Tuttolibri, 26 gennaio 2019
L’Islanda non è fatta per serpenti e zanzare
Di tanto in tanto, in un mercato editoriale che spesso tende a ripetersi, accade invece che riesca a farsi notare un libro che sfugge a ogni definizione. Alla domanda «che genere è» a proposito di Il libro dei vulcani d’Islanda, mi troverei un po’ in difficoltà. Non è un romanzo, non è un saggio, non è un diario di viaggio, non è un’antologia di racconti. Allora cos’è?
Ma andiamo con ordine. Tanto per cominciare, si noti che Leonardo Piccione, dalla Murgia, classe 1987, è il primo italiano a essere ospitato tra le fila di autori (in genere dai Paesi Bassi in su) pubblicati dalla casa editrice Iperborea. Tuttavia non è difficile comprendere cosa li abbia colpiti di questo bizzarro volume. L’unicità, si è già detto, ma anche, probabilmente, l’universalità della voce.
Il libro propone una raccolta di aneddoti e storie tutti legati ai più importanti vulcani tra i 130 presenti sull’isola, che, non si dimentichi, è di per sé prodotto di un’intensa attività eruttiva della dorsale medio atlantica, costituendo geologicamente e faunisticamente un ambiente unico, in cui le zanzare non riescono a riprodursi e i serpenti non hanno dove strisciare. Si scopre così che entità sconosciute e impronunciabili (provateci, a dire Álftafjarðareldstöð) estendono la loro importanza ben oltre i confini dell’Islanda. Si scopre che in quest’area circoscritta si sono incrociate storie e sentieri di vita di gente che mai diresti avere qualcosa in comune con l’Islanda. Lo sapevate, per esempio, che il campione americano di scacchi Bobby Fischer, eccentrico, controverso e geniale, concluse i suoi ultimi giorni proprio in Islanda ed è sepolto in una cittadina di nome Laugardælir? Oppure sapevate che l’eclettico William Morris amò intensamente quest’isola e trasse ispirazione per il suo Paradiso terrestre dai miti dei suoi primi abitanti? O ancora, che il modello geologico oggi accettato, quello della deriva dei continenti, fu formulato dal berlinese Alfred Wagener proprio a partire da studi sull’Islanda?
I vulcani islandesi intrecciano la loro imprevedibile attività con la nostra vita in maniera assai più remota e profonda di quanto non ci ricordi l’occasionale eruzione che interferisce con le rotte aeree (quella del 2010 la ricordiamo in molti, io di sicuro perché mi trovai cancellato un volo).
Non dimentichiamo che in verità l’Italia sa bene cosa significhi coesistere con i vulcani. Il Vesuvio ha sì devastato Pompei, ma mutando prospettiva, si può anche dire che le abbia dato l’immortalità. E poi in Sicilia regna l’Etna, il vulcano più alto della placca eurasiatica, attivo fino alla settimana scorsa. Non è un caso, ci ricorda Piccione, che per Jules Verne il viaggio al centro della terra inizi a Snæfellsjökull, in Islanda, e finisca in Italia, sulle pendici dell’instancabile Stromboli, nell’arcipelago delle Eolie. Non è un caso che, con qualche piccola eccezione come gli stessi islandesi, mezzo mondo usi una parola italiana, per l’esattezza il nome del dio romano Vulcano che ha la fucina proprio nell’Etna, per appellare i vulcani. Esiste un legame tra noi, forse lo avrà pensato anche Giacomo Leopardi per cui l’islandese è il prototipo dell’uomo che deve confrontarsi con la grandezza imbattibile della Natura.
Piccione inanella i racconti con uno stile spigliato, mai scontato, ricco di immagini e di passione genuina per quello che sta narrando. L’aneddoto più banale nelle sue mani diventa intrigante, e si va avanti, vulcano dopo vulcano, storia dopo storia, come una ciliegia che tira l’altra, ammaliati dalla sua abilità da Sherazade. Nel frattempo conosciamo meglio l’Islanda e gli islandesi, tra opere classiche che riproducono l’eruzione del vulcano (l’Hekla op.52 di Jon Leifs), portieri-registi (Halldórsson) che riescono nell’impresa di parare un rigore a Messi, aree di sosta sperdute nel nulla, cittadelle di lava abitate dai troll. Chiuso il libro, ci restano due desideri: il primo, organizzare un bel viaggio in Islanda. Il secondo, leggere ancora altre storie di questo giovane narratore. Il mio sogno è che scriva un libro su Jørgen Jørgensen, protagonista del racconto sul vulcano Krafla. O magari una storia tutta sua: la stoffa c’è.