Alessandro Da Rold per “la Verità”, 30 gennaio 2019
SALVINI HA UN PROBLEMA E SI CHIAMA BEPPE SALA - DIETRO LO SCONTRO TRA IL VICEPREMIER E IL SINDACO, CHE NON HA MAI ABBANDONATO L'IDEA DI DIVENTARE UN LEADER NAZIONALE, C'È IL CONTROLLO DI MILANO (DOVE LA LEGA NON RIESCE A SFONDARE NEI SONDAGGI) E I RAPPORTI DI FORZA ALL'INTERNO DELLA LEGA, VISTO CHE SALA HA UN OTTIMO RAPPORTO CON GIORGETTI, FONTANA E ZAIA -
Matteo Salvini ha un problema che si chiama Milano. La città dove è nato il vicepremier e ministro dell' Interno appare sempre di più l'ultimo avamposto del centrosinistra, o di qualcosa di simile, opposto al vento sovranista gialloblù di governo, capoluogo lombardo dove il segretario della Lega non riesce a sfondare nei sondaggi come nel resto d' Italia.
A confermarlo sono i dati Ipsos pubblicati ieri dal Corriere della Sera. I numeri parlano chiaro e dicono che, sotto la Madonnina, Salvini aumenta i suoi consensi rispetto alle politiche dello scorso anno (la Lega passa al 17 al 36%), ma il gradimento è in aumento anche per il primo cittadino Beppe Sala (dal 58 al 63%), politico anomalo in questa Italia a trazione sovranista, perché non iscritto al Pd e comunque non riconducibile agli altri partiti di opposizione.
Che Milano sia un problema per Salvini lo si è capito sabato scorso, quando il leader leghista ha iniziato a incalzare Sala sull'aumento del biglietto Atm e sul fatto che presto la Lega lancerà il suo assalto a Palazzo Marino: il mandato scade nel 2021. Per di più gli affondi del vicepremier contro il sindaco sono risuonati come un campanello d'allarme in Regione Lombardia, dove la giunta del governatore Attilio Fontana sembra troppo spesso rincorrere Sala soprattutto sul piano comunicativo.
Anzi, a sentire gli spifferi del palazzo della Regione, le parole del Capitano avevano proprio l'obiettivo di scuotere una comunicazione troppo blanda, sempre un passo indietro rispetto a quella comunale, su cultura, infrastrutture e anche la candidatura per le Olimpiadi invernali del 2026. Quest'ultimo è un argomento spinoso in questi giorni a Milano. Si parla diffusamente di un tentativo da parte di Francia e Germania di condizionare i membri del Cio per appoggiare la candidatura di Stoccolma.
Ma dalle parti di piazza della Scala c'è chi è convinto che se il 24 giugno fosse scelta Milano-Cortina questo potrebbe essere l'ennesimo assist per Beppe Sala, già uscito vincente dall' esperienza di Expo 2015: con tutta probabilità i milanesi si affiderebbero ancora a lui per altri cinque anni.
Salvini farà il possibile per vincere le Olimpiadi? Ieri Luca Zaia, governatore leghista del Veneto, sempre sul Corriere della Sera buttava acqua sul fuoco: «La verità», spiegava il presidente, «è che noi non dobbiamo perdere tempo in chiacchiere, ma organizzare un bel roadshow per spiegare un dossier importante come il nostro. Dopodiché, i voti dei delegati si guadagnano a uno a uno, con le relazioni personali e con la conoscenza delle persone».
Eppure di dissidi ce ne sono molti. Senza contare che la classe dirigente del Nord resta sempre scettica nei confronti del Movimento 5 stelle, da sempre contrario alle Olimpiadi milanesi e ancora scottati per la mancata candidatura di Torino. Tra Lombardia e Veneto si aspettano poi i decreti attuati sul federalismo fiscale, vero giro di boa per quel profondo elettorato nordista che non vede di buon occhio neppure il reddito di cittadinanza grillino. In sostanza nel dietro le quinte dello scontro tra Sala e Salvini c'è molto di più di un rincaro del biglietto dei mezzi pubblici.
C'è forse anche il futuro della politica italiana, dal momento che chi ha che fare ogni giorno con il sindaco, ha perfettamente capito che l'idea di diventare un leader nazionale non è stata affatto abbandonata. Anzi. A questo si aggiunge che sempre Sala è l'uomo del dialogo con la Lega del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti e dei governatori, colpirlo significa toccare i fili del sistema che in questo momento si regge nella parte settentrionale dell' Italia. Siamo alla vigilia di nomine importanti, come quella del presidente di Intesa Sanpaolo e di fondazione Cariplo, argomenti che tengono banco ogni giorno nei salotti meneghini.
Milano resta un problema per il leader leghista perché per vincere qui nel 2021 servirà un nome di un moderato e con tutta probabilità l'accordo con quello che resta della Forza Italia di Silvio Berlusconi. Servono i voti dei moderati, quelli di centro, in una città dove +Europa di Emma Bonino ha portato a casa l' 8% alle ultime politiche. In pratica si tratta di uno schema opposto a quello del governo attuale, senza dimenticare che i grillini nel capoluogo lombardo non sono mai andati bene dal punto di vista elettorale (10% alle comunali) e i sondaggi non li rilevano.
Mancano due anni alle elezioni, ma in via Bellerio si interrogano su chi candidare. Di nomi spendibili al momento non ce ne sono. Sempre che non voglia candidarsi lo stesso Salvini che ha sempre sognato il ruolo di primo cittadino. Prima ci sono da vincere le europee e cambiare l' Europa. Poi si vedrà.