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 2019  gennaio 28 Lunedì calendario

Intervista ad Arisa

Ha conquistato il suo primo Sanremo tra le Nuove proposte nascondendosi dietro occhialoni e trucco: Arisa era una buffa figurina, nel 2009, quando cantava Sincerità. Poi ha tirato fuori sé stessa, con la fragilità e le insicurezze, e ha vinto ancora nel 2014 con Controvento.
A dieci anni dal debutto si ripresenta — dopo che nel 2015, con Carlo Conti e Emma un Festival l’ha anche presentato — ed è l’anno della svolta. Serena, allegra, Rosalba Pippa racconta che ha cambiato pelle. Un nuovo inizio, con la Sugar di Caterina Caselli, una metamorfosi interiore che la porta a cantare a Sanremo, Mi sento bene. L’album — in uscita l’8 febbraio — già dal titolo la dice lunga: Una nuova Rosalba in città.
Si aggira davvero una nuova Arisa?
«Assolutamente sì, lavoriamo tutti su noi stessi. Canto “Sentirmi bella mi fa sentire bene”, ed è così, penso che succeda quando ci accettiamo per quello che siamo».
Ha portato un apparecchio ai denti impegnativo e l’ha tolto: si sente più libera?
«Se devo essere sincera mi manca un po’. Dovrei essere contenta, mi dava un pensiero, adesso ho un pensiero in meno… Sono come mio padre, che dice: “Io non sono bello quando sorrido”. A me è rimasta l’idea che sono più bella quando sono seria».
L’album canta l’amore: perché ha scelto proprio “Mi sento bene” per Sanremo?
«Perché riassume questi dieci anni, ci sono atmosfere che ricalcano i miei esordi ma guardano al futuro perché sono più felici. Ho chiesto agli autori, ben diciassette hanno lavorato con me per il disco, di muoversi in questa direzione. C’è grandissima attenzione ai testi, è stata quasi una terapia».
Non pensa che chi è legato all’Arisa più tormentata, quella de “La notte”, possa rimanere spiazzato?
«Chi ama La notte può sempre riascoltarla. Mi creda, rifare La notte era impossibile, è unica.
Come chiedere a Gino Paoli di scrivere un altro Cielo in una stanza».
Farà il duetto con l’ex Spandau Ballett Tony Hadley, che si aspetta?
«Era perfetto per spostare il brano negli anni 80, accontenteremo una parte dei fan nostalgici. Poi ci sono i Kataklò con le loro acrobazie».
A 36 anni che momento sta vivendo?
«Mah. Un momento bello in cui tutte le cose si stanno mettendo a posto, riesco ad andare al cinema, prima ero troppo presa dalle mie elucubrazioni. Mi interrogavo sul perché delle cose».
“Gli amanti sono pazzi” racconta di una donna che s’innamora dell’amante del suo ex.
«L’amore ci sorprende sempre, se lo lasci libero va dove vuole. L’amore è liquido, non ha forma. Credo nel fluid love, che non va riposto in una persona, è nell’aria. Dico che bisogna cercare di essere felici senza negarsi nulla, non facendo male a nessuno. L’ambiguità ferisce più della verità».
Vive l’amore e l’amicizia senza pregiudizi?
«Certo. Sono una persona aperta. Non esistono le categorie, la mia amicizia accoglie tutti se hanno qualcosa da dare il sesso non conta. Ho amiche trans: spesso le persone che devono affrontare sé stesse sono più generose».
Ha talento e vive di musica. Lavora ancora sull’autostima?
«Il talento non ti fa essere più sicura. La sofferenza mi ha dato la possibilità di scoprire tante parti di me stessa».
In dieci anni com’è cambiato il rapporto con Sanremo?
«Il primo anno senti che sei lì per caso, avevo detto al centro estetico dove lavoravo: “Non date via il mio posto, torno”. Poi è andata diversamente. Sanremo è una vetrina che ti fa mettere in discussione. Molte volte penso che mi piacerebbe fare una vita normale, i genitori invecchiano, i nipoti crescono. Mi manca un figlio. Lo farei anche da sola, ma l’ideale sarebbe crescerlo con un compagno».
È cresciuta a Pignola, vicino a Potenza. Che pensa di Matera capitale della cultura?
«Passo tutte le estati in Basilicata, regione meravigliosa da scoprire. Spero solo che la trattino con rispetto, non è abituata alla visibilità. Come succede alle belle donne ammirate troppo e corteggiate, non vorrei che fosse abusata».
Che si aspetta da questo Sanremo?
«Voglio vincere. Mia madre mi ha detto: “Non fare come le altre volte, di’ che vuoi vincere”».