la Repubblica, 30 gennaio 2019
La ricetta di Tsipras per riconquistare la Grecia
Alexis Tsipras gioca la carta dell’addio all’austerity e del ritorno alle origini – alias fare “qualcosa di sinistra” – per ribaltare i sondaggi e riportare al successo Syriza alle elezioni elleniche d’autunno. L’accordo con Skopje sulla Macedonia, firmato malgrado il parere contrario del 65% dei greci, è l’ultimo pedaggio pagato (volentieri) alla Ue e alle istituzioni internazionali. Atene è uscita dal commissariamento della Troika, il governo ha riconquistato sovranità economica e Tsipras – dopo essere stato costretto a seguire per tre anni i diktat dei creditori – ha rilanciato alcune delle riforme “sociali” promesse nelle ultime campagne elettorali: a fine 2018 ha girato alle famiglie meno abbienti un “bonus natalizio” di 710 milioni, poi ha bloccato le aste sulle prime case pignorate dalle banche e ridotto l’Enfia, l’Imu locale. A gennaio ha ottenuto dalla Ue l’ok alla cancellazione dell’ennesimo taglio – sarebbe stato il quattordicesimo – delle pensioni. Nelle ultime 24 ore ha messo assieme un uno-due fino a pochi mesi fa impensabile: ha alzato da 585 a 650 euro al mese lo stipendio minimo (tagliato del 22% nel 2012 su richiesta della Troika) e ha riportato la Grecia sui mercati finanziari con un’emissione di 5 miliardi di bond a cinque anni che ha riscosso grande successo – Atene ha ricevuto offerte per 10 miliardi – e confermato che il Paese è in grado di camminare sulle sue gambe senza “aiutini” esterni. La strada per Tsipras resta comunque in salita. I sondaggi danno Syriza in ritardo di una decina di punti rispetto al centrodestra di Nea Demokratia.
La scommessa del premier è chiara: l’austerity, è il messaggio, è alle spalle. E il rilancio del manifesto sociale del partito – lui ne è convinto – consentirà un’altra volta di ribaltare i pronostici quando si voterà. Il ritocco all’insù dello stipendio minimo è un passaggio chiave di questo percorso: «Massacrare i lavoratori non è la strada giusta per sostenere economia e crescita – ha spiegato ieri al comitato centrale del partito —. Anzi, è stata spesso l’anticamera della bancarotta». Per questo il governo ha già provveduto a reintrodurre i contratti di lavoro collettivi e annovera tra i suoi successi la riduzione del lavoro nero dal 20% al 9% e il calo della disoccupazione, dal 27% di tre anni fa al 18,3% attuale. Tutti risultati portati a casa aumentando a dismisura la pressione fiscale, accusa Kiryakos Mitsotakis, leader dell’opposizione di Nd.
Il dibattito in aula per l’ok all’intesa sulla Macedonia ha scoperto l’altro jolly di Tsipras in vista delle elezioni. L’improbabile asse tra Syriza e i nazionalisti di destra di Anel (contrari all’accordo) che dal 2015 ha garantito una maggioranza al paese è saltato. I “sì” che hanno consentito al primo ministro di ottenere il via libera sono arrivati invece da quel centrosinistra che ancora non ha trovato una sua ricomposizione dalla scomparsa dei socialisti del Pasok. Se questa apertura verso il centro abbinata alle politiche di sinistra funzionerà si vedrà alle elezioni.
Tsipras, al limite, ha sempre pronto un piano “B”: l’Europa. Dove il pragmatismo nella gestione dell’austerity e della questione Macedonia gli ha fatto guadagnare alleati (Angela Merkel in primis) e dove – nell’era dei sovranismi – alla sinistra mancano autorevoli figure di riferimento.