31 gennaio 2019
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Biografia di Stéphanie di Monaco
Stéphanie di Monaco (Stéphanie Marie Élisabeth Grimaldi), nata a Monaco il 1° febbraio 1965 (54 anni). Principessa di Monaco. Contessa di Polignac • Terzogenita del principe Ranieri III di Monaco (1923-2005) e della principessa Grace, l’ex attrice Grace Kelly (1929-1982); sorella minore di Caroline (nata nel 1957), divenuta per matrimonio principessa di Hannover, e di Albert (1958), divenuto alla morte del padre (6 aprile 2005) principe sovrano di Monaco con il nome di Alberto II. «“Avrei potuto picchiarla come un tamburo”, diceva Grace, “e non sarei riuscita a farle cambiare idea”. Certo il destino non le risparmia il dolore più grande. E conclude la sua prima vita, quella della spensieratezza: ha solo 17 anni quando la Rover, su cui viaggia con la madre, si schianta dopo un volo spaventoso. Seguono i sospetti, ad alimentare un trauma già schiacciante: guidava la principessina? Nel 2002, a vent’anni dalla tragedia, Stéphanie infine sbotta: “Sono stufa di essere considerata l’assassina di mia madre. Non mi sento colpevole perché non ho nulla da rimproverarmi. A parte il fatto di essere ancora qui, sopravvissuta al dramma”. Nella seconda vita la ferita diventa inquietudine, non solo sentimentale. Paul Belmondo, figlio dell’attore e gran bravo ragazzo, la sostiene nei giorni più bui. L’estate 1984 passa con Anthony Delon, rampollo di Alain. Poi è la volta dell’attore Rob Lowe e di Mario Oliver Jutard, divorziato e già nei guai per una storia di stupro. Intanto Stéphy disegna costumi da bagno, firma una linea di cosmetici e dichiara di voler fare la modella. Cambia ancora idea. E, nella stagione in cui si scopre cantante di successo con Ouragan, ama il discografico Ron Bloom. Con Jean-Yves Le Fur le nozze sembrano cosa fatta. Vengono annunciate nell’aprile 1990, salvo scoprire che il ragazzo ha pendenze giudiziarie e usa il nome dei Grimaldi per guadagnare appalti. […] In lei c’è una ripetizione dell’“errore”, e anche Daniel Ducruet, sua guardia del corpo, appartiene in fondo alla categoria di uomini sbagliati. Ma con lui, quello che poi sposerà e ripudierà per pubblico tradimento, Stéphanie prova la gioia più grande. “Se ho ritrovato me stessa”, dice, “lo devo al fatto di essere diventata mamma”. È la sua terza vita, la scoperta della maternità. Perfino Ranieri, pur detestando l’uomo della “piccola”, si arrende di fronte alla sua gioia. Sempre ha cercato di proteggerla: dai balordi, da chi approfittava di lei, dagli ambienti malsani e dalle tentazioni pericolose. Se la ricordano ancora, qui a Montecarlo, quando la notte frequentava il Jimmy’z: sigaretta in bocca, bicchiere di whisky in mano e via, in pista fino all’alba. Ma ora ci sono Louis (1992) e Pauline (1994). E chissà: se mai fosse avvenuto lo scandalo della spogliarellista, quella Fili che ingannò Ducruet e lo sedusse a bordo piscina, forse la famiglia avrebbe retto. “Sicuro”, […] confidò lui in un’intervista, “io e Stéphanie saremmo ancora sposati. Abbiamo passato insieme sette anni, dal 1989 al 1996; eravamo una coppia perfetta. Per me Stéphy cambiò: smise di cantare, di frequentare discoteche e di fumare. Quando sono arrivati i figli, smise anche di cercare emozioni forti come il parapendio”. E siamo alla quarta vita. Dopo la fine del matrimonio con Ducruet, la principessa inanella una nuova serie di amori: un’altra guardia del corpo (Jean Raymond Gottlieb, con cui avrà nel 1998 la figlia Camille), un maestro di sci (Boris Brun) e uno di tennis (Olivier Chosset), un barista (Pierre Falchetto), un domatore d’elefanti (Franco Knie), un maggiordomo (Richard Lucas), un altro marito (l’acrobata Adans Lopez Peres, nozze-lampo nel 2003), un croupier (Franck Brasseur). […] Scopriamo Stéphanie in topless, Stéphanie in carovana che fa vita da circo, Stéphanie che si ritira ad Auron, paesino di montagna dove si sente libera. Fino al 2005, quando muore l’adorato papà Ranieri e lei sembra sposare la tranquillità. “Ma no”, spiega, “è solo una coincidenza. Nel 2005 ho compiuto 40 anni: si comincia a pensare diversamente, si cresce, si può affrontare la quotidianità in un altro modo. Mio padre oggi mi direbbe: ‘Vai avanti, figlia mia’”. Si inaugura la sua quinta vita, quella dell’impegno. Non ha un compagno ufficiale. Nell’ultimo decennio, solo foto poco significative con l’atleta Jérémy Bottin e l’acrobata marocchino Mohamed Shaffik. Oltre che per il circo, Stéphanie è in prima linea nella lotta all’Aids con l’associazione Fight Aids Monaco. A Carpentras, in Francia, va spesso nella casa d’accoglienza per i malati. “Avevo amici che sono morti”, racconta, “e altri che vivono ai margini della società. Io sento che il mio ruolo di principessa è esserci per il prossimo, e credo davvero di aver trovato la mia strada. Da molto tempo vivo per quello che mi aspetto da me, e non in funzione di quello che gli altri pensano”» (Michela Auriti) • Sull’incidente automobilistico in cui il 14 settembre 1982 perse la vita la principessa Grace, e Stéphanie rimase gravemente ferita, ha fatto luce da ultimo il giornalista e scrittore Bertrand Tessier, autore della biografia Grace, la princesse déracinée (L’Archipel 2014). «Chi guidava era Grace. “Sì, ne sono sicuro”, dice. E ha in mano le prove, le mostra: il verbale dell’incidente e la foto, l’unica, dell’auto accartocciata sul fianco destro. No, non fu la diciassettenne Stéphanie al volante a provocare lo schianto. Piuttosto un malessere, un ictus rivelato poi dagli scanner, che fece perdere il controllo a Grace su quella maledetta curva e volare giù, nel vuoto, per quaranta metri. […] “Pochi lo sanno, ma ci fu una vera inchiesta”, dice. “Tutti pensano che il Principato mise ogni cosa a tacere, ma non è vero: l’incidente è avvenuto su territorio francese, e il capitano Roger Bencze fece un lavoro meticoloso, con rilievi e testimoni. Era ed è un ottimo agente. Ma era anche un gendarme, e i gendarmi non erano abituati a fare conferenze stampa. Dunque i risultati furono trasmessi ai suoi superiori, non ai giornalisti”. Bencze vide, verificò e scrisse tutto. La Rover, accartocciata, giaceva sul lato destro. “Per questo”, racconta Tessier, “la principessa Stéphanie uscì dalla porta sinistra, lato guidatore: era impossibile altrimenti venir fuori dall’auto”. Grace era stata scaraventata dietro. Giaceva riversa, “esangue”. Fu Bencze, e non il Principato, a ordinare di portar via subito l’auto: “Non volevo che diventasse un oggetto di curiosità, e poi era una prova importante”. E non ci fu nemmeno nessun sabotaggio, né nessun problema ai freni, come invece proprio il Principato volle far credere. L’auto fu esaminata prima da un esperto, Joel Anton, e poi da due ingegneri della Rover. Risultato: nessun guasto. Infine i testimoni chiave. Due. Il primo, il gendarme Frédéric Mouniama, all’epoca 24 anni, attraversò la strada a un passaggio pedonale all’altezza del villaggio della Turbie, alle 9 e 45. Ricorda tutto, perché la Rover si fermò per lasciarlo attraversare. A verbale: “Ho subito riconosciuto la principessa Grace e la principessa Stéphanie. Stéphanie era seduta lato passeggero, Grace al volante”. Mancano nove minuti allo schianto. Ma, poco dopo La Turbie, la Rover è raggiunta da un camionista, Yves Phily, secondo testimone. Sarà l’unico a vedere l’incidente. Ancora a verbale: “Ho visto prima l’auto sbandare, sfiorando le rocce a sinistra. Ho rallentato, ho suonato il clacson, avevo l’impressione che chi guidava avesse avuto un colpo di sonno o un malore. A venti metri c’è una curva a gomito, ho visto l’auto accelerare, non ha mai frenato… e poi l’ho vista volare giù, letteralmente”. Quando le voci su Stéphanie al volante cominciano a circolare, Bencze torna sul posto. Ripercorre con il camionista la strada tra la Turbie, dove Grace era stata vista al volante, e il luogo in cui lui aveva raggiunto l’auto. Le due donne potevano aver cambiato posto prima: “Impossibile”, dice l’ex capitano. “Abbiamo ripercorso quel tratto della D37, non ci sono posti per accostare”. A Monaco, lo scanner del cervello di Grace rivelerà due lesioni: una, quella mortale, post-traumatica, causata dall’impatto. E un’altra, più piccola, più profonda, probabilmente responsabile di una breve perdita di coscienza. “Su un rettilineo”, dice Tessier, “forse non sarebbe successo niente, magari l’auto sarebbe finita fuori strada. Grace guidava sempre piano. I figli dicevano che con lei era meglio andare a piedi. Il fatto che sia stata raggiunta da un camionista lo conferma. Ma davanti a lei c’era quella curva, la stessa su cui aveva girato la scena memorabile di Caccia al ladro. Il destino”» (Francesca Pierantozzi) • Ha dichiarato di occuparsi personalmente dei figli e delle faccende domestiche. «Faccio la spesa, passo l’aspirapolvere, stiro, faccio lavatrici, riparo quello che serve e, soprattutto, cucino, per la “gioia” dei miei figli!» • Vari tatuaggi, «fra cui l’iniziale del suo nome sulla schiena, due delfini sul piede e un braccialetto floreale al polso destro» (Simona Marchetti) • «Tempo fa si regalò un seno più voluminoso, ma lasciò che l’età si disegnasse sul suo viso» (Auriti) • Grande passione per il circo, trasmessale dal padre, alla cui morte ha ereditato la carica di presidente del Festival internazionale del circo di Monte Carlo, fondato nel 1974 dallo stesso Ranieri III. Stéphanie, inoltre, «ha sperimentato fino in fondo la vita da circense nel 2001, quando in roulotte ha girato per tutta l’Europa al seguito del compagno, il domatore di elefanti Franco Knie. Per poi sposare, pochi anni dopo, Adans Lopez Peres, artista di circo portoghese. Inoltre la principessa, che oggi condivide quest’amore con la figlia Pauline, possiede due elefanti, Baby e Nepal, salvati dall’essere abbattuti da un circo di Lione perché ritenuti “malati”, che vivono nella tenuta reale di Roc Agel. […] La principessa è stanca di ricevere ogni anno, prima dell’inizio del Festival, minacce di morte o mail in cui viene definita “criminale”, solo perché a favore degli spettacoli circensi con animali. […] “È arrivato il momento di agire! Non tutti gli animali da circo sono infelici”, ha dichiarato, […] annunciando il lancio di una petizione che chieda all’Unesco di designare formalmente il circo tradizionale come “patrimonio dell’umanità”. […] “Il circo è nato con gli animali, i cavalli all’inizio”, ha aggiunto. “Fa parte del nostro patrimonio culturale. Gli animali, i pagliacci e gli acrobati sono un tutt’uno”. Secondo Stéphanie, gli spettacoli andrebbero ampliati e c’è bisogno di una regolamentazione più severa, ma chi critica non conosce realmente le condizioni di vita degli animali: “Criticare il circo è diventata una moda”, ha spiegato, “È come essere vegetariani, o vegani”. […] “È arrivato il momento di far qualcosa: il circo va tutelato, così come i suoi animali”» (Stefania Saltalamacchia). «“Il circo, la forza ce l’ha dentro. Perché è il solo posto in cui non è possibile mentire. Ogni sera devi mostrare quello che sai fare davvero, prendendoti a volte anche dei rischi. Il circo è professionalità, fatica, sudore. È verità. Ma soprattutto è generosità: la generosità della gente del circo, che dona sé stessa agli altri per regalare dei sogni. Credo sia proprio questa generosità da condividere con gli altri a far andare avanti il circo”. […] “Ho conosciuto e frequentato molte famiglie di circo, e per due anni ho anche vissuto in un circo, al Knie. Émilien Bouglione, per fare un esempio, era molto amico di mio papà, e Joseph è come se fosse mio cugino. Con molti artisti, come Geraldine Knie, si può dire che siamo cresciuti assieme. È come se fossimo parenti, e ogni volta che ci si ritrova è come se non ci fossimo mai lasciati. Quello che mi piace è il sentimento di sentirsi davvero una famiglia. Per me è un grande onore sentirmi dire dalla gente del circo che appartengo alla grande famiglia del circo. È qualcosa che mi tocca profondamente”» (a Roberto Bianchin e Alessandro Serena) • Numerose le attività intraprese nel corso degli anni, con più o meno fortuna a seconda dei casi. Dapprima «si dedicò alla moda creando una linea di costumi e profumi, poi nel 1986 aprì a Monaco un negozio di abbigliamento […] e un bar. È proprio nel 1986 che inizia la sua carriera di cantante. La musica dance degli anni ’80 imperversa in quel periodo, così Stéphanie pubblica il suo primo singolo, Ouragan. Inizialmente la canzone doveva essere affidata alla cantante francese Jeanne Mas, che però rifiutò, così i produttori pensarono di provare con la bella principessina di Monaco. Il successo è immediato: il nuovo singolo Ouragan entra nelle classifiche europee di molti Paesi, tra cui anche l’Italia. In Francia rimane in testa alle classifiche per ben 3 mesi. Consensi anche in Svizzera e Germania, dove raggiunge la seconda posizione in classifica. Diventa addirittura disco di platino, con 1 milione di copie vendute in Francia e quasi 2 milioni in tutto il mondo. Inizialmente non viene creato un videoclip, perché non ci si aspetta un grande successo: ma alla fine un video della canzone viene realizzato sull’isola di Mauritius, dove vediamo Stephanie a bordo della Rolls Royce del padre. Nel video la principessa viene inseguita da un misterioso uomo con il cappello, che si rivelerà essere l’alter ego mascolino della stessa Stéphanie. Sempre nel 1986 esce Irresistible, la versione inglese di Ouragan, e Flash, altra canzone che ottiene successo soprattutto in Francia. Seguono altri singoli, ma vale la pena ricordare che nel 1991 Michael Jackson convoca la principessa per farle recitare i versi iniziali della canzone In the Closet, che sarà il terzo singolo estratto dall’album Dangerous. Molti artisti, negli anni successivi, ricanteranno Ouragan facendone delle cover, tra cui anche un cantante giapponese» (Matteo Redigolo) • «L’etichetta di ribelle le viene attaccata addosso, “ma io non penso di esserlo stata. Ho vissuto come una donna del mio tempo, in ogni stagione della vita. Solo che la mia era pubblica”. E ancora: “Ho corso, in senso fisico e morale, perché ho rischiato di perdere ogni cosa. Ecco perché cercavo di fare tutto. Mi sono resa conto che con uno schiocco di dita ci si può smarrire per sempre. E che l’importanza della vita sta nell’averla ancora”. I sensi di colpa, l’irrequietezza che è fragilità. Forse, come disse lo psicanalista francese Georges Escribano, “un senso di inadeguatezza al ruolo le impedisce di relazionarsi con persone del suo stesso rango”. […] La “principessa che voleva essere se stessa”, in passato penalizzata dai confronti con la perfetta Caroline, risponde anche alle voci di attriti: “Siamo diverse, ognuna con una sua visione del mondo. Ma ci amiamo e stimiamo, e non c’è ragione per cui non debba essere così”» (Auriti). «Precisiamo: le “avventure amorose occasionali” sono spesso state il frutto di chiacchiere senza fondamento. Ho avuto molti più rapporti di amicizia che d’amore. Tante persone non hanno mai voluto capire che potevo avere degli amici uomini anche senza avere rapporti sessuali con loro. Tutto questo ha rovinato le belle amicizie che avevo con molti uomini: non volevano essere associati a quell’immagine, per paura di perdere la loro compagna o di ritrovarsi in prima pagina sui giornali scandalistici. Hanno infangato sia me che il mio entourage. È stata una grande sofferenza. Perché mi hanno attribuito una reputazione del genere? Non sono una che va a letto con tutti. Quando mi piace qualcuno, sono molto espansiva. Fare una carezza a un amico o appoggiargli la testa sulla spalla non significa che la sera finirò nel suo letto». «A tutte coloro che da bambine sognavano di essere una principessa vorrei dire: prendete il mio posto per due secondi. Non avere un attimo di intimità, girare con dei teleobiettivi perennemente puntati su di voi, dover cambiare modo di vivere in funzione dello scandalo che potrebbe abbattersi sulla vostra testa… Credetemi, non è divertente vivere così ogni giorno. Io sono la figlia di mio padre: tutto qui».