Giancarlo Perna per “la Verità”, 31 gennaio 2019
GIÙ LE MANI DA LINO BANFI - GIANCARLO PERNA: “È BASTATO CHE VENISSE ANNUNCIATA LA SUA NOMINA TRA I RAPPRESENTATI ITALIANI ALL'UNESCO PER FAR STRACCIARE LE VESTI AL MALMOSTOSO PARTITO TRASVERSALE DEI COSIDDETTI COLTI. EPPURE, IN PASSATO, PIÙ VOLTE DESTRA E SINISTRA GLI SI SONO INCHINATI SPERANDO PORTASSE VOTI…” -
Per alcuni giorni, sulla testa pelata del povero Lino Banfi si è abbattuta una bufera più grande di lui. Il comico ha fatto da punching ball tra populisti e competenti, i due gruppi sostitutivi di destra e sinistra da quando i gialloblù governano. Da un lato, i cavernicoli Luigi Di Maio e Matteo Salvini, dall' altro il Partito trasversale dei laureati che, inorriditi dal Paese caduto in mani sbagliate, ululano di dolore dalle stanze di Fi a quelle del Pd, dai giornaloni, dai salotti, dai boudoir.
È bastato che Di Maio annunciasse la nomina di Banfi tra i rappresentati italiani all' Unesco per provocare eviscerazioni nel club dei colti. Che c' azzecca - si sono chiesti affranti - un comico col tempio mondiale di scienze e cultura? Un disgraziéto che ha girato film come Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio e stupidéte consimili. Ma dove siamo arrivati, signora mia! E giù a stracciarsi le vesti sulla rozza insipienza di governanti che, come dice Emmanuel Macron, l'Italia non merita.
L'IMPROVVISO RACCAPRICCIO Insomma, è emerso che l'infelice Banfi, 82 anni, fino a ieri amatissimo nonno Libero, è un mentecatto di cui ci si vergogna. Il Foglio, che dei competenti è il trombettiere, è stato colto da raccapriccio. Ha lasciato il commento della nomina a un altro comico, Maurizio Milani, - ossia, vedetela fra voi -, evitando l'umiliazione alle firme di punta. Il Fatto quotidiano, che pure è schierato coi grillini, è entrato in paranoia.
A caldo, il dottor Marco Travaglio, direttore, ha ordinato la mazzolatura di Banfi al collaboratore, Umberto Rapetto, generale della Finanza. Il generale, con spiritosità militare - sogno o sono desto, datemi un pizzico - ha liquidato nonno Libero all'Unesco come prova della perdizione del mondo. Il giorno dopo, Travaglio ha fatto marcia indietro, incaricando Jacopo Fo della riabilitazione di Banfi. È un galantuomo all'altezza dell'Unesco ha sostenuto Fo, ingiungendo a tutti, compresa, si presume, la Fiamma gialla di casa, di chiedergli scusa. Perfino Giorgia Meloni, ragazza semplice e certamente estranea alla retorica dei competenti, è stata ridanciana.
Dando per scontato che Banfi possa essere preso impunemente a calci, ha raccontato che tutto nasceva da una topica di Di Maio, altro ignorantone. Il ministro - secondo la leader di Fdi - voleva designare il comico per l'Unicef, che si occupa di infanzia, ma, sbagliando per assonanza, ha detto Unesco per pura incompetenza.
È uno di punti più bassi della polemica politica perché ha travolto un innocente, Lino Banfi, del tutto estraneo all'ambiente. La cosa più simile al passante stecchito in uno scontro a fuoco tra bande rivali. A parte l'insopportabilità di contrapporre persone adulte, con una vita alle spalle, tra chi ha titoli accademici e chi, per peccati di gioventù o altro, non ne ha nessuno.
IL SUCCESSO DI NONNO LIBERO Banfi, nella commissione italiana dell' Unesco sarà uno dei 50 membri e sostituirà il defunto Folco Quilici. Quilici, grande reporter, ha guardato il mondo da dietro la cinepresa. Banfi, alla cinepresa, ci si è messo davanti. Lo ha fatto in 104 film, 28 sceneggiati, 26 varietà tv.
Perché mai non dovrebbe a priori fare bene alla commissione Unesco? Suo compito è segnalare i luoghi d'Italia degni di tutela e i «beni immateriali» da conservare. Banfi non è forse in grado di capire che le Dolomiti (luogo Unesco) sono una meraviglia dell'umanità e la pizza (bene Unesco) un cibo sibaritico specie dopo una nuotata a Capo Palinuro (luogo Unesco)? E allora? Anzi, ha già esibito un suo programma: affiancare alla pizza, orecchiette e ravioli. Auguri, Banfi.
L'aspetto più grottesco dell'attacco al comico è che, in fatto di benemerenze, era già tra i meglio piazzati d' Italia e nessuno aveva avuto da ridire. Dal 2001, è ambasciatore dell' Unicef. Ha svolto l' incarico con onore, facendo diversi viaggi di soccorso in Africa. Dal 1994, è Grande ufficiale dell' Ordine del merito della Repubblica italiana. Fu il Berlusca, appena giunto a Palazzo Chigi, a richiedere l'onorificenza all' allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, che lo accontentò all' istante.
Quattro anni dopo, è stato il premier Massimo D' Alema a insistere col medesimo Scalfaro per dare a Banfi la massima medaglia repubblicana: il Cavalierato di Gran Croce. Era il 1998, quando l' attore raggiunse lo zenit con la serie tv, Un medico in famiglia, nella parte di nonno Libero.
Cavalieri di Gran Croce sono scienziati, politici, ambasciatori, premi Nobel e Lino Banfi. Com' è che la politica pianta adesso questa grana? Pura incoerenza. In passato, destra e sinistra si sono inchinati a Banfi sperando che portasse voti. Ora, fanno lo stesso i successori populisti. È il loro turno. Gli sconfitti se ne facciano una ragione. Ma lascino in pace un benemerito cittadino, colpevole solo di far ridere, sia pure alla buona: «Porca putténa», «Ti spezzo i menischi», «Don't break my ball».
LA GIOVENTÙ DA BARBONE Pasquale Zagaria, classe 1936, nacque come povero cristo di modesta famiglia in quel di Andria (Bari). Fu messo in seminario, solo mezzo per mantenerlo agli studi. La carriera del prete gli fu però preclusa perché faceva troppo ridere. «Si sbellicavano anche se recitavo in parrocchia nei ruoli drammatici di San Pietro e Giuda», ha raccontato. A 18 anni, partì per Milano con una compagnia teatrale, poi si trasferì definitivamente a Roma. Prese il nome d' arte di Lino Banfi e dormiva nei vagoni coi barboni. Uno di loro, impietosito, gli chiese: «Ti sei operato di tonsille?». «No».
«Toglile che non servono. Così hai un letto e un pranzo assicurato in ospedale». Banfi lo fece davvero e passò qualche giorno in pace.
FEDELISSIMO ALLA MOGLIE Raggiunse il primo stadio di benessere negli anni Settanta con i film sexy. Lavorava con Mario Carotenuto e Alvaro Vitali, Edvige Fenech, Gloria Guida, Nadia Cassini. Fedele però alla moglie, Lucia Lagresta, che aveva conosciuta tredicenne, toccava - secondo copione - i seni di Edvige ma con distrazione. Al che fu richiamato: «Ahò, pare che stai a svita' n' a lampadina».
Un' altra volta, in una circostanza medica, un chirurgo gli si inginocchiò davanti: «Mi permetta di baciare la mano che ha toccato il sedere di Nadia Cassini». Tra i suoi capolavori, L'infermiera di notte e La moglie in bianco l' amante al pepe. Dagli anni Ottanta, la popolarità.
Lo diressero registi come Luciano Salce, Nanni Loy, Dino Risi, Antonello Falqui. Lavorò con Paolo Villaggio, Massimo Boldi, Christian De Sica. Impersonò Oronzo Canà, allenatore di pallone, nonno Libero, il commissario Zagaria. A Jesolo, un tratto del lungomare, porta il suo nome. È devoto di Padre Pio di cui porta in tasca l' immagine e conquista preti raccontando la barzelletta preferita del santo: «Muoiono due frati e arrivano in paradiso. San Pietro va dal Padreterno e dice: "Ci sono due cappuccini caldi caldi". Dio: "E chi li ha ordinati?"».
All' indomani delle dimissioni, papa Ratzinger lo ricevette nel ritiro di clausura per parlare con lui di nonno Libero. Tra gli ardenti desideri del Nostro, diventare giullare di papa Francesco, «così quando ha bisogno di sorridere, gli tiro su il morale». «Mi sento Lino di Mameli» Per concludere, Banfi ha una vita piena e felice. Quando Di Maio gli ha annunciato la nomina all' Unesco, ha commentato: «Mi sento Lino di Mameli». Che diritto hanno i malmostosi della politica di rovinargliela?