Corriere della Sera, 29 gennaio 2019
Il brano choc di Irama a Sanremo
Sanremo non è più il tempio del cuore, amore e restaurazione. Ogni anno ci sono più o meno grandi forme di resistenza, e fra quelle selezionate per l’edizione 2019 di Claudio Baglioni c’è «La ragazza con il cuore di latta» di Irama. «È una canzone nata da una storia vera. L’ho scritta una notte in Salento dopo aver incontrato una ragazza che era stata operata e portava il pacemaker, ma il cuore di latta è una metafora sia per quello che per il suo vissuto». Quella di Linda, Irama la chiama così nella canzone, è una storia di violenza in famiglia, di un padre che la picchia e abusa sessualmente di lei. Il testo non fa sconti, in alcuni passaggi diretto e in altri crudo, Linda «a scuola nascondeva i lividi» e «sentiva i brividi quando quel verme entrava in casa ubriaco». «Il tema è pesante ma, lo dico sempre durante i miei concerti, le parole pesano e i messaggi sono importanti: è dovere di un cantautore raccontare la verità. La verità è tutto e mi ha sempre macchiato la pelle. Un cantautore non deve avere filtri. Vorrei che dalla canzone uscisse il coraggio di queste persone e il fatto che la musica possa essere di aiuto», racconta. Il finale del brano apre una speranza perché «adesso dentro la sua pancia batte un cuore in più». L’identità del futuro papà – chi racconta la storia perché «non sei più da sola ma ora siamo in due» o il violentatore – non viene svelata. «Quello che conta non è chi sarà il padre del bimbo, ma se lei sta bene. Mi piacerebbe che ci si soffermasse sulla forza di andare avanti di questa ragazza e non sull’identità del padre di suo figlio».
Filippo (è il vero nome, il cognome è Fanti) a Sanremo ci era già stato. Fra i Giovani nel 2016, nella stessa edizione di Gabbani, Ermal Meta e Mahmood (anche lui in gara quest’anno). «Alle prove dei giorni scorsi ho avuto un flash back: allora mi immaginavo che l’asta del microfono fosse lo strumento per comunicare con il pubblico, oggi sento di essere io. Però bisognerebbe fare i complimenti a chi ci aveva selezionato... Da lì è nato tutto anche se per un anno non ho pubblicato musica». C’era stata qualche incomprensione con la casa discografica. «Ho avuto paura che finisse tutto. Ho avuto una caduta emotiva, frustrante perché avveniva da fermo, non c’era stata un’azione sbagliata ma una non azione, il fatto che non uscisse la mia musica». A sbloccare la carriera il chiarimento con la Warner con cui è rimasto e, sopratutto, la vittoria ad Amici. Quindi «Plume», album che è stato il secondo più venduto del 2018, una serie di concerti e un altro album, «Giovani», meno fortunato forse per la pubblicazione troppo vicina al precedente e che ora viene rilanciato con il brano del Festival e le collaborazioni di Vegas Jones, The Kolors e Mr. Rain su altre canzoni. Ci sarà poi un tour che debutterà il 28 febbraio a Torino e il 5 aprile sarà al Forum di Milano (già sold out): «Il tour nei club dei mesi scorsi era crudo, in faccia, era impatto reale. In questo si aggiungerà la parte di show».Impegno sì, ma niente politica. «”A canzoni non si fan rivoluzioni” diceva “L’avvelenata” di Guccini. Non voglio sminuire il valore della canzone impegnata, ma la mia preoccupazione è raccontare la verità e dare emozioni». Guccini è uno dei pilastri del suo pantheon. «Lui e De Andrè sono i miei cantautori di riferimento: avevano il culto della parola. Altri artisti si concentrano sulla ricerca del suono, io sono figlio di quel modo di intendere la musica». Piume (negli orecchini) e serpenti (tatuati) sono i suoi simboli. «Le prime ci saranno anche a Sanremo, ma ci sarà una sorpresa». Sulla pelle c’è un nuovo rettile, con la testa circondata da un sole. «È il disco solare delle divinità egizie. Sin da bambino mi ha affascinato la simbologia di quella cultura. E per un certo momento ho anche provato a leggere la scrittura antica. Purtroppo non sono mai stato in Egitto: in passato non me lo potevo permettere, adesso non ho ancora trovato il tempo libero».