Corriere della Sera, 30 gennaio 2019
Le carte segrete di Verdi: «Si scrive bene solo d’un fiato»
«Per scrivere bene – affermava Verdi – occorre scrivere quasi d’un fiato, riservandosi poi d’accomodare». Il messaggio viene da una delle 5.434 pagine, divise in 17 buste, che fino a pochi anni fa stavano chiuse in un baule nella Casa di Sant’Agata di Giuseppe Verdi. Un baule da viaggio, costruito a Chicago dalla Marshall Field a fine Ottocento, passato in eredità alla famiglia Carrara-Verdi. Nel 2016 un gruppo di studiosi chiese che il contenuto fosse reso disponibile. Nel 2017 iniziò una complicata trattativa tra il ministero e gli eredi, non ancora conclusa – lo Stato ha avviato una procedura di espropriazione. Mentre Parma e Piacenza continuano il litigio su chi deve custodire le carte, il ministero ha affidato all’Istituto di Studi verdiano, diretto da Sandro Cappelletto, il compito di studiarle. E ieri pomeriggio, a Parma, l’Istituto, presentando il suo nuovo Annuario, ha rese note le prime indicazioni sul contenuto delle 5.434 pagine, con una relazione di Alessandra Carlotta Pellegrini.
I 16 faldoni dedicati ciascuno a un’opera, più un 17mo miscellaneo, contengono varianti, correzioni e qualche osservazione sulle opere, da Luisa Miller a Traviata, Rigoletto, Aida... Nulla sull’opera che non vide mai la luce, Re Lear.
Verdi aveva lasciato scritto di «abbruciare tutto». Non è stato fatto; anzi, «l’importante – sottolinea Cappelletto – è che oggi le carte siano disponibili agli studiosi, che il ministero si sia impegnato a custodirle presso l’Archivio di Stato di Parma e che vengano digitalizzate entro fine 2019. Alcuni fogli devono essere restaurati e quello che emerge è l’importanza del primo nucleo delle composizioni, l’idea iniziale».
La Pellegrini sottolinea, in particolare, l’ampiezza di quelle dedicate ad Otello, con ampia corrispondenza tra Verdi e Boito, con il compositore fermo nel giudizio morale negativo sul «credo scellerato» di Jago, che fa professione di fedeltà alle virtù più negative dell’uomo. Emerge con chiarezza anche il primo nucleo della fuga finale del Falstaff, la finezza di contrappuntista nel comporre una fuga su un testo comico. Importanti, nella busta dedicato al Trovatore, le molte pagine di musica a stampa di canti popolari.