La Stampa, 30 gennaio 2019
Il supercomputer è super-bello
Madhu Matta parla veloce, velocissimo. E a un certo punto, inoltrandosi nel labirinto del nostro Dna, esibisce un calcolo vertiginoso. «Se pensiamo ai 6 miliardi di combinazioni delle 4 basi del Genoma e le moltiplichiamo per le circa 20 mila presunte alterazioni genetiche legate ai tumori, raggiungiamo la cifra di 120 mila miliardi».
Numeri detti tutti di un fiato, da far venire il mal di testa, ma perfetti per un supercomputer. Da elaborare, digerire e poi trasformare in dati utilizzabili. Per esempio per i ricercatori, che altrimenti si perderebbero nelle trappole del nostro «libretto della vita». Il supercomputer è la creatura che sta raccontando Matta, vice presidente della Lenovo, la società che questo mostro di calcolo ha installato a Barcellona, nel luogo più impensabile.
MareNostrum4 - questo il nome - si trova in una chiesa sconsacrata degli Anni 40 del 900, all’interno del campus dell’Università Politecnica della Catalogna. Sigillato in un cubo di vetro, è da record. Nelle lista dei top 25 mondiali, intreccia potenza ed estetica. Considerato il «Data Center più bello del mondo» (basta vedere qualche foto), ha una capacità di 11,1 petaflops. Tradotto in termini comprensibili, significa oltre 11 milioni di miliardi di operazioni ogni secondo.
Ideali, appunto, per muoversi con agilità nei panorami cangianti del Dna ed esplorare le realtà del mondo iper-complesso: modelli climatici, per esempio, oppure studi sulle interazioni delle proteine o, ancora, simulazioni finanziarie e anche sofisticate analisi governative. Questo e altro, in connessione con le reti dell’Intelligenza Artificiale, sotto l’ombrello di ciò che gli specialisti definiscono «Hpc», acronimo di «High performance computing», calcolo ad elevate prestazioni. Prestazioni elevatissime, in realtà, con le quali buttarsi a fare ricerche altrimenti impossibili. E infatti MareNostrum4 è il cuore - assai rumoroso, quando si accede nel cubo trasparente e ci si ritrova al suo cospetto - del «Barcelona Supercomputing Center», un laboratorio gestito da 600 specialisti di una quarantina di nazioni: in quel luogo di meraviglie possono accedere liberamente gli scienziati e dare sfogo alla loro volontà di sapere.
C’è chi lavora in remoto e chi viene a Barcellona, attratto anche dal richiamo del luogo. Molto si è detto - com’era inevitabile - di questa fenomenale associazione tra un ex luogo di culto, dedicato al Dio cristiano, e l’incarnazione di ciò che può essere considerata la Divinità contemporanea, vale a dire un computer super. Ma - spiega, impassibile, il direttore del centro, Sergio Girona - le simbologie alla Dan Brown contano poco. E si sfarinano davanti alla ferrea logica degli ingegneri. Quando, qualche anno fa, si cercò un indirizzo adatto alla macchina, i calcoli (sempre loro) rivelarono che la scelta ideale era proprio la chiesa, la Torre Girona (che, guarda caso, porta lo stesso nome del direttore): uno spazio di oltre 600 metri quadrati e in grado di reggere un peso di 44 tonnellate.
Ora funziona a pieno regime e prosegue la sua gara, che è uno sprint ma anche una maratona, tra i grandi del super-calcolo. Un giorno non lontano arriverà un’ulteriore generazione di MareNostrum e dai petaflops si passerà agli exaflops. Matta li descrive così: «In un secondo si potranno eseguire operazioni che a tutta l’umanità richiederebbero almeno un paio di mesi».