Barbara Costa per Dagospia, 30 gennaio 2019
LIKE A ROGER STONE – IL RITRATTONE BY BARBARA COSTA DEL LOBBISTA AMICO DI TRUMP FINITO NEI GUAI PER IL RUSSIAGATE : “CATTOLICISSIMO, DIVORZIATO, RISPOSATO, SCAMBISTA, HA UNA PASSIONE PALESE PER LE PORNOSTAR ANNI '70” – “LE SUE REGOLE PER ESSERE UN VINCENTE (COME LUI): MAI CALZINI, MAI I JEANS, MA SOLO ABITI DI SARTORIA INGLESE, SCARPE ITALIANE, BERE VINO FRANCESE, E RICORRERE A CREME DI ERBE CINESI E ALL’AGOPUNTURA PER LA CURA DI VISO E CORPO" – FOTO E VIDEO -
“Attacca sempre, non difenderti mai; non ammettere, nega tutto, sferra il contrattacco. E non farti scappare nessuna occasione di andare in tv, e di fare sesso!”: queste le sacre regole di vita di Roger Stone, lobbista politico, amicissimo di Donald Trump, arrestato venerdì scorso all’alba su ordine del procuratore Robert Mueller, e subito rilasciato dietro pagamento di una cauzione di 250mila dollari.
Su Stone pendono 7 capi d’accusa nell’inchiesta Russiagate, ma guardate bene le sue foto che circolano in rete: e sì, questo signore di 66 anni, con una zelante passione per il body-building, si mostra seminudo, di schiena, dove ha tatuato il viso del suo grande amore: l’ex presidente Richard Nixon.
Lo chiamano "consulente", ma è un eufemismo: Roger Stone è colui che si occupa degli affari sporchi per i politici che ne hanno bisogno, che lo chiamano (e lo pagano) per questo. Stone ha iniziato a "sporcarsi" nel lontano 1972, nella campagna elettorale per la rielezione di Nixon alla Casa Bianca.
È la campagna elettorale americana tra le più corrotte che esistano, quella dove Nixon stravince su McGovern non solo perché quest’ultimo era un pesce lesso e il suo partito, quello Democratico, era a pezzi, ma perché quelle del 1972 sono le elezioni il cui "scandalo Watergate" ne svelerà gli intrighi, gli impicci ordinati da Nixon per vincere un secondo mandato che lascerà a metà dimettendosi coperto di infamia. Un po’ di questi impicci glieli ha realizzati Roger Stone, uno che a Nixon deve tanto, uno che su ordine di Nixon insozzava tutto e tutti, spiando, schedando, diffamando.
Roger Stone ha lavorato a 9 campagne presidenziali, sono pochi i candidati repubblicani che dal 1972 a oggi non ha servito. Non solo. Il giornalista Mattia Ferraresi, nel suo informatissimo libro "La febbre di Trump", ci svela che il signor Stone ama definirsi il “sicario” dei repubblicani, colui che esegue i "dirty tricks", cioè le p*rcate, in abito gessato e camicia bianca. Ferraresi scrive che i gossip più falsi e cattivi su Stone sono messi in giro dallo stesso Stone.
L’uomo è astuto, e guai a finire nella sua rete: saputo che l’ex governatore democratico di New York, Eliot Spitzer, aveva una segreta passione per le escort di lusso – passione praticata con assiduità – ha ricattato Spitzer non perché lasciasse la poltrona, ma perché il di lui padre si ritirasse da un affare a cui mirava un lobbista amico di Stone, il quale ne ha ricavato la sua parte, più la riconoscenza del sessuomane Spitzer, le cui costose copule extraconiugali, quando scoperte dai giornali, lo hanno costretto a dimettersi, al mea culpa pubblico, e ad andare in terapia di coppia per salvare il suo matrimonio (una delle escort di Spitzer, Kristin Davis, in seguito è scesa in politica, e Roger Stone ha prestato i suoi dirty tricks a lei, e in contemporanea al suo avversario; Stone è anche il padrino del figlio della Davis, e l’appartamento della signora venerdì scorso è stato perquisito in contemporanea all’arresto di Stone).
Roger Stone odia i Clinton, Bill e Hillary, tanto da accusarli, senza uno straccio di prova, delle imputazioni le più infamanti. Mi correggo: secondo Stone le prove ci sono, ovvio, le fabbrica lui, nella sua testa, per poi racchiuderle in un libro a sua firma, dal titolo "The Clinton’s War on Women". Secondo Stone, Hillary è una bugiarda impenitente, a cominciare dalla sua sessualità e relativo orientamento: il matrimonio con Bill sarebbe da sempre una copertura per mascherare se non il suo lesbismo, di sicuro la sua bisessualità, la sua passione sfrenata per uomini e donne. Un matrimonio talmente falso che Chelsea, sempre secondo Stone, non sarebbe figlia naturale di Bill, ma di Webb Hubbell, un avvocato collega di Hillary quando lei esercitava a New York, recandosi da Bill, governatore dell’Arkansas, solo il sabato e la domenica. Hillary e Bill, sostiene Stone, sarebbero nientemeno che i mandanti dell’assassinio di Vincent Foster, consigliere di Clinton alla Casa Bianca, morto suicida nel 1993, minato da una grave depressione.
Per Stone, invece, Bill e Hillary sono un duo diabolico che ne ha ordinato l’omicidio in quanto Foster sapeva la verità sulla truffa immobiliare nota come "scandalo Whitewater" (i Clinton sono stati indagati per questa frode, ma mai messi sotto accusa formale). Non è finita: Stone scrive che Bill è un cocainomane come il fratello Roger, che corre dietro a ogni donna (questo mi sa che è vero!), che ne ha stuprata più di una, che ha minacciato tutte quelle intenzionate a svelare al mondo le sue infedeltà coniugali.
Secondo Stone, in Arkansas vivrebbe un certo Danney Williams, figlio illegittimo di Bill, avuto da una squillo afroamericana. L’odio di Stone per i Clinton, specie per Hillary, non rimane solo stampato sui libri, ma per un periodo si è manifestato attraverso un comitato fondato e diretto da Stone, chiamato "Citizens United Not Timid", il cui acronimo, CUNT, lo puoi tradurre come f*ca, tr*ia, str*nza.
Quello sui Clinton non è l’unico, sensazionalistico libro-inchiesta di Stone: lui è convinto di sapere chi ha ucciso John Kennedy, e nel suo "The Man Who Killed Kennedy" accusa addirittura Lyndon Johnson di esserne stato il mandante. Stone ha dedicato un libro anche al suo mito, Richard Nixon, in cui lo descrive quale politico di valore e una “vittima”.
Stone dice che lo scasso agli uffici del Watergate, che diede l’avvio alle indagini che portarono Nixon alla rovina, in realtà serviva a coprire un giro di magnaccia, di prostitute, a cui Nixon era totalmente estraneo, anche se, sempre secondo Stone, Nixon da presidente è andato a letto con una donna di Hong Kong che altro non era che una spia di Mao.
Roger Stone, padre ungherese, madre italiana, cattolicissimo, divorziato, risposato, scambista (“eh, sono un libertino”), ha una passione palese per le pornostar anni '70 (nel suo ufficio pieno di foto e cimeli di Nixon, svetta la foto di Stone abbracciato a Nina Hartley, porno-gilf ancora attiva nel settore), ed è autore di una autobiografia che insegna a essere un vincente come lui: bisogna non indossare mai calzini, mai i jeans, ma solo abiti di sartoria inglese, scarpe italiane, bere vino francese, e ricorrere a creme di erbe cinesi e all’agopuntura per la cura di viso e corpo. Roger Stone e Donald Trump si conoscono dal 1986.
Ogni tanto litigano, ma alla fine fanno sempre pace. Si dice ci sia Stone dietro la politica antieuropea di Trump, che ci sia sempre Stone nella strategia di Trump verso la Cina. Ancora, si dice che sia Stone la "mano" che sparge fango online contro i democratici, sebbene essi stessi finora si siano dimostrati capaci di rovinarsi da soli con le loro politiche sterili, dedite al piagnisteo.
È stato Roger Stone a convincere Trump ad assumere il famigerato Paul Manafort nel suo staff elettorale nel 2016. Stone e Manafort sono stati per anni soci dell’agenzia di lobbing "Black, Manafort, Stone & Kelly", che ha lavorato per i Bush padre e figlio, per l’ex presidente ucraino Viktor Janukovyc, per dittatori africani, per l’intelligence pakistana. Su Manafort, Stone ha fornito a Trump credenziali ineccepibili: “Nella convention repubblicana del 1976, io ero per Ford, ma Manafort appoggiava Reagan, e mi ha fatto un c*ulo così!”.