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 2019  gennaio 28 Lunedì calendario

La sicurezza fai da te: così 140 mila vedette spiano i vicini di casa

Sono un esercito di occhi attenti e orecchie in ascolto. Un collante sociale e allo stesso tempo «impiccioni 2.0» che armati di smartphone e chat condivise segnalano anomalie e tutto quello che non sembra funzionare nel quartiere.  Nato negli Usa negli Anni 60 e arrivato anche in Italia da qualche anno, il “controllo del vicinato” è una galassia che conta oggi migliaia di adesioni: oltre 140 mila persone stimate (con l’appoggio di 400 comuni) che si organizzano dal basso per prevenire i furti e rendere le città più belle e vivibili. Ed ogni anno si aggiungono 400 nuovi gruppi agli attuali duemila presenti dalla Brianza alle Marche. Spuntati qua e là, nel segno del contrasto alla microcriminalità e alla insicurezza, un po’ ronde un po’ solidarismo, rappresentano una realtà capillare e in costante crescita soprattutto al Nord: quasi 10 mila famiglie nel Veneto e circa 20 mila i volontari attivi, in Lombardia i mille gruppi hanno aggregato 31 mila nuclei famigliari. Cresce anche in Emilia Romagna e in Toscana e piace anche ai sindaci di sinistra: a Lucca hanno lanciato un’app con la possibilità di connettersi in tempo reale con la polizia municipale, mentre in Parlamento è stata presentata dalla Lega una proposta di legge per promuovere e sostenere le nuove vedette urbane.


L’occhio del vicino
«Il miglior antifurto è il tuo vicino». Questo è il motto della sentinella: informazioni in tempo reale dove le anomalie vengono comunicate attraverso la gettonatissima chat di WhatsApp. Tra di loro, i residenti, comunicano vicendevolmente le proprie assenze prolungate da casa. Così facendo, le abitazioni vuote sono sempre sotto controllo. C’è poi un livello superiore nel quale il coordinatore di ogni singola zona (di solito poche vie) ha il compito di “scremare” le centinaia di segnalazioni quotidiane e avvertire le forze dell’ordine solo per quelle importanti. Questo il tono delle comunicazioni: «Girano due uomini con cartelline dicendosi della società del gas. Non mostrano tesserini ed alla richiesta di cosa vogliono parlare, rispondono che parleranno solo con gli intestatari del contratto. Chiamate immediatamente il 112». Anche gli allarmismi abbondano: «Furti nei parcheggi del cimitero ed anche all’interno. Ricordatevi che i ladri sono spesso appostati lontano e vi osservano quando arrivate al cimitero a volte anche con dei binocoli». Fino alla giustizia privata delle borgate di Roma, legittimata da chi si sente abbandonato dallo Stato: «Nuovamente sventato un furto in un appartamento dell’Infernetto: notate due persone sconosciute (di cui una di colore) scavalcare il recinto ed entrare nel giardino dell’abitazione di un vicino». 
Ma anche panchine rotte, presenza di spacciatori, auto sospette o semplicemente anziani soli in casa. Chi vuol stare nel gruppo di controllo deve compilare un apposito modulo di adesione da inviare alla prefettura per evitare di imbarcare fanatici o peggio creare delle bande auto-organizzate. Una rete informale di sorveglianza che si alimenta con il passaparola e, oltre al lodevole effetto deterrenza, ha creato qualche problema. A Marghera è rimbalzata nelle chat la presenza di due uomini “malvisti” che camminavano per strada nel pomeriggio. Senza pensarci hanno scattato alcune foto e le hanno condivise tra i diversi gruppi. Peccato che la «presenza ambigua» fosse un maresciallo della Guardia di Finanza semplicemente a spasso con un amico che si è trovato immortalato su telefoni e bacheche Facebook. Oppure in Emilia Romagna dove un furgone che distribuiva pubblicità porta a porta è stato scambiato per il mezzo di appoggio di un gruppo di ladri. 
«A nessuno viene chiesto di lanciarsi in atti eroici né tanto meno di svolgere indagini o invadere la privacy altrui», spiega Ferdinando Raffero, presidente dell’Associazione controllo del vicinato, che aggiunge: «E’ uno strumento di prevenzione nato per creare coesione sociale e una libera forma di prevenzione con regole e consulenza legale per spiegare quello che possiamo fare e no». 
Le amministrazioni comunali appoggiano l’iniziativa perché avvicinano cittadini e istituzioni e sono un valido deterrente anche se qualche cortocircuito potrebbero crearlo, come ha spiegato la sindaca di Roma Virginia Raggi all’indomani del terribile ritrovamento di Desirée Mariottini, uccisa lo scorso ottobre nel quartiere San Lorenzo: «Non servono ronde, ma un’attività corale che vede come perno i cittadini che forniscono indicazioni a supporto delle forze dell’ordine». Il rischio, in una metropoli problematica come la Capitale, è la degenerazione in giustizia fai-da-te con l’uso della forza senza regole per risolvere questioni di ordine pubblico e sociale. Le controindicazioni di un eccesso di protagonismo le ha spiegate il capo della Polizia Franco Gabrielli: «Le persone di queste reti andranno adeguatamente preparate per evitare di creare un effetto al lupo, al lupo».


L’epicentro in Veneto 
Con molto entusiasmo e qualche divisione, il Veneto è l’epicentro del controllo del vicinato. La sicurezza è un mantra per tutti i suoi abitanti e la Lega, che guida la giunta con il governatore Luca Zaia, ha annunciato al parlamentino regionale il varo, a breve, di una legge cucita su misura e 400 mila euro di finanziamento per le «dotazioni ed attrezzature riconosciute funzionali all’espletamento dei compiti» e le iniziative «informative e di formazione anche articolate in percorsi didattici di aula e percorsi teorico-pratici». 
Per capire la sua diffusione nel ricco e spaventato Nord-Est, occorre fare un salto al 2014, quando nel paesone di Spinea (alle porte di Mestre) si sono trovati tre volontari per far nascere il primo gruppo, come spiega Antonella Chiavalin, pensionata e numero uno regionale dell’associazione controllo del vicinato: «Per noi è una filosofia di vita: in pochi anni siamo riusciti a far rinascere la coesione sociale, il dialogo e l’aiuto reciproco tra i nostri aderenti». 
La diffusione nel confinante Comune di Venezia è stata immediata e spontanea. Grazie al passaparola sono spuntati i primi gruppi vicino alla stazione, zona di spaccio, degrado e microcriminalità. E, via dopo via, ora ci sono 140 aree sottoposte a vigilanza tra Laguna ed entroterra.Una crescita così tumultuosa che ha spinto anche le istituzioni locali a muoversi: sono 21 i Municipi della Città metropolitana che hanno sottoscritto il progetto, con Venezia capofila con 3500 famiglie aderenti.Questo battaglione informale che rischia di scambiare il verosimile per il vero ha generato nel 2018 oltre 19mila segnalazioni tra chiavi perse, vetri rotti, parchi sporchi, prostituzione in strada e qualche pericolo sovrastimato. Tante, troppe per poterle gestire in modo costruttivo. 
«Ad agosto abbiamo catturato un ladro di moto. Il proprietario era un nostro aderente e in tempo reale ha avvisato del furto in garage e grazie ai nostri volontari sul territorio abbiamo seguito e avvisato dei suoi spostamenti in tempo reale fino all’arresto da parte della Polizia», racconta orgoglioso Luca Di Rocco, avvocato e formatore dei gruppi. Di Rocco riconosce anche i limiti: «Io insegno come osservare la targa di auto sospette, gli indumenti di chi si aggira per le strade e le precauzioni da tenere. Tutto per riferire al meglio alle forze dell’ordine, evitando il procurato allarme e la diffamazione». 


La scissione
Il variegato arcipelago di sentinelle che aggrega 18enni e pensionati over 70 proprio in Laguna si è spaccato ed è nato un clone con un simbolo simile e un evidente cortocircuito: da una parte la onlus ufficiale che si chiama associazione «del» controllo del vicinato e dall’altra quella nata nel 2018 che invece si chiama associazione nazionale controllo «di» vicinato. Una questione di preposizioni che ha generato più di una incomprensione e soprattutto una guerra a colpi di numeri e nuovi adepti. 
Il nuovo controllo «di» vicinato ha però ricevuto l’imprimatur del sindaco di Venezia Brugnaro e ha incaricato il consigliere comunale (e sovrintendente di polizia) Enrico Gavagnin. «E’ un fenomeno interessante – spiega Gavagnin - ma il loro animo è “protestatario” con un messaggio implicito: “Voglio più sicurezza e se lo Stato non me la dà mi organizzo da solo”. Non sanno nulla di pubblica sicurezza e il rischio è passare dall’osservazione statica alla ronda: vedono pericoli che non ci sono e si buttano in strada».
Per prevenire le degenerazioni come indagini private, schedatura delle persone e violazioni palesi della privacy sia gli “scissionisti” che i gruppi “ufficiali” puntano sulla formazione. Ma i sospetti reciproci rimangono, come sottolinea Giorgio Naia, referente di Mestre per il controllo del vicinato: «Questi numeri fanno gola e qualcuno cerca un bacino elettorale: per questo il Comune di Venezia ci ha messo il “cappello” e il sindaco Brugnaro si fa bello grazie al nostro volontariato. Ma noi siamo nati come apartitici e non vogliamo portare voti a nessuno». Parola di sentinella.