Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  gennaio 27 Domenica calendario

Sorbillo, il marketing della bomba

La bomba esplosa davanti alla mitica pizzeria di Gino Sorbillo è un fatto grave, che ha giustamente smosso procure, stampa e solidarietà. Tuttavia, proprio perché la camorra è una cosa seria e le parole lo sono altrettanto, c’è una serie di passaggi nella narrazione di questa vicenda che mi lasciano molto perplessa e che hanno a che fare col modo in cui lo stesso Sorbillo e la stampa hanno raccontato il tutto. Partiamo dalla questione “bomba”. Si è letto ovunque “Bomba esplode davanti alla pizzeria Sorbillo”, “Bomba devasta”, “Bomba distrugge”. Lo stesso Sorbillo dice “bomba” e “ordigno esplosivo”, parla di danni per migliaia di euro, esibisce a favore di flash il cartello “Chiuso per bomba” a poche ore dall’accaduto (cartello scritto mentre le telecamere lo riprendevano) e afferma che il boato ha svegliato “tutto il centro storico di Napoli”. La bomba era in verità una bomba carta, un qualcosa di un po’ più grosso e potente di un petardo. Questo non rende meno grave il messaggio, ma di sicuro gli effetti. Tant’è che i danni sono stati contenuti. Il locale non è stato né distrutto né devastato. È stata danneggiata una saracinesca e poco più. Il vigilante che era all’interno, vicinissimo alla porta (come si vede in uno dei video diffusi), non si è fatto neppure un graffio. Il cartello “chiuso per bomba, riapriremo presto” esibito in foto da Sorbillo poi, è quantomeno ambiguo. Il locale era già chiuso da giorni per ristrutturazione, quindi non è vero che la causa della chiusura, quel 16 gennaio, sia stata la bomba. E non si capisce perché lanciare questo messaggio, visto che avrebbe riaperto presto e a fine lavori, come poi è stato.
L’INCENDIO. Passiamo alla parte più antipatica della storia. La notte stessa dello scoppio della bomba carta Sorbillo si precipita su Facebook e scrive: “Cinque anni fa mi hanno incendiato la pizzeria e ora anche la bomba!”. Poi ribadisce il concetto in varie interviste tv e stampa: “Cinque anni fa qui nella stessa sede hanno appiccato un incendio. Non è il primo atto che ci fanno, denunceremo”. “Come cinque anni fa trovai la forza per ricominciare”. “Un’ulteriore aggressione dopo quella di 5 anni fa che distrusse la pizzeria, da allora ho preso precauzioni”. Quasi tutti i giornalisti, a quel punto, nei vari articoli sulla bomba carta rievocano quell’incendio.
Ma andando a cercare notizie sull’incendio avvenuto nell’aprile del 2012 che effettivamente danneggiò i locali della pizzeria, la verità sembra un’altra, e cioè che si sia trattato di un corto circuito. Sia la polizia scientifica che i vigili del fuoco arrivarono alla medesima conclusione: incendio non doloso. Fonti vicine alla procura sostengono che quell’incendio non fu seguito neppure da una denuncia di Sorbillo, al massimo potrebbe esserci stata una relazione di servizio dei vigili del fuoco. Quindi no, sebbene anche ai tempi vi fosse stata la solidarietà della città, del sindaco De Magistris, del solito consigliere Borrelli che rilancia qualsiasi notizia riguardi Sorbillo e che disse “Non si sa ancora di che natura sia stato l’incendio, noi riteniamo che questo episodio non sia casuale e invitiamo le autorità preposte ad indagare”, nonostante si fosse parlato di camorra, no, l’incendio non fu colpa della camorra, ma di un quadro elettrico difettoso. Perché, quindi, Sorbillo continua a dire che la bomba è la seconda intimidazione ai suoi danni della camorra? Non è così, e sostenerlo senza prove (anzi con prove che lo smentiscono) non è un favore alla legalità, ma a chi dice che stia cavalcando questa vicenda (e sono tanti, basta spulciare il suo Instagram) per farsi pubblicità. A voler essere precisi, anche nel locale milanese di Sorbillo “Lievito Madre” nel 2016 vi fu un incendio in piena notte ma anche in quel caso, come accertarono i figli del fuoco, non fu doloso. Non accadde a Napoli però, e non ci si azzardò a scomodare la camorra.
LE VERSIONI.Poi ci sono le dichiarazioni di Sorbillo sui mandanti, che subiscono vari aggiustamenti nei giorni. Prima dice che è stata la tifoseria organizzata, poi quelli che non hanno gradito la sua pizza contro il razzismo e in favore di Koulibaly, poi dice che la camorra vuole far vedere ai commercianti del quartiere chi comanda, poi che potrebbe essere una guerra tra bande, poi che hanno colpito lui perché lui è il simbolo della rinascita e della legalità a Napoli e lui è un ex carabiniere, queste cose le sa. Però specifica che nessuno gli ha mai chiesto il pizzo e nessuno l’ha mai minacciato. Una leggera confusione.
Qualcuno comincia a storcere il naso e lo accusa di utilizzare toni troppo enfatici, per cui Sorbillo risponde ai detrattori “Se a Napoli ti mettono una bomba e lo denunci intensamente vuoi farti pubblicità”. Nel frattempo Sorbillo continua a postare sui social foto di se stesso col cartello “Aperti dopo la bomba”, a lanciare iniziative come la pizza gratis per tutti (nei mesi scorsi aveva lanciato sui social la pizza Fedez, la pizza No razzismo, la pizza Pino Daniele, la pizza No ai botti e così via, a seconda dell’evento del giorno). Racconta le telefonate che gli hanno fatto Cracco e Oldani, va ovunque in tv, riempie la pagina Fb delle sue apparizioni e interviste. Posta le scene girate dalla videosorveglianza quella notte chiedendo di condividerle. Ma soprattutto, fa quello che ha lasciato perplesse parecchie persone, me compresa. Matteo Salvini va ad Afragola e Sorbillo, a due giorni dalla bomba carta, va in aeroporto a stringere la mano a Salvini. Cioè, non è Salvini che va nella sua pizzeria a portare solidarietà, ma è Sorbillo che va da lui. Il tutto con fotografo che immortala la scena mentre Salvini vestito da poliziotto stringe la mano a Sorbillo col camice da pizzaiolo, come se Sorbillo girasse per strada sempre così, certo, del resto mica è un manager, è un pizzaiolo. E l’altro mica è un ministro, è un semplice poliziotto. Un’immagine che racconta la perfetta, simile strategia di due uomini di comunicazione. Va aggiunto il particolare che Sorbillo è quello che anni fa, cavalcando un altro momento storico, si fece ritrarre davanti alla sua pizzeria con il cartello “Dopo gli insulti ai napoletani, in questo locale non sono graditi i leghisti”. Dopo qualche anno va a stringere la mano al ministro che cantava “Senti che puzza scappano anche i cani stanno arrivando i napoletani”.
Insomma, Pizzaman (così decide modestamente di definirsi nella sua autobiografia del 2017 Gino Sorbillo) è di sicuro vittima della camorra ma anche di un egocentrismo che rischia di offuscare – ed è un peccato – il messaggio positivo che il suo successo e la sua promozione della legalità lanciano in tutto il mondo. Nel frattempo, la procura continua a indagare e per ora la pista più accreditata è quella legata alla faida tra i clan Mazzarella-Sibillo. Si spera che Gino Sorbillo ci aggiorni al più presto sulle indagini. Senza ambiguità e ricami però, perché poi, il paradosso per un piazzaiolo, può diventare quello di trasformare un evento serio in un evento serio che galleggia in qualche mezza bufala.