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 2019  gennaio 30 Mercoledì calendario

Benny Gantz, il generale contro Netanyahu

GERUSALEMME Raccontano che la madre, sopravvissuta al campo nazista di Bergen-Belsen, gli ripetesse di non voler nascondersi dentro i rifugi mentre cadevano i razzi lanciati da Gaza. E che incitasse il figlio generale «a continuare a combattere senza smettere di mandare cibo ai palestinesi della Striscia».
Benny Gantz è cresciuto in una comunità agricola a pochi chilometri dal corridoio di sabbia dove spadroneggiano i fondamentalisti di Hamas, un villaggio fondato dai genitori assieme ad altri immigrati romeni e ungheresi, chiamato Kfar Ahim in ricordo di due fratelli ammazzati nella prima, quella di Indipendenza, delle tante guerre israeliane. Come quasi tutti i giovani del moshav ha scelto la carriera militare, nei paracadutisti, fino a diventare capo di Stato Maggiore, con addosso la divisa ha passato 38 dei suoi 59 anni.
In politica si è mosso con la circospezione di chi è abituato alle imboscate – a tenderne o a subirne – e in queste settimane dalla nascita del suo partito Resilienza per Israele ha adottato la tattica di un altro capo delle forze armate, riuscito a diventare primo ministro. «Niente rafforza l’autorità quanto il silenzio», ripete sempre Ehud Barak infervorato da una massima di Charles de Gaulle.
Silenzio fino a ieri sera, a settanta giorni dalle elezioni del 9 aprile, quando Gantz ha dispiegato il suo blitz: un discorso di trenta minuti giusto all’ora dei telegiornali per annunciare di voler conquistare la poltrona di primo ministro, in sostanza di volerla togliere a Benjamin Netanyahu che la occupa ininterrottamente da dieci anni.
Il discorso
In vista delle elezioni politiche di aprile, Gantz ha parlato ieri a Tel Aviv per mezz’ora
Al centro della sala approntata in un magazzino del vecchio porto di Tel Aviv, accompagnato dal ritmo dance dello slogan «basta con destra e sinistra, solo Israele sopra a tutto», ha scandito: «Nessun leader israeliano è un monarca assoluto». In abito e cravatta blu già di governo, ha confermato le aspettative: «Creerò una coalizione determinata, responsabile, forte. Non guidata dalla paura». Guardando nella telecamera, si è rivolto alla minaccia più sventolata da Netanyahu: «Presidente Hassan Rouhani non permetterò agli iraniani di circondarci».
Ehud Barak è stato l’unico a sconfiggere Netanyahu – nel 1999 ed è un segno di buon auspicio per i sostenitori di Gantz – detiene però anche il record di permanenza in carica più breve nella Storia politica del Paese. Così gli analisti si chiedono se Benny rischi la stessa fine, assieme all’alleato Moshe Yaalon, un altro ex capo di Stato Maggiore: la popolarità di chi ha guidato le truppe in una nazione dove tutti hanno dovuto indossare la divisa per il servizio obbligatorio potrebbe non bastare a sostenere un partito creato dal nulla. I sondaggi dicono che Gantz possiede il potenziale per insediare Netanyahu (38 punti di gradimento contro i 41 del premier) ma la sua formazione resta per ora a 14 seggi pronosticati, ben oltre la metà di quelli attribuiti al Likud.
I suoi strateghi sanno che per sottrarre i voti alla destra devono puntare sull’immagine militarista: nel primo video della campagna l’ex generale si è vantato dei «1.364 terroristi uccisi» durante il conflitto contro Hamas nell’estate del 2014. L’esaltazione guerresca è stata criticata da sinistra e solo nei giorni scorsi è emersa dagli archivi dell’esercito una foto fino a oggi censurata (forse per ragioni di sicurezza) che ammorbidisce la durezza dell’ufficiale di carriera.
Nell’inverno di cinque anni fa Gantz visita le truppe in Cisgiordania accompagnato dalle guardie del corpo. Ha appena nevicato e il capo di Stato Maggiore si ferma a chiacchierare con una famiglia palestinese. La scorta resta in allerta, teme l’agguato. L’unico assalto alla fine è a palle di neve, con Gantz che risponde ai colpi: per qualche minuto il generale e i civili cresciuti temendolo tornano bambini.