La Stampa, 29 gennaio 2019
Nostalgia dei portieri
L’era dell’e-commerce aggiunge un capitolo nuovo a una storia già narrata da Céline a proposito di Manhattan: grattacieli da urlo che, secondo lo scrittore erano cresciuti troppo in fretta «in morte al concierge». La diagnosi era implacabile: «Una città senza portinai è una zuppa senza pepe né sale, una ratatouille amorfa». La ricetta insipida di un mondo senza custodi diventa ancor più indigesta oggi, in un’Italia che nell’ultimo anno ha visto aumentare le vendite on line del 30 per cento, con un giro d’affari pari a più 33,4 miliardi di euro. Al di là della dolorosa scomparsa di una figura cara non solo agli inquilini (che oggi non sanno a chi recapitare i propri pacchi), a rimpiangere la vecchia pipelette è anche la letteratura. Che ne sarebbe oggi, in una Roma o una Parigi che ogni anno rinunciano dalle mille alle 7 mila guardiole, di personaggi come la sora Manuela del Pasticciaccio Brutto di Gadda o dell’astuta Madame Cibot del Il cugino Pons di Balzac o, ancora, di molti dei personaggi chiave di Simenon? Senza andare troppo lontano nascerebbe ancora, in questi anni di concierge sprangate, il paradigma della portinaia descritto nell’Eleganza del riccio: «Vedova, bassa, grassottella, l’alito di un mammuth...».
Eppure, con buona pace della letteratura, la caduta libera dei pettegoli, ma utilissimi confessori con i guanti di gomma è inarrestabile. In un mondo che è diventato una gigantesca portineria che sostituisce guardiole, citofoni e buste con selfie, tweet e mail, i portinai sono figure in via d’estinzione. Internet ha globalizzato i custodi di condominio e i pochi che resistono sono tutelati dagli inquilini come il Pinguino imperatore. Oggi alle portinerie si dedicano progetti socio-artistici come quello curato da Giulia Carioti e Tommaso Sacconi: «La nostra società che pensava di risolvere tutti i problemi andando su Youtube si rende conto che un tuttofare fidato e umano è insostituibile» spiegano «e che alcune guardiole della capitale sono tanto belle da diventare monumentali». La nostalgia è un bell’esercizio, peccato che non serva a ritirare la gragnuola di pacchi dell’era post-Amazon. Per creare efficienti mani sostitutive, a Milano sono nati bar-concierge come «Portineria 14», fondata da tre ragazze, si occupa di ritiro colli, acquisto di medicine e ricerca di quei fondamentali numeri di telefono – idraulici in testa – che pullulavano nell’agenda dei vecchi, fidati portinai. A Monza e ad Alessandria, qualche mese fa, hanno debuttato portinerie «sociali» e di «quartiere» che si occupano pure di piante da innaffiare e cani e gatti da sfamare. Per tralasciare la più casereccia portineria via WhatsApp che a rotazione affida a un coinquilino l’incombenza del ritiro pacchi accompagnata da post it sul citofono: «Il lunedì consegnare al signor Rossi...».
In futuro anche in Italia dovrebbero arrivare il «bagagliaio smart», trasformato in buca delle lettere («In-Car Delivery» affida al corriere una chiave monouso che gli consente di aprire il baule dell’auto rintracciata con il Gps e infilarci dentro il pacco) mentre le piattaforme «Koiki» e «Package Peer», leader della sharing economy, trasforma i vicini di casa in portinai. Nell’attesa, oggi Amazon utilizza diversi distributori automatici: dagli uffici postali a «Indabox», sino a «Ioritiro». Non facciamoci illusioni, però. Questi «locker non si materializzeranno mai sulle scale per chiederci: «Come sta ragioniere? Va meglio la tosse?».