il Giornale, 27 gennaio 2019
Elefanti, leoni e rinoceronti si avvicinano all’estinzione
Guardare in uno specchio a ritroso nel tempo, immaginare il «prima». Questo era il senso della sfida #10yearschallenge. Ma questa sfida, che ha popolato i social per qualche giorno, è uscita dai nostri specchi. Abbiamo iniziato a pensare ai cambiamenti di quello che sta succedendo al mondo, dallo scioglimento dei ghiacciai, all’inquinamento in mare. Questo pianeta, dopotutto, è lo spazio in cui viviamo. Cosa abbiamo perso, cosa guadagnato? Il #10yearschallenge del WWF offre una fotografia drammatica, ma reale del nostro tempo. La foresta Amazzonica tra 2011 e 2018 si è ridotta di 60.000 kmq. Di elefanti africani, tra il 2007 e il 2014, ne abbiamo persi 144.000. I grandi pachidermi muoiono per le loro zanne di avorio. A dicembre 2018, in Cambogia sono state scoperte 3,2 tonnellate, provenienti da 1026 zanne d’avorio spedite dal Mozambico e in Congo, il presidente Joseph Kabila ha bruciato 1050 kg di avorio per far accendere i riflettori sulla caccia all’oro bianco.
Secondo uno articolo del National Geographic, alcuni elefanti per difendersi dal predatore umano stanno nascendo senza zanne. E i rinoceronti? In Sud Africa, in 10 anni, i rinoceronti uccisi sono stati più di 4000. Negli anni 60 la guerra per i corni ha ucciso metà popolazione. Ma l’ultimo rinoceronte bianco settentrionale maschio, lo scorso marzo, è scomparso: estinto. In tre generazioni abbiamo perso il 42% dei leoni africani. A minacciare la specie sono sempre i bracconieri, che cacciano i leoni per sfida o per conquistare un trofeo. Secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura, è probabile che ne sopravvivano meno di 20.000 in Africa. Del resto, si sono estinti in 12 paesi subsahariani. Per i leoni un pericolo è anche la caccia in scatola, o cunned hunting, come nel film «Mia e il leone bianco», uscito nelle nostre sale a gennaio: una caccia con gli animali confinati in un recinto senza possibilità di fuga. Nello Zimbawe, dal 2000 al 2016, i ghepardi sono passati da 1200 esemplari a 170. Anche le rondini in 10 anni sono diminuite del 40%. Abbiamo visto scomparire recentemente anche la bellissima Ara di Spix. Il pappagallo dalle piume blu, che ha ispirato il film «Rio». Ma anche gli insetti subiscono ingenti perdite: in Germania i ricercatori hanno stimato che la biomassa media di insetti volanti è crollata del 76%. Ma ci sono anche notizie più positive. In 10 anni si è perso, ad esempio, il 45% dell’habitat delle tigri. Però, per la prima volta in 10 anni, questi animali stanno registrando un trend positivo: si è passati dalle 3200 tigri del 2010 alle 3890 attuali. Il Nepal è vicino al raddoppio della popolazione di questi animali. Ma anche per i gorilla di montagna le cose stanno andando meglio: adesso sono 1000, la popolazione è aumentata del 25%. Ed è così anche per il leopardo di Amur: 30 nel 2007, sono diventati 100 nel 2018. Anche per l’Italia le cose vanno meglio: i lupi appenninici, da 1000 del 2010, sono quasi raddoppiati. Per l’orso bruno in Trentino, le cose si stanno muovendo nel verso giusto: nel 1999 erano solo tre, nel 2012 erano già 60. La popolazione di orso bruno marsicano, in Italia, rimane stabile con 55 esemplari. Una delle più grandi sfide del 2018 è stata quella dell’aquila di Bonelli, con il progetto LifeConRasi del WWF. Le aquile di Bonelli si contano a coppie nidificanti: nel 2000 queste coppie erano meno di 20; ora sono 44. «Stiamo assistendo a una vera e propria apocalisse dell’estinzione, che ha avuto negli ultimissimi anni un’accelerazione senza precedenti» dice Isabella Pratesi, direttore della conservazione del WWF Italia. Certo, visti i numeri, c’è ancora molto da fare. E il WWF sta facendo molto. Ma dobbiamo vincere una sfida che non possiamo perdere: alla fine, ne va del futuro che consegneremo ai nostri figli.