Corriere della Sera, 28 gennaio 2019
Droga killer, 320 pusher in cella
L’operazione che li rende più orgogliosi è quella di Venezia. Sette mesi per stanare gli spacciatori che avevano provocato la morte di undici persone con eroina tagliata male. Sette mesi per far finire in carcere la banda di nigeriani che aveva avvelenato il mercato.
Ma poi ci sono state Brescia e Genova con gli arresti al parco Gallo e nei Caruggi, la retata di Gallipoli e gli interventi alla Fortezza da Basso di Firenze. E ancora centinaia di persone catturate in tutta Italia – da Perugia a Cagliari, da Lucca a Macerata – bande sgominate, quartieri ripuliti.
Il prossimo obiettivo sono le scuole, i luoghi dove gli studenti si fermano per comprare la dose prima di entrare o subito dopo le lezioni. Ma anche le discoteche.
In azione ci saranno ancora loro, gli agenti sotto copertura. Poliziotti dello Sco, il servizio centrale operativo guidato da Alessandro Giuliano, che compongono un nucleo speciale e lavorano con i colleghi delle squadre mobili di tutta Italia. In tutto dieci persone – nove uomini e una donna – che per la prima volta hanno applicato contro i pusher la strategia finora utilizzata per combattere i grandi traffici illeciti, dagli stupefacenti alle armi, il terrorismo e la criminalità organizzata.
E hanno ottenuto risultati mai raggiunti prima contro chi vende al «dettaglio» e troppo spesso riesce a tornare subito libero.
Le regole sono poche, ma rigide. Al comando della squadra c’è il vicequestore Andrea Olivadese. Ha 41, non è sposato e non ha figli. Lavora da anni nell’antidroga e dall’inizio del 2018 coordina anche la squadra degli undercover. I «ragazzi», come li chiama lui «non devono mai operare nella propria città perché potrebbero essere riconosciuti, devono essere formati e addestrati a sembrare davvero tossicodipendenti in cerca di una dose».
Le scuole e i locali
Il prossimo obiettivo della squadra sono i licei, per fermare lo spaccio tra studenti, e le discoteche
A Cagliari e a Gallipoli «si sono preparati alcune settimane prima, studiando la clientela media e riuscendo a infiltrarsi tra i turisti e alla fine sono riusciti a ottenere la fiducia degli spacciatori». Altrove la strategia è sempre uguale nella fase preparatoria «con l’analisi dei “target” e la scelta degli agenti che devono frequentare lo stesso posto per settimane». Quando si individuano le modalità con cui agiscono gli spacciatori, si pianifica l’operazione. E dunque se la zona è frequentata da giovani oppure bisogna stanare chi vende pasticche di ecstasy o anfetamine si scelgono gli agenti appena arruolati, se invece si deve comprare cocaina si punta su un infiltrato di 40 anni, ben vestito e con maggiore disponibilità di soldi.
La scelta di affidarsi alle operazioni «sotto copertura» è stata concordata con il prefetto Vittorio Rizzi, che comanda l’Anticrimine, e naturalmente con il capo della polizia Franco Gabrielli. L’obiettivo era quello di liberare le «piazze di spaccio», ma gli strumenti giudiziari avevano mostrato numerosi punti deboli.
Olivadese lo spiega bene: «Chi vende al dettaglio può essere catturato, ma troppo spesso si tratta di arresti occasionali perché la condotta singola è considerata di “lieve entità”, quindi così è impossibile neutralizzare il gruppo criminale. Difficile anche agire con il metodo tradizionale delle intercettazioni, soprattutto perché i pusher non utilizzano i telefonini per soddisfare le richieste dei tossici se non in casi estremi». Ecco perché si è deciso di chiedere alla magistratura l’ok a infiltrare gli acquirenti, anziché i gruppi criminali. In questo modo sono stati documentati in ogni città decine di scambi tra droga e soldi, ma ogni volta si è deciso di “ritardare” l’arresto in modo da avere maggiori elementi di accusa. Soltanto dopo che lo stesso pusher ha effettuato almeno cinque cessioni – spesso molte di più – si è deciso di far scattare le manette in modo da avere un «quadro definitivo da sottoporre al giudice e soprattutto elementi forti per disarticolare il gruppo e non il singolo spacciatore».
Una tecnica investigativa che ha anche il pregio di non destare sospetti tra i criminali come invece accade quando si organizzano le ronde o i controlli e difficilmente si riesce a sequestrare la droga. Olivadese lo conferma: «I pusher in questo modo non si accorgono di nulla durante le indagini e quindi non tenderanno ad assumere un atteggiamento più prudente».
Il bilancio del primo anno – con 320 persone finite in carcere su 347 richieste e ben 15 operazioni eseguite – ha convinto i vertici della polizia di essere sulla strada giusta. E adesso la priorità diventano le scuole, ma non solo. Gli agenti «sotto copertura» hanno già svolto operazioni vicino ai licei dove i pusher si appostano alla ricerca di nuovi clienti, anche tra i giovanissimi. Hashish, marijuana, pasticche e pure eroina o cocaina: «Con 20, 30 euro un ragazzo è a posto per la serata, è su questo che adesso siamo concentrati». E dunque si va davanti agli istituti, ma ci si mimetizza anche tra i clienti delle discoteche. Perché è lì che ci si sballa e sempre più spesso si rischia la morte.