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 2019  gennaio 28 Lunedì calendario

Il reddito di cittadinanza spiegato dal suo ideatore

L’autore dell’articolo, Pasquale Tridico, è sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico e docente di Economia del Lavoro all’Università Roma Tre. È consulente del ministro del Welfare, Luigi Di Maio, e viene considerato come il padre della riforma che sta portando all’implementazione del reddito di cittadinanza. L’autore ritiene che si tratti di «un formidabile strumento per inserire nel mondo del lavoro coloro che finora ne sono stati lontani e includere nella società le famiglie più povere». Molti sono gli interrogativi sulla capacità del sistema di trovare a disoccupati e inattivi fino a tre offerte di impiego. Dubbi a cui Tridico risponde spiegando i meccanismi con cui il governo punta a contrastare la povertà e a rimettere in moto il mercato del lavoro.

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Quando finirà la polemica sterile contro il Reddito di cittadinanza, quella che tira fuori solo problemi inerenti l’elusione, i furbi, gli scansafatiche, fino ad arrivare al «divano», e alle «vacanze» dei poveri, e quando si comincerà a leggere il provvedimento come misura di reddito minimo in Italia, di contrasto alla povertà e di riattivazione verso il mercato del lavoro, allora, necessariamente si apprezzeranno gli obiettivi, i mezzi attraverso i quali agisce e le risorse che mobilita.
Quando la critica al reddito di cittadinanza è meno aggressiva, si tirano fuori argomenti del tipo: «Si poteva rinforzare il Rei». Anche in questo caso la critica non trova fondamento, poiché non solo si è «rinforzato» il Rei in modo oggettivo ed evidente in termini di beneficiari, platee e risorse, passando da un contributo individuale massimo di 187 a 780 euro e da una platea potenziale di 1 milione ad una di quasi 5 milioni di persone, e da un fondo di poco più di 2 miliardi complessivi a poco più di 8 miliardi complessivi. Ma si è anche «rinforzato» il Rei nella parte che riguarda il «cuore» di quel provvedimento, ovvero il contrasto alla povertà, la rete dei Servizi sociali attraverso i Comuni e l’inclusione sociale. Infatti, per questo obiettivo le risorse aumentano notevolmente, di circa 130 milioni nel 2019 passando a circa 347 milioni, raggiungono 587 milioni nel 2020 e triplicano nel 2021 passando a 615 milioni di euro. Una dotazione di risorse mai vista prima per l’obiettivo della lotta alla povertà. Una vera rivoluzione, e per conoscerne bene la portata basterebbe chiedere alla Caritas o alla Alleanza contro la Povertà che negli anni scorsi non hanno mai visto tante risorse. Tutto questo fa parte del cosiddetto Patto per l’inclusione sociale, per quelli più distanti dal mercato del lavoro, con particolari disagi sociali. I beneficiari di Reddito di cittadinanza che stipulano il Patto di inclusione sociale presso i Comuni e i Servizi sociali avranno condizionalità e obblighi diversi, prevalentemente di tipo sociale, rispetto a coloro che stipulano il Patto per il Lavoro, come succede in tutti i paesi europei. Perché la povertà non dipende solo dalla mancanza di lavoro. Perché la povertà è un problema multidimensionale.
Infine, oltre a «rinforzare» il Rei in lungo e in largo, si è aggiunto un altro fondamentale pilastro, che potremmo definire «lavorista», di riattivazione verso il mercato del lavoro, costruendo un reddito minimo che possa garantire una vita dignitosa combinato con incentivi alla integrazione nel mercato del lavoro. Anche in questo caso, la critica al pilastro «lavorista» è priva di fondamento. I Centri per l’impiego (Cpi) non sono pronti, si dice, le politiche attive sono inesistenti o quasi, e via discorrendo. Vero. Ma proprio per questo è giusto partire al più presto possibile, e questa è una occasione d’oro. Del resto la finalità di contrasto alla povertà e sostegno al reddito, rispetto alla quale il reddito di cittadinanza dovrà anche essere valutato, rimane soddisfatta anche durante la costruzione e il potenziamento dei Cpi, da cui quella finalità è indipendente, e con cui la riforma dei Cpi non è in conflitto. Come per il contrasto alla povertà e la rete ad essa connessa, anche i Cpi, le regioni e tutti i servizi ad essi collegati, non hanno mai visto tante risorse: 120 milioni nel 2019 e 160 milioni dal 2020 per 4000 nuove assunzioni presso i Cpi. 200 milioni per l’assunzione di 6000 navigator nel 2019, 250 milioni per il 2020 e 50 milioni per il 2021, attraverso Anpal servizi Spa. A ciò si aggiunge una ulteriore dotazione di 480 milioni nel 2019 e di 420 milioni nel 2020 per strutture e infrastrutture fisiche e tecnologiche presso i Cpi e le regioni che in questo hanno competenza. Inoltre, la differenza tra il Fondo per il Reddito di cittadinanza, cioè 8,32 miliardi a regime dal 2021, e l’erogazione del beneficio, pari a regime a 7,21 miliardi, è di oltre 1 miliardo; risorse per il mantenimento di tutta la struttura dei CPI, di Anpal, e di tutti i soggetti convolti (Inps, Caf, Comuni, Enti di formazione, Enti accreditati, sistemi informativi, piattaforme, ecc).
Il programma del Reddito di cittadinanza ha una architettura complessa, studiata sulla scia dei migliori esempi europei di reddito minimo, e prevede formazione e condizionalità, oltre che un vasto programma di incentivi alle imprese e agli enti di formazione accreditati, che identifica un approccio molto orientato verso il reinserimento nel mercato del lavoro attraverso un Patto per il Lavoro o un Patto per la Formazione. Le imprese che assumono un beneficiario a tempo indeterminato ottengono un incentivo sotto forma di esonero contributivo, pari alla differenza tra 18 mesi e i mesi usufruiti.
Gli enti di formazione stipulano un Patto di formazione, finalizzato allo svolgimento di un percorso professionale, alla fine del quale se il beneficiario ottiene un lavoro coerente con il profilo formativo, ottengono la metà dell’esonero contributivo pari a 18 mesi meno i mesi già usufruiti. L’altra metà va all’impresa che assume il lavoratore. Gli Enti di formazione saranno quindi spinti ad organizzare corsi di formazione per posizioni per cui esistono vacancy, perché i loro incentivi dipendono dall’assunzione, piuttosto che da opachi finanziamenti regionali a pioggia. Inoltre questi incentivi spingono imprese e enti di formazione a stipulare il Patto di formazione e ad assumere al più presto un beneficiario, per ottenere un beneficio più cospicuo.
Gli obiettivi
La finalità di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito rimane soddisfatta anche durante il potenziamento dei Centri per l’impiego
Nel caso in cui il beneficiario avvia un’attività di lavoro autonomo o costituisce un’impresa individuale o una società cooperativa sono previsti anche incentivi fino ad un massimo di 6 mensilità. La combinazione tra l’impossibilità di rifiutare più di 3 offerte di lavoro congrue, a scalare su 100 km, 250 km e tutto il territorio nazionale, insieme ai forti incentivi all’inserimento lavorativo, permette di affermare, ragionevolmente, che sebbene il Reddito di cittadinanza sia un reddito minimo strutturale, per sempre, per un singolo beneficiario potrebbe durare massimo due cicli.
Veniamo inoltre al cosiddetto doppio bonus per le imprese. Nel caso in cui il datore di lavoro abbia esaurito gli esoneri contributivi in forza degli sgravi previsti nella scorsa legge di bilancio per le imprese nel Sud gli incentivi contributivi previsti nel Reddito di cittadinanza si trasformano in credito di imposta.
Conclude questa batteria di incentivi all’inserimento nel mercato del lavoro l’assegno di ricollocazione (AdR), una somma di denaro che può variare tra 250 e 5.000 euro. Una dote che può essere spesa presso enti accreditati e Cpi, ed è effettivamente incassata solo nel momento in cui il lavoratore trova lavoro.
La logica di fondo alla base di questa batteria di incentivi è la riattivazione nel mercato del lavoro di un gran numero di inattivi, tra cui moltissimi giovani NEET. L’afflusso degli scoraggiati presso i Cpi permetterebbe di rivedere al rialzo il tasso di partecipazione alla forza lavoro, che nella metodologia europea contribuisce alla crescita del Pil potenziale. Si aprirebbe così uno spazio fiscale aggiuntivo che può essere utilizzato per aumentare l’occupazione evitando di far crescere in percentuale il deficit strutturale a livelli passibili di sanzioni comunitari.
La formazione mirata
Gli enti di formazione saranno spinti a organizzare corsi per posizioni vacanti, gli incentivi dipendono dall’assunzione non da opachi finanziamenti regionali
Inoltre, rafforzare lo Stato sociale, attraverso il reddito minimo, pone un freno ad una tendenza di riduzione del welfare e di salario indiretto che negli ultimi 3 decenni ha costituito, insieme alla flessibilizzazione del mercato del lavoro, una costante della politica economica italiana, che ha favorito il declino della quota salario sul Pil, e la perdita di potere contrattuale da parte dei lavoratori, con inevitabile stagnazione dei salari. In questo senso, il Reddito di cittadinanza, la più grande politica sociale degli ultimi 30 anni almeno, può rappresentare anche la spinta iniziale di una pressione verso l’alto dei salari.
Dall’altra parte, le finalità sociali, di contrasto alla povertà sono necessari, in una economia avanzata come la nostra, per garantire la stabilità sociale, soprattutto in periodi di dinamica lenta del Pil come quella che sembra profilarsi per via di una congiuntura internazionale sfavorevole. In questi periodi, azionare la leva anticiclica della politica economica, addirittura in anticipo, potrebbe rivelarsi fondamentale per garantire la stabilità dei consumi e della domanda aggregata, con la soddisfazione che per una volta almeno si potrà dire che si è iniziato dagli ultimi.