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 2019  febbraio 01 Venerdì calendario

L’addio alle liste nozze rivoluziona Alessi

La crisi dell’Alessi arriva da lontano, un po’ come per l’intero distretto dei casalinghi di Omegna e del Verbano Cusio Ossola, in Piemonte. Qui resistono ancora nomi storici come Lagostina, oltre ad Alessi, ma la fase di ridimensionamento industriale va avanti da anni e ha registrato chiusure importanti, come quella dello stabilimento Bialetti, nel 2010. Sono ottanta su 312 gli esuberi stimati da Alessi, azienda simbolo del design Made in Italy nei casalinghi, creatrice di alcuni oggetti icona del gusto italiano come il servizio da te? e caffe? Bombé disegnato da Carlo Alessi negli anni Quaranta, o la caffettiera La conica e il bollitore con fischietto a uccellino, nati nel 1984 e figli della stagione delle collaborazioni con i grandi designer avviata dall’azienda oltre tre decenni fa. 
Nella nota diffusa dopo l’incontro con i sindacati e le assemblee in fabbrica, Alessi chiarisce che «non e? prevista la delocalizzazione della produzione, ne? la chiusura della fabbrica di Crusinallo, che continuiamo a considerare un elemento strategico, anche per il futuro». I vertici dell’azienda, controllata dalla famiglia Alessi, hanno presentato un piano che punta al rilancio industriale e passa dalla riduzione strutturale del personale e dall’ingresso di un socio. «Negli ultimi 10 anni il fatturato in Italia si è dimezzato, abbiamo intercettato nuovi filoni e canali distributivi, siamo cresciuti all’estero ma il mercato e il modello di business sono cambiati strutturalmente» racconta l’amministratore delegato Marco Pozzo. L’azienda ha tenuto duro, fino a che ha potuto. «Ma ora è urgente un cambiamento – incalza Pozzo – che non è una risposta ad una contingenza di mercato ma una ristrutturazione che garantisce all’azienda di avere un futuro». I conti non tornano da anni, i ricavi sono passati da 80 a 60 milioni, tanto che la crisi della Alessi non è stata una doccia fredda neanche per i sindacati che però chiedono più tempo per gestire un passaggio delicato per l’azienda e per il territorio intero. In questo piccolo distretto industriale piemontese, il più piccolo dei distretti censiti dal Monitor di Intesa Sanpaolo che tra l’altro fotografa un calo delle esportazioni negli ultimi mesi, di ristrutturazioni se ne contano molte, a cominciare dal caso della Lagostina che questo passaggio stretto l’ha vissuto nel 2005, a ridosso dell’acquisizione da parte dei francesi del Gruppo Seb (Moulinex, Tefal, Krups, Rowenta), e che oggi ha la metà dei dipendenti di allora ma è rimasta sul mercato. Andiamo con ordine. Secondo lìad Pozzo, arrivato in azienda nel 2015, il piano di ristrutturazione per Alessi andrà di pari passo con l’ingresso di un socio che è stato individuato. Si tratta di un fondo inglese con un dna industriale la cui identità resta riservata. Di sicuro aver individuato un potenziale partner, che dovrebbe entrare con una quota di minoranza, ha accelerato il processo di ristrutturazione per alleggerire i costi fissi e imboccare la strada del rilancio.
Il successo della Alessi ha il suo picco tra gli anni Novanta e il Duemila, affonda le sue radici in una rete capillare di punti vendita di oggetti di alta qualità per la casa, in un mercato sensibile all’estetica, al design e alla volontà di distinguersi attraverso ricercatezza e a valore aggiunto, senza dimenticare il business delle “liste nozze”. «Oggi questo mercato non esiste più» racconta Pozzo. Eroso dalla crisi dei consumi ma anche da un cambio radicale delle abitudini di acquisto sul fronte dei casalinghi, più orientate alla praticità e al low-cost, tanto in Italia quanto in Europa. Serve andare oltre, dunque, guardare ai mercati extra-Ue, come fa il design e il mobile Made in Italy. Negli ultimi due anni, spiega l’amministratore delegato, «abbiamo iniziato a sviluppare un nuovo modello di business, abbiamo spinto sullo sviluppo di nuovi canali come online e btob, che hanno registrato crescite importanti ma non sufficienti a compensare il calo del mercato più tradizionale». Alessi non vuole perdere, assicura Marco Pozzo, «il radicamento industriale e le competenze uniche che l’azienda ha nella lavorazione dell’acciaio stampato a freddo». 
Nelle prossime settimane si procederà a tappe forzate, prima una serie di incontri tra azienda e sindacati, poi il 13 febbraio il tavolo in Regione Piemonte. Dove però bisognerà arrivare con un accordo in tasca. L’azienda ha aperto una procedura di cassa integrazione straordinaria per crisi, della durata di 10 mesi, per avviare la ristrutturazione e mettere in campo azioni per favorire l’uscita volontaria degli 80 dipendenti. Secondo i sindacati invece si dovrebbe puntare sui contratti di solidarietà. «Un esubero che interessa un quarto degli addetti Alessi rischia di pesare tanto sull’azienda quanto sul territorio – sottolinea Marco Cristina della Fiom – per questo serve un periodo più lungo per gestire la crisi e garantire un impatto il più indolore possibile». La volontà di trovare una soluzione comunque c’è e su una parte delle 80 posizioni potranno dare una mano Quota cento, Opzione donna e altri ammortizzatori utili ad avvicinare la pensione. Il resto si dovrà fare con incentivi all’esodo e job placement. «Nessuno sarà lasciato da solo» assicura l’azienda.