la Repubblica, 30 gennaio 2019
Il mullah talebano che può riportare la pace a Kabul
LAHORE (PAKISTAN) Il 28 gennaio i talebani hanno nominato capo negoziatore nei colloqui di pace con gli Stati Uniti in corso in Qatar il mullah Abdul Ghani Baradar, cofondatore del movimento insieme al mullah Mohammad Omar nel 1993. Nominato anche vice del capo talebano Mawlawi Haibatullah Akhundzada, Baradar dovrebbe partire presto per Doha per unirsi ai colloqui di pace con l’incaricato americano Zalmay Khalilzad.
Tra i Talebani, Baradar è riverito come un leader militare carismatico, un personaggio profondamente religioso che riflette ancora le origini del movimento talebano degli inizi, quando fu fondato alla metà degli anni Novanta per porre fine alla guerra civile afgana e agli scontri tra i signori della guerra.
Baradar è stato il primo leader talebano di spicco a comprendere l’inutilità e lo spreco della guerra e nel 2009 si impegnò in colloqui di pace segreti con il governo afgano del presidente Hamid Karzai e indirettamente con gli Stati Uniti e le forze della Nato.
Il Pakistan, a quei tempi il principale sostenitore dei Talebani, fece arenare quei tentativi di negoziato arrestando Baradar nel febbraio 2010 a Karachi e rendendo noti i nomi degli interlocutori. Con il suo arresto, Islamabad volle recapitare un duro messaggio ai Talebani e al governo afgano: non dovevano lasciarsi coinvolgere in processi politici in contraddizione con la sua politica in Afghanistan.
L’arresto di Baradar sfociò in un forte antagonismo tra Kabul e Islamabad e indignò profondamente i Talebani che in Baradar riverivano uno dei loro capi fondatori. In seguito alle pressioni di Stati Uniti e Qatar, nell’ottobre scorso il Pakistan ha liberato Baradar dopo otto anni mezzo di reclusione.
Adesso Baradar si trova in Pakistan per sottoporsi a terapie mediche. La sua liberazione e la successiva ascesa a capo negoziatore hanno alimentato le speranze relative all’atteggiamento dei pachistani nei confronti del processo di pace, e l’antipatia che il suo esercito nutriva per i capi talebani alla ricerca di un accordo di pace è comprensibilmente cambiata.Il Pakistan è stato isolato politicamente nella regione per la sua ostilità a porre fine alla guerra in Afghanistan. Oltretutto, i danni arrecati dai Talebani pachistani, un insieme di gruppi jihadisti che colpiscono con attentati mirati in Pakistan e si ritirano poi in Afghanistan, hanno modificato i calcoli di Islamabad. I colloqui in corso tra americani e talebani finora hanno messo in chiaro che questi ultimi non dovranno più sostenere né offrire rifugio ai gruppi terroristi estranei all’Afghanistan.
A parte il sostegno del Pakistan alla missione di Khalilzad, lo status di Baradar nel movimento talebano è sufficiente di suo a dare impulso alle chance di un accordo di pace.
Ho conosciuto Baradar alla fine degli anni Novanta, dopo che i Talebani avevano conquistato Kabul. Era stato governatore della provincia di Herat, ed era viceministro della difesa per i talebani quando il gruppo fu sconfitto nel 2001.
Baradar era un moderato sulle questioni sociali e sosteneva la necessità di mantenere relazioni con l’Occidente e i vicini dell’Afghanistan. I Talebani della linea dura sotto l’influenza di Osama bin Laden avevano costretto le agenzie umanitarie occidentali ad abbandonare l’Afghanistan, e il Paese stava precipitando in una grave carestia e una crisi economica. Baradar si disse contrario all’idea di isolare l’Afghanistan e tagliare tutti gli aiuti. Benché si sia opposto alla presenza di bin Laden in Afghanistan dopo che il mullah Omar gli dette ospitalità nel 1996, una volta caduto il loro regime Baradar è rimasto vicino al mullah Omar a Kandahar.
Grazie al suo impeccabile record di servizio a beneficio della causa talebana, nessun altro capo potrebbe contraddire Baradar se e quando dovesse prendere decisioni in vista di un accordo di pace.
Verosimilmente, è anche il personaggio più in grado di fare accettare la pace ai comandanti talebani più combattivi, propensi a continuare a combattere e desiderosi di dichiarare una vittoria completa e di imporre la Sharia a tutto il paese come già fecero negli anni Novanta.
Gli Stati Uniti trarranno beneficio dalla sua presenza ai colloqui in Qatar, visto che Khalilzad e i suoi colleghi potranno interloquire con un leader talebano illustre e di alto livello, in grado di prendere decisioni.
(Traduzione di Anna Bissanti)
©2019 The New York Times