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 2019  febbraio 02 Sabato calendario

Le trivelle della Croazia

Il Governo italiano, e con il Governo anche la maggioranza parlamentare che lo sostiene, vuole rinunciare ai giacimenti nazionali ma intanto la Croazia, oltre ai piani di sfruttamento dell’Adriatico, ha lanciato mercoledì una nuova gara per cercare altri giacimenti. E c’è attenzione all’Adriatico anche in Montenegro, dove nei mesi scorsi erano in programma le prospezioni geologiche commissionate dall’Eni e dalla russa Novatek. Prospettive importanti per le imprese croate e per il polo della logistica petrolifera di Fiume, a scapito della dirimpettaia Ravenna, che rischia di perdere commesse. Non a caso insorgono contro le norme blocca-trivelle le imprese aderenti alla Confindustria Energia insieme con i sindacati, uniti nella poco frequente intesa di un comunicato congiunto. Protesta anche la Regione Emilia Romagna e si stanno organizzando i “caschi gialli” per una manifestazione il 9 febbraio.
I giacimenti e le granite 
Sotto il fondo del mare Adriatico vi sono numerosi giacimenti, soprattutto di metano. I giacimenti non si arrendono al desiderio umano di porre confini e limiti e spesso sono a cavallo fra le due aree di competenza, quella italiana e quella dei dirimpettai sloveni, croati, montenegrini e albanesi. E nei giacimenti funziona come con le granite: la prima cannuccia che arriva al fondo sugge tutto lo sciroppo.
Nei giorni scorsi il Governo di Zagabria ha avviato una nuova serie di gare per affidare la ricerca di giacimenti, soprattutto nell’entroterra. Oltre al solito Adriatico, il Governo questa volta intende esplorare il sottosuolo di zone anche nelle pianure settentrionali verso la Pannonia e anche nel Mezzogiorno del Paese. In particolare, il ministro dell’Energia e dell’ambiente Tomislav Coric ha detto che saranno assegnati blocchi esplorativi «su un’area complessiva di 12.134 chilometri quadri. I lavori di ricerca dureranno cinque anni». 
È tuttora aperta un’altra gara per la concessione di attività di studio del sottosuolo in sette blocchi nella Pannonia.
Un cenno sulle risorse croate. Le riserve sono stimate in 12 miliardi di metri cubi di petrolio e in 17 miliardi di metri cubi di metano, in parte sotto i fondali dell’Adriatico e in parte sotto la terraferma balcanica. 
L’estrazione di metano, tipica soprattutto del mare, è superiore a un miliardo di metri cubi l’anno. La maggiore compagnia croata è l’Ina, che opera per esempio con le piattaforme adriatiche Ivana (condivisa con l’Eni) e Izabela (condivisa con la milanese Edison). 
Imprese, sindacati, caschi gialli 
L’altro giorno il Senato ha approvato il decreto Semplificazioni che, fra i tanti contenuti, prevede anche un sostanziale blocco delle attività sui giacimenti e lo studio futuro di un piano strategico delle aree in cui sarà possibile sfruttare le risorse del sottosuolo. Tutto ciò non è scritto nel Contratto di Governo raggiunto dopo le elezioni dai due partiti di maggioranza.
Per questi motivi la Confindustria Energia e le organizzazioni sindacali di settore Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno chiesto un incontro urgente con il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e con il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, «per esprimere le forti preoccupazioni circa gli impatti negativi che la norma contenuta nel Decreto Semplificazione produrrà nella filiera produttiva legata all’esplorazione e alla coltivazione di idrocarburi, caratterizzata da elevate competenze e tecnologie e in cui sono occupati migliaia di addetti fra diretto e indotto. Dopo aver lamentato la mancanza di un preventivo confronto con le parti sociali – dice la nota congiunta della Confindustria Energia e dei tre sindacati – il settore esprime, inoltre, preoccupazione anche per le ricadute negative».
Nella Regione Emilia Romagna si sono incontrati il presidente Stefano Bonaccini, l’assessore alle Attività produttive Palma Costi e il sindaco di Ravenna Michele De Pascale. Chiedono che l’Adriatico venga escluso dal blocca-trivelle.
E per sabato 9 febbraio è prevista una manifestazione nazionale. «Serve una mobilitazione dei caschi gialli», conferma uno dei promotori, il pd romagnolo Gianni Bessi «con le migliaia di laureati, tecnici e maestranze del settore».