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 2019  gennaio 30 Mercoledì calendario

GRILLO FU: L’HANNO FATTO FUORI DAL MOVIMENTO - RONCONE: “È INUTILE GIRARCI INTORNO: NON LO CHIAMANO E NON LO INCONTRANO PIÙ. NON HANNO BISOGNO DEL SUO PARERE. SONO AL GOVERNO E DECIDONO DA SOLI - GRILLO AVEVA IMMAGINATO UN MODO DIVERSO DI STARE AL GOVERNO. NON GLI PIACCIONO LE CORTI CREATE NEI MINISTERI, L'OCCUPAZIONE DELLA RAI, LA VOGLIA DI POTERE E L'ALLEANZA CON LA LEGA. NESSUNO È IN GRADO DI DIRE CHE EVOLUZIONE PUÒ AVERE LA SITUAZIONE. MA MAGARI ROBERTO FICO UN’IDEUZZA PUO’ AVERLA…” -

La notizia su Beppe Grillo è questa: l'hanno fatto fuori dal Movimento 5 Stelle. È inutile girarci intorno: fuori, l'hanno fatto fuori. Non lo chiamano più. Non lo incontrano più. Non hanno più bisogno del suo parere. Sono al governo: e decidono da soli. Quasi da soli. Capi e capetti, Di Maio e Di Battista, i ministri e molti sottosegretari, centinaia di parlamentari, portavoce, portaborse, nani e prestigiatori del grillismo, tutti fanno ormai riferimento a Davide Casaleggio. Soltanto a lui. È da mesi che va avanti così.

Certi processi sono lenti, faticosi, dolorosi. Specie per chi li subisce. Il comico visionario e spregiudicato, passionale e travolgente, che inventò il movimento a colpi di «vaffa», ha così ripreso a girare nei teatri d'Italia tornando al vero, antico mestiere: ma il suo animo è scosso da un miscuglio di incredulità e di malinconia. A prevalere, sempre più spesso, è il puro astio. È dura da accettare, si capisce. È dura se prima per ogni sciocchezza ti chiamavano.

Beppe, che dici? Beppe, come facciamo? Beppe, mi vuoi bene? Adesso è dentro la solitudine della suite che affitta all' hotel Forum, quando scende a Roma. C'era la fila, appena un anno fa. Di Maio, il primo ad arrivare. Di Battista, di solito, l'ultimo (ma per fare passerella davanti ai fotografi: in jeans, camminata ciondolante, piacionesca, e il casco in mano, e poi i basettoni, guardatemi i basettoni). Salivano su a rubare idee, prendere ordini, implorare benedizioni dall' Elevato.

Al brindisi dell'ultimo Natale, però, quattro gatti. Veloci come gatti («Scusate, giusto un attimo», disse - con imbarazzo - il ministro Riccardo Fraccaro). Assenti Di Maio, Bonafede, Toninelli: e Dibba che intanto si collegava su Facebook da un punto imprecisato del Chiapas (tipo subcomandante Marcos, però senza passamontagna), e mai, mai una volta che nominasse Grillo. Niente. Zero. Dimenticato. Grillo ha avuto un mucchio di segnali.

L'8 dicembre, a Roma, va alla fiera dei piccoli editori, «Più libri più liberi», e presenta il romanzo «Palermo connection», scritto dalla sua amica Petra Reski, una giornalista tedesca: in platea, l'unico grillino, è un consigliere circoscrizionale. Un'umiliazione seccante, ma davvero niente, rispetto a ciò che è costretto a subire al Circo Massimo, per la seconda edizione di Italia a 5 Stelle.

Lì, gli contingentano addirittura il tempo. Melliflui: «Allora, Beppe: chiudi tu, un'oretta e via». La concessione di un'oretta al grandioso fondatore che, quattro anni prima, proprio lì era stato protagonista assoluto, salendo magnifico su una gru, e da lassù gridando ai cronisti: «Siete dei fantasmi, cadaveri che camminano, servi dei padroni, miserabili lombrichi destinati all'estinzione».

Invece stavolta un'oretta di show e, quando finisce, i cronisti subito avvertiti, con grande cortesia, da Rocco Casalino: «Ciò che Grillo ha detto sul Presidente Mattarella, ovviamente, è solo il pensiero di Grillo, non quello del Movimento». Ecco, appunto. Non hanno più bisogno del suo modo di fare politica. Sono al governo. Governano. Grillo l'ha confessato l'altra sera a Milano, sul palco del teatro Dal Verme: «Vivo un momento di difficoltà. L'ho sempre menata ai politici, ma adesso che siamo al governo, che faccio?».

La verità è che aveva immaginato un modo diverso di stare al governo. Non gli piacciono le corti che subito sono state create nei ministeri, con le assunzioni di amici e amici degli amici. Non gli piace l'occupazione della Rai, la voglia di potere, la conquista del potere. Non gli è mai piaciuta, soprattutto, l'alleanza con la Lega.

Con Matteo Salvini. La battuta preferita, nei suoi show, è questa: «No, scusate: ma la mamma di Salvini, quella sera, non poteva prendere la pillola?». Ogni tanto, sul suo blog, prova ancora a dare la linea: su Tav ed eco-tasse. Provoca appoggiando Burioni. Ma Di Maio e gli altri lo ignorano. Anzi: se possono, cercano di oscurarlo.

Come a Capodanno: era tradizione il «controdiscorso» di Grillo in parallelo a quello del Capo dello Stato, invece quest'anno ne hanno registrato uno pure Di Maio e Di Battista (il Che Guevara di Roma Nord passato intanto dalle spiagge del Guatemala alle piste da sci di Moena: una gran vita, francamente). O come il 7 gennaio: quando per decidere la campagna elettorale per le Europee si sono riuniti da soli Di Maio, Di Battista, Casalino, Dettori e la Virgulti. Più, ovviamente, Davide Casaleggio.

Al quale Grillo non riconosce niente di tutto ciò che lo legò invece profondamente al padre, Gianroberto. Ecco: la situazione è questa. E nessuno è in grado di dire che evoluzione può avere. Nessuno (cioè, no: magari Roberto Fico, un'ideuzza sua potrebbe forse avercela).