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 2019  gennaio 31 Giovedì calendario

Cinque miliardi cinesi per il Venezuela

Xi Jinping rinnova l’appoggio politico ed economico a Nicolás Maduro. Obiettivo: assicurarsi il greggio del paese caraibico e rafforzare la presenza della Repubblica Popolare in America Latina, storico “cortile di casa” di Washington. di Giorgio Cuscito Nicolás Maduro, Xi Jinping, ARTICOLI, Cina, Venezuela, nuove vie della seta, Usa, Petrolio, America Latina, Asia-Pacifico Il Bollettino Imperiale è l’osservatorio di Limes dedicato all’analisi geopolitica della Cina e alle nuove vie della seta. Grazie al sostegno di TELT. Puoi seguirci su Facebook e Twitter.

La Cina ha promesso di sostenere il “percorso di sviluppo” del Venezuela, che è alle prese con una gravissima crisi economica e umanitaria. Dal 13 al 16 settembre, il presidente del paese caraibico Nicolás Maduro si è recato nella Repubblica Popolare, dove ha incassato l’appoggio morale ed economico dell’omologo cinese Xi Jinping.
Pechino sostiene Caracas per due motivi: attingere alle risorse petrolifere venezuelane e consolidare la sua influenza in America Latina in chiave anti-Usa.
Il Venezuela ospita le maggiori riserve conosciute di greggio, la cui esportazione è la colonna portante della sua economia. La Repubblica Popolare è invece il più grande importatore di petrolio e il terzo partner del paese caraibico in questo settore dopo Usa (storico avversario di Caracas) e India.
Maduro ha annunciato che destinerà alla Cina un milione di barili al giorno (più della metà della quantità attuale) e che in cambio Pechino investirà 5 miliardi di dollari in Venezuela prima della fine dell’anno. La promessa del presidente venezuelano è tuttavia ambiziosa, visto oggi che la produzione petrolifera del suo paese è inferiore a quella degli anni Ottanta.
Tra i 28 accordi economici siglati da Pechino e Caracas durante il vertice si evidenzia la vendita a una non specificata azienda cinese del 9.9% della compagnia petrolifera sino-venezuelana Sinovensa, di cui la China national petroleum corporation possiede già il 40%. La Repubblica Popolare trivellerà anche un giacimento presso Ayacucho nella cintura dell’Orinoco (Venezuela orientale) e finanzierà con 184 milioni di dollari la joint-venture petrolifera Petrozumano. (L’articolo prosegue dopo la carta di Laura Canali)
Carta di Laura Canali – 2017
Caracas userà il denaro cinese per fronteggiare il quinto anno consecutivo di recessione, l’iperinflazione, la crisi umanitaria e le tensioni politiche interne. Recentemente Maduro ha sviluppato un nuovo piano per favorire la ripresa economica tramite la creazione di una nuova moneta (il bolívar sovrano) e degli accordi per il rilancio della produzione petrolifera anche attraverso il settore privato. Nei confronti del presidente venezuelano persiste tuttavia una forma di resistenza armata, come ha confermato il fallito attentato nei suoi confronti avvenuto lo scorso agosto.
Dagli anni Duemila (quando Hugo Chávez guidava il regime di Caracas) a oggi, la Repubblica Popolare ha fornito al Venezuela aiuti per oltre 62 miliardi di dollari (più della metà di quelli destinati complessivamente all’America Latina) in cambio dell’ingresso nel settore petrolifero. Dodici dei diciassette prestiti elargiti riguardano infatti il settore energetico. Questa collaborazione ha permesso alla Repubblica Popolare di farsi strada anche in altri campi dell’economia venezuelana, tra cui quelli agricolo, militare, infrastrutturale e delle comunicazioni. Per conto di Caracas, Pechino ha mandato in orbita tre satelliti, di cui l’ultimo nel 2017.
La Cina ha cominciato a elargire prestiti di mole inferiore tre anni fa, dopo che il Venezuela ha chiesto di rinegoziare i termini per ripagare il debito accumulato. Probabilmente l’intento di Pechino era ridurre la sua esposizione all’andamento economico del paese latinoamericano. Lo scorso anno, l’azienda petrolifera Sinopec ha persino citato in giudizio l’omologa statale Petroleós de Venezuela (Pdvsa) per non aver adempiuto al contratto da 24 milioni di dollari firmato nel 2012.
È probabile che la fiducia rinnovata di Pechino verso Maduro sia legata – oltre alla sete di petrolio cinese – anche all’antagonismo tra Caracas e Washington e alle ambizioni della Repubblica Popolare in America Latina. Gli Stati Uniti pressano il Venezuela sul piano economico e politico con sanzioni ed esercitazioni militari. Allo stesso tempo, ne evitano il collasso continuando a comprarne il greggio. Trump ha persino ipotizzato un’invasione per rovesciare Maduro, ma gli apparati statunitensi hanno escluso questa eventualità nel timore di subire le conseguenze del collasso venezuelano.
Pechino vuole mettere radici nello storico “cortile di casa” degli Usa anche per scoraggiare Washington dall’intromettersi in quello cinese appoggiando Taiwan (che Pechino vorrebbe riconquistare) e alimentando le tensioni nel Mar Cinese Orientale e quello Meridionale. Per il controllo di queste acque, la Cina è in disputa con Giappone, Corea del Sud, Taiwan, Filippine, Vietnam, Indonesia e Brunei. Washington formalmente è neutrale, ma periodicamente smentisce le rivendicazioni cinesi conducendo operazioni per la libertà di navigazione (fonops) a largo delle isole artificiali costruite da Pechino negli arcipelaghi Paracel e Spratly.
Dal 2005 a oggi, la Cina ha fornito ai paesi dell’America Latina prestiti per 150 miliardi di dollari e ha consolidato i rapporti politici ed economici anche con Brasile, Argentina, Cile, Cuba, Ecuador, Bolivia. Pechino ha inoltre esteso al subcontinente i progetti infrastrutturali delle nuove vie della seta, iniziativa a guida cinese che originariamente riguardava solo l’Eurasia. Uruguay, Panama, Costa Rica e Trinidad e Tobago hanno già preso accordi con la Repubblica Popolare per diventare snodi della rotta marittima e il Venezuela ha espresso più volte la volontà di partecipare all’iniziativa.
Non è chiaro quanto Pechino si fidi del nuovo piano di Maduro per favorire la ripresa economica del suo paese. Ma il potenziamento dell’approvvigionamento del petrolio venezuelano e della propria presenza alle porte degli Usa sono ragioni più che valide per sostenere Caracas.