il sogno delle «case a un euro» si sta materializzando a Sambuca di Sicilia, un paradiso saraceno fra le province di Trapani e Agrigento, un paio d’anni fa eletto borgo più bello d’Italia. Con un sindaco e un vicesindaco da mesi impegnati a sbandierare la vendita di quaranta diroccate case di proprietà comunale ed altre quattrocento disponibili. Con annunci, tweet, social, passaparola. Ma la settimana scorsa è bastato un servizio mandato in onda in tutto il mondo dalla Cnncon notizia riproposta dal Guardian e da altri mass media internazionali per scatenare il finimondo. Più di cento telefonate in pochi giorni e 100 mila mail accavallate sui computer ormai intasati del Comune.
L’ultimo messaggio su WhatsApp è arrivato ieri mattina da New York, firmato da una ragazza di 27 anni, Elisabeth Boettcher, dopo un blitz di appena 24 ore a Sambuca, felice di avere conosciuto Giuseppe Cacioppo, il vicesindaco, suo primo contatto nel viaggio lampo all’inizio di questa settimana, preoccupata come tanti: «Ma è una fake news?». E Cacioppo a rispondere di no, che una casa qui si compra davvero a un euro: «Basta impegnarsi a ristrutturarla con una spesa minima di 15 mila euro, procedendo con un’asta in caso di più richieste».
Elisabeth è volata il giorno dopo in Sicilia, trafelata, correndo da una casa all’altra per fare la sua scelta e scappare di nuovo a New York da dove ieri ha scritto con una raffica di punti esclamativi: «Giuseppe!!!! I miss you and Sambuca very much!!! Mi manca molto Sambuca!!! Penso di arrivarci tutti i giorni! Tornerò presto per quella casa con il forno per la pizza nell’armadio, quella vicino al municipio. Mia madre e mio padre verranno per cercare altre case».
Raptus e innamoramento di Elisabeth sono identici a quelli di Nick e Elena Wallington, due giovani inglesi che si sono aggrappati invece al sindaco Leo Ciaccio, come tre argentini da giorni ospiti in un B&B per scarpinate fra stradine pulite, isole pedonali ed edifici secolari in un’atmosfera che conquista per la quiete di un’oasi ad appena un’ora di autostrada da Palermo. Ed è questo clima che ha catturato Naven Rovella, un giovane medico californiano di origini indiane che, appena ascoltata la Cnn a Dubai, dove si trovava per affari, ha preso l’aereo ed è zompato a Sambuca dal sindaco stupefatto: «Anche lui è stato qui due giorni, ha preso nota, ha scattato le fotografie e ha detto che torna a metà febbraio per concludere».
Un norvegese bussa alla porta, una coppia danese è in arrivo e un impiegato risponde al telefono avvertendo il vicesindaco: «C’è Mosè in linea da Israele». Prima pensa ad uno scherzo, poi Cacioppo parla davvero con un possibile acquirente da Tel Aviv. Mette giù e conteggia: «Siamo già ad oltre trecento richieste serie».
Sorride compiaciuta Costanza Amodeo, oggi alla guida del teatro comunale, una signora che ha comprato casa già da qualche anno, come hanno fatto, scrittori, professori universitari, artisti, giornalisti. Per lei è come tornare alle radici. Il padre industriale è nato qui, andato via a 15 anni con la madre francese. E, dopo una vita passata fra Rai, agenzia Ansa e impresa di famiglia, lei si è ancorata a questo eden, in un delizioso angolo da dove analizza il fenomeno: «Forse c’è un bisogno di Sud, anche come alternativa esistenziale in un mondo dove alcuni spazi si restringono...».
Forse, un bisogno di profumo e profilo di cose antiche, semplici, genuine. Come succede a un’altra cittadina ormai radicata qui, Gloria Origgi, anche se la sua vita di filosofa nei ranghi del Cnr francese passa fra Parigi, New York e Bruxelles, autrice di un libro edito dalla Bocconi sulla reputazione, un testo e una riflessione che adatta a Sambuca: «Che cos’è, come si guadagna la reputazione di una persona o di un luogo? Come in un gioco, abbiamo fatto un esperimento di reputazione, raccontando il posto con uno storytelling che non trasformerà mai Sambuca in una “Capalbio del Sud” perché non tutto è perfetto o pittoresco, a volte “ugly”, anche brutto, anche se a ogni passo scopri meraviglie, rovine sicane, terme da favola, acque calde, scorci da incanto».
È la contraddittoria magia che piace, un’occasione da non perdere, forse un setaccio per la cernita dei nuovi inquilini, ormai immersi fra centomila mail.