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 2019  gennaio 27 Domenica calendario

JULIEN È MORTO SUL COLPO – L’AUTOPSIA SUL BAMBINO CADUTO IN UN POZZO IN SPAGNA: HA BATTUTO LA TESTA DURANTE LA CADUTA DI 71 METRI E POI LE ROCCE GLI SONO CROLLATE ADDOSSO – LE URLA DI DOLORE DEI GENITORI: “UN’ALTRA VOLTA, NO!”. SOLO DUE ANNI FA AVEVANO PERSO L’ALTRO FIGLIO PER UN ARRESTO CARDIACO IN SPIAGGIA… – VIDEO -

Susana Villaverde e Javier Negre per “El Mundo” (pubblicato dal “Corriere della Sera” con la traduzione di Rita Baldassarri”

Il piccolo Julen non avrebbe potuto sopravvivere. Il suo corpo senza vita è stato trovato nel pozzo di 25 centimetri di diametro nel quale era precipitato il 13 gennaio scorso nel comune di Totalán, in provincia di Málaga. È successo all' 1.25 dell' alba di ieri, coordinate temporali già marchiate a fuoco nella vita delle oltre trecento persone che hanno partecipato senza tregua alle operazioni di soccorso per quasi tredici giorni, in un intervento senza precedenti.

Julen è morto a causa dei molteplici traumi, «compatibili con la caduta» nel pozzo, come hanno dichiarato a El Mundo le fonti investigative che hanno avuto accesso alla relazione preliminare dell' autopsia avvenuta ieri. Il bimbo di due anni era precipitato di piedi nel pozzo illegale di Totalán, in caduta «libera e rapida», da quanto si è potuto desumere dalla posizione del suo corpo, secondo la dichiarazione rilasciata da Alfonso Rodríguez Gómez de Celis, procuratore della regione dell' Andalusia.

Gli investigatori sono convinti che il bambino sia morto sul colpo ed è quanto hanno riferito ai genitori, per assicurarli che il figlio «ha sofferto il meno possibile». Il corpo del bambino presentava «un politrauma cranico gravissimo», compatibile con una caduta fino a 71 metri di profondità e con il crollo delle rocce su di lui. Le stesse operazioni di soccorso hanno causato varie fratture al corpo del bambino, reso fragile dal trascorrere dei giorni. Oltre alle analisi di medicina legale, il corpo è stato sottoposto a esami radiologici nell' ospedale clinico universitario di Málaga per determinare, tra le altre cose, la data del decesso.

Ieri a tarda sera gli investigatori non avevano ancora trovato tracce di sangue di Julen nel pozzo, le analisi «millimetriche» sono ancora in corso. «Non è facile né rapido esplorare settanta metri di un pozzo talmente stretto. Chiediamo rispetto per la famiglia e che venga messa a tacere ogni congettura», ha dichiarato un agente a El Mundo .

Solo dopo la quarta microesplosione effettuata venerdì scorso nella galleria orizzontale, scavata dai tecnici della Guardia Civil, si è potuto passare all' intervento finale. I minatori, che ieri sono stati salutati come eroi dal paese confinante di Rincón de la Victoria, dove erano stati alloggiati, hanno dovuto trapanare, picconare e asportare con estrema cura ogni scheggia di pietra per poter raggiungere Julen senza ulteriori intralci.

In uno spazio di dimensioni ridottissime e a circa 50 metri nel sottosuolo, gli specialisti - due degli otto minatori della squadra soccorsi di Hunosa provenienti dalle Asturie - hanno fatto delle prove per determinare il punto esatto dove si trovava il bambino, e lì lo hanno trovato. Era bloccato a 71 metri di profondità, tra il tappo di terra che aveva riempito il foro fino ai 107 metri di profondità complessivi e tutto il materiale che gli era precipitato addosso. L' unica aria disponibile «era tra i piedi e la testa», secondo il procuratore.

È stato un agente dell' Ereim (squadra di soccorso e intervento in montagna) della Guardia Civil, in qualità di polizia giudiziaria, a procedere con il prelievo della salma. Sul caso indaga il giudice istruttore di Málaga per conoscere le cause e le «potenziali responsabilità» della caduta e del decesso del bambino, ha dichiarato Gómez de Celis.

La montagna si era opposta, testarda, alla liberazione del bambino e quando ha finalmente ceduto, ormai trasformata in cava, ha provocato soltanto sgomento e disperazione. In quel momento, circa sessanta persone erano all' opera nella zona dei soccorsi, ha riferito ieri il procuratore in conferenza stampa, e tutti sono piombati in un «silenzio assoluto, rispettoso e rassegnato».

Innanzitutto è stata informata la famiglia, compito toccato come ogni giorno al viceprocuratore del governo di Málaga, María Gámez, e al colonnello capo del comando della Guardia Civil della provincia.

Un compito che non è mai stato facile, in tutti questi giorni, ma ieri notte è stato il momento peggiore. Dall' esterno della casa del paese, dove una vicina aveva accolto generosamente la famiglia di Julen, sono state udite le grida di dolore, «un' altra volta, no!» e il pianto della giovane coppia che in poco più di due anni ha perso i suoi due figli. Di lì a poco, la notizia ha fatto il giro del mondo.

Oltre 85.000 metri cubi di terreno sono stati asportati per estrarre Julen dal ventre della montagna in un' operazione definita «colossale», conclusasi poco prima delle 4.30 del mattino, quando il carro funebre ha trasportato i resti del piccolo all' Istituto di medicina legale di Málaga.