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 2019  febbraio 01 Venerdì calendario

Il mausoleo di Franco è un business

Qualcuno dà la colpa all’ex premier socialista José Louis Rodríguez Zapatero che nel 2007, spalleggiato dalla maggioranza, approvò la legge sulla Memoria Storica, uno dei decreti più controversi della giovane democrazia spagnola. Zapatero voleva restituire dignità ai migliaia di caduti della Guerra Civile, riconciliando tra di loro Franchisti e Repubblicani, ordinando, tra le tante norme, la rimozione di tutti i simboli inneggianti a entrambe le ideologie, soprattutto a Francisco Franco. Inoltre, l’esecutivo progressista, che s’impegnò, nel medesimo decretone, a concedere i medesimi diritti civili degli spagnoli ai primati dimenticandosi però di liberare dalla schiavitù gli scimpanzé dei circhi -, ordinò di scavare e trivellare, un po’ a casaccio, alcune comunità autonome, tra cui le povere Andalusia ed Estremadura, alla ricerca di fosse comuni che non si trovarono, se non quelle già scoperte.
Ma la rimozione dei simboli franchisti non fu del tutto completata e molti comuni spagnoli denunciarono di non avere mai ricevuto i fondi da Madrid per portare via le statue di Franco, abbattere architetture fasciste inutilizzate o rifarne le facciate. Alla fine vennero cambiate la maggior parte delle targhe di vie e piazze della Capitale e di altre grandi città. In alcuni casi, pubblicata la legge sul gazzettino ufficiale, non ci fu bisogno della manodopera dello Stato: molti nostalgici di Franco trafugarono dalle mura cittadine le piastre di marmo, piazzandosele nei salotti. E nel pasticciaccio della legge, che voleva raffreddare animi contrapposti ancora troppo infervorati e chiudere ferite ideologiche vecchie di quattro decenni, Zapatero mise più sale che cicatrizzante, innescando scontri e polemiche che non si sentivano dagli anni Settanta. Così la questione dell’enorme mausoleo della Valle de los Caídos (la Valle dei Caduti), sessanta chilometri a Nord di Madrid, rimase irrisolta.
Scavata nel durissimo marmo della Meseta iberica tra il 1940 e il 1958, è una basilica monumento in onore della Santa Croce che custodisce i resti delle vittime della Guerra Civile. Nelle giornate limpide la croce, poggiata su un basamento di 25 metri e che ha un’altezza di 150 e un’estensione delle braccia di 46, si vede chiaramente dal Madrid. Qui Franco nei primi anni Quaranta, ordinò la sepoltura di José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange Spagnola, ucciso durante lo scontro con i Repubblicani, ma, in seguito, divenne luogo di riposo di 33.872 soldati degli opposti schieramenti, Nazionalisti e Repubblicani che tra il 1936 e il 1939 si sterminarono nella guerra fratricida.
Fino al 2004, ogni 20 di novembre, c’era la commemorazione della morte di Franco con una messa in sua memoria nella Basilica della Santa Croce. Con la legge sulla Memoria approvata nel 2007 dal Congresso spagnolo, la Commissione costituzionale, creata per decidere ciò che doveva restare e ciò che doveva essere cancellato dal mausoleo, dalle città e dai libri di storia riguardo la Guerra Civile, si decise di vietare ogni commemorazione fascista e antifranchista, depoliticizzando il luogo che da anni richiamava numerosissimi nostalgici franchisti assieme ai curiosi. Spesso, in passato, i sostenitori delle due contrapposte ideologie e verità, si erano scornati ed erano volate sberle, in un luogo che ora dovrebbe essere dedicato soltanto al culto della Chiesa sacro romana.
Alla fine degli anni Novanta, per tentare una prima depoliticizzazione di quell’ammasso di ossa umane e granito, e impedire il miscuglio di culto politico e religioso, si pensò di introdurre un biglietto d’ingresso a pagamento. Idea bocciata. Fu il governo di centrodestra di Mariano Rajoy a imporre il biglietto: 9 euro per gli adulti e 4 per ex combattenti e bambini fino a 8 anni. E dai 100mila visitatori l’anno del 2009, ora sono 700mila che visitano l’enorme recinto e la Basilica della Santa Croce, dichiarati Patrimonio Nazionale negli anni Ottanta. Un monumento che rende oltre sei milioni l’anno. Un bell’introito per le casse sempre bisognose e dispendiose della Comunità madrilena che gestisce il mausoleo. Le spese di gestione sono poche, benché ogni tanto si stacchi qualche blocchetto di marmo dal basamento della croce.
Della memoria di Franco, insomma, si è fatto un business che si vorrebbe anche ampliare, con buona pace della Memoria storica. L’hanno capito i deputati de Partido Popular che, la scorsa estate, mentre infuriava il dibattito se spostare dalla Basilica della Santa Croce Francisco Franco col suo de Rivera, non toccando, però, i resti dei combattenti, chiesero l’apertura di un bar caffè e di un negozio di souvenir. Una bestemmia.
I Socialisti dal 2017 vogliono riesumare i resti del Caudillo e restituirli ai suoi familiari che, all’inizio si sono opposti, ma poi hanno ceduto. Non è d’accordo, invece, la Chiesa che è proprietaria della Basilica, ma non del recinto, gestita dai padri benedettini, nel cui interno riposa Franco. Vogliono impedire ogni lavoro di riesumazione. Nessun osso è da toccare. Per la caffetteria, si vedrà.