Corriere della Sera, 2 febbraio 2019
Bangkok seppellita dallo smog
Bangkok si nasconde, seppellita da giorni sotto una nebbia fitta, grigia e opaca, una cappa di smog mai vista. I colori vivaci dei suoi templi e dei suoi mercati appaiono sbiaditi, spenti, mentre i suoi abitanti si stanno accendendo. Di preoccupazione e rabbia. C’è chi non esce di casa come ha invitato a fare il premier Prayuth Chan-ocha. Suthasi, studentessa di legge all’università Thammasat non va neanche a fare la spesa per evitare l’aria malsana fuori. I più, costretti a uscire, in strada ci vanno ma soltanto con la mascherina sulla bocca. Non importa che non serva a granché: le polveri sono talmente sottili che non vengono schermate, dicono gli esperti. Tuttavia le mascherine sono andate esaurite ed è stato addirittura fatto un provvedimento ad hoc che punisce con 7 anni di carcere chi accumula scorte.
La gente è in allarme: vede i propri figli sopraffatti da allergie e altri disturbi respiratori, e nessuna via d’uscita. Tanti giudicano inefficaci le misure messe in campo dal governo. La più drastica – il che è tutto dire – è la chiusura delle scuole nella capitale per un paio di giorni, nel tentativo di ridurre il traffico. Perché le auto sono l’imputato numero 1 per l’aumento dei quelle polveri ultrasottili dette Pm2,5 che all’inizio di gennaio hanno fatto schizzare Bangkok tra le 10 città più inquinate del mondo. Le emissioni delle auto rappresentano il 60% dei veleni diffusi nell’aria, valuta il dipartimento thailandese per l’Inquinamento. Le altre cause della cappa di smog che da un mese avvolge Bangkok, specie nei giorni senza brezza e con alta pressione, vanno ricercate nella pratica, diffusissima, di bruciare le sterpaglie per pulire i campi intorno.
E nei fumi diffusi da un’industria ancora con pochi vincoli ambientali. Per correre ai ripari le autorità hanno adottato una serie di misure derise da molti perché considerate dei palliativi, come il divieto di ricorrere a fuochi d’artificio e a bastoncini di incenso durante i festeggiamenti del Capodanno tradizionale, tra pochi giorni. Altri provvedimenti, più scenografici, in realtà sarebbero inefficaci (oltre che a loro volta inquinanti): la «semina delle nuvole» per provocare perturbazioni, o spruzzare acqua ad alta quota con droni e piccoli aerei, o attraverso pompe nei camion, nella speranza che le gocce facciano scendere a terra le particelle sottili. Spruzzare acqua non serve, e nemmeno la pioggia perché «le particelle sono troppo sottili per essere portate giù dalle gocce d’acqua» concordano il ricercatore Veerachai Tanpipat e il responsabile regionale dell’Onu per l’ambiente Kakuto Nagatani-Yoshida.
E pensare che fino a una decina di anni fa la capitale thailandese era una città dall’aria pulita, una rarità in Asia, soprattutto grazie al ferreo divieto di circolazione ai veicoli più inquinanti. Il premier Prayuth Chan-ocha ha motivato la sua cautela nell’affrontare l’emergenza, esprimendo riserve sull’adozione di misure radicali, perché impopolari: «Se vietiamo la circolazione dei veicoli, o la limitiamo a targhe alterne, siamo sicuri che la gente accetterà?».
Preoccupazione aumentata dalle elezioni alle porte e che dovrebbero traghettare il Paese verso la democrazia dopo la presa di potere della giunta militare nel 2014. Un voto rinviato più volte, senza suscitare grandi reazioni tra la popolazione, anestetizzata da anni di restrizioni e repressione. Ma lo smog paradossalmente sembra la stia rianimando. Alla chiamata su Facebook del gruppo «Bangkok Spray», per dire, hanno risposto oltre 15 mila giovani in pochi giorni. Appuntamento oggi a mezzogiorno e domani alle 6 di sera con i flash mob. Si vedrà se l’aria sta cambiando davvero.