Corriere della Sera, 29 gennaio 2019
«Noi, segretarie del grande cinema»
L’ultima cosa che una segretaria al servizio dei grandi del cinema faceva, era di battere a macchina. Cesarina, Paola, Liliana, Anna Maria, Resi, Fiammetta. Storie di donne «agguerrite e tutt’altro che ancillari, questo è anche un omaggio al cinema di una volta», dice Raffaele Rego, regista con la sua compagna Daniela Masciale del documentario Segretarie. Una vita per il cinema. Verrà presentato il 31 alla Casa del Cinema di Roma e ci sarà anche Giuseppe Tornatore. La Comunità Secretary.it che riunisce 9.000 segretarie si adopererà per farlo uscire nelle sale.
Le segretarie sono le custodi di tanti segreti e confidenze di registi e produttori. Fiammetta Profili accompagnò la maturità di Federico Fellini, dal 1980 al 1993, quando morì. Nei racconti delle segretarie, si affaccia l’idea della esclusività del rapporto professionale: le segretarie dovevano sempre essere a disposizione, la loro vita privata veniva dopo. Egoisti, possessivi, maschilisti: ma erano altri tempi.
Cesarina Marchetti ricorda quando il produttore Goffredo Lombardo da Zurigo le portò le pillole anticoncezionali. «È sposata? E quando pensa di avere figli?», le chiese. Accadde, e la moglie del produttore le procurò la baby sitter che allevò la sua bambina. Paola Quagliero ricorda che Franco Cristaldi le fece trovare una divisa col colletto: «La portai una settimana, mica ero al collegio».
Questa possessività non apparteneva del tutto a Fellini. «Però non sarà un caso se figli li ho avuti dopo che venne a mancare». Fiammetta lo ricorda «sulla metropolitana appena aperta, diretta a Cinecittà. La gente, vedendolo, era un po’ in soggezione. Mi diceva che per trovare nuovi volti del cinema bastava prendere la metro. Non scriveva sceneggiature, scriveva il soggetto e doveva essere sufficiente».
Federico faceva scherzi. «Talvolta si fingeva me al telefono, imitava la mia voce dicendo che non c’era». Il primo ufficio di Fiammetta con Fellini era il bar Canova a piazza del Popolo. Poi si trasferivano in quelli più ortodossi a Corso d’Italia o a Cinecittà. «C’era il rito della posta, leggeva le lettere e si rispondeva a tutti. Quando si girava le giornate venivano stravolte. Sono figlia di un diplomatico, avendo lavorato in una sorta di circo Barnum con Fellini, non ho mai potuto accettare un normale lavoro fisso. Mi ha sempre rispettata, al primo appuntamento mi portò a cena con sua moglie, Giulietta Masina».
Come lo ricorda? «Era la libertà, la fantasia, il gioco. Diceva che nel cinema la parola impossibile non esiste. Si faceva raccontare i sogni, Dante Ferretti, lo scenografo, li inventava per farlo contento. Era fissato col soprannaturale». E Mastroianni? «Si frequentavano poco, Marcello diceva che quella era la vera amicizia, ci si perde di vista per anni e un giorno ci si ritrova come se fossero passati cinque minuti». Com’era l’ultimo Fellini? «Una volta camminando si fermò davanti a una vetrina, specchiandosi disse: vedo un vecchio». In due occasioni Fiammetta si ritrovò a recitare sul set: Ginger e Fred e Intervista, dove aveva assoldato un’attrice vera per il ruolo di segretaria. «Poi invece lo chiese a me. Prese un banchetto con la macchina per scrivere e cominciò a filmarmi».