Libero, 26 gennaio 2019
Il sorpasso dell’India
India, è tempo di sorpasso. L’economia del paese asiatico ha già superato per dimensioni quella francese e tempo dieci anni salirà al terzo posto assoluto, dietro solo Usa e Cina ma davanti al Giappone. Intanto nel 2018 la crescita tra New Dehli e Mumbai ha superato di slancio i tassi cinesi: l’8,2% contro il 6,6%. Ma forse il numero che può dare meglio l’idea dell’avanzata del Paese guidato da Narendra Modi è la corsa dell’auto. Nel 2018 si sono vendute più automobili in India che in Germania: 3,99 milioni di vetture, con un incremento dell’8,3% contro 3,774 milioni nel Paese europeo (un modesto +1%). Certo, le statistiche non sono tutto. Per acquistare un’utilitaria indiana bastano 7mila dollari, ma anche così la grande maggioranza degli indiani deve ripiegare su moto e scooter (più di 20 milioni di pezzi). Però le prospettive offerte da un mercato che conta 1,2 miliardi di abitanti sono davvero enormi: l’anno scorso solo 27 indiani su mille possedevano un’auto contro 145 in Cina (e 570 in Germania). Su questa base Mc Kinsey ipotizza un tasso di crescita di qui al 2021 superiore al 7%. Si può spiegare così la buona salute borsistica di Maruti-Suzuki, la joint venture leader di mercato, che oggi può contare su una capitalizzazione di 32 miliardi circa di dollari, sei in più della casa madre giapponese. Ma non è solo l’auto ad aver goduto della straordinaria stagione di crescita della finanza indiana. Secondo i dati Morningstar sui fondi top a cinque anni l’azionario indiano risulta essere una delle pochissime asset class che è riuscita a mantenersi in territorio positivo nel 2018: l’indice della Borsa di New Dehli Bse Sensex ha potuto contare su alcune performances eccellenti di blue chips come Bajai Finance (+51% nell’anno), Hindustan Unilever (+34%), Infosys (+28%), Kotak Mahindra Bank (+25%). A che si deve il balzo in avanti? «La resilienza delle azioni indiane è stata sostenuta dalle riforme fiscali, dalla digitalizzazione e dal miglioramento dei fondamentali economici e degli utili societari» spiega Chandrashekhar Sambhshivan, gestore dell’Invesco India Equity (+16,7%). Inoltre, come sottolinea il collega Manish Shah, gestore del fondo Comgest Growth India (+17,2%), il risultato è stato raggiunto senza una particolare spinta da parte degli investitori stranieri che, anzi, hanno per lo più venduto (4,4 miliardi di deflussi) contro gli acquisti per 17,6 miliardi dei clienti domestici. Ma adesso? I fondamentali dell’economia restano buoni. Secondo Invesco la crescita continuerà allargandosi alle zone rurali. Ne beneficeranno soprattutto le banche e le società di finanziamenti al dettaglio, ben presenti nei portafogli dei fondi e degli Etf specializzati (trattati anche a Milano), oltre all’auto e all’informatica, il vero fiore all’occhiello dell’economia. La principale incognita, in India come nell’Eurozona, è rappresentata dalle elezioni generali per costituire il 17 Lok Sabha (il parlamento indiano), che si terranno in India tra aprile e maggio 2019. La rielezione del primo ministro in carica Narendra Modi, secondo le previsioni, è tutt’altro che scontata. Ma secondo Manish Sha, gestore azionario di Comgest, non è il caso di esagerare: «Non crediamo che l’esito delle urne possa condizionare il cammino di lungo periodo del Paese – dice – L’economia indiana è cresciuta del 7-8% a partire dalle liberalizzazioni del 1991. I tassi di crescita durante i differenti governi in questo periodo non si sono discostati più di tanto». Ci sarà una maggior volatilità nel breve, ma su un orizzonte di 2-3 anni, l’India promette buone sorprese anche perché sotto il profilo della governance e dell’indipendenza del potere giudiziario il Paese dà senz’altro più affidamento della Cina.