Nicola Montenz, già autore tra l’altro de L’armonia delle tenebre. Musica e politica nella Germania nazista pubblica adesso, da Archinto, L’eterna primavera, la storia di Libertas e Harro e del loro gruppo antinazista: «Per cinque anni ho raccolto interviste, fotografie, documenti inediti d’archivio e familiari, con l’aiuto prezioso di mia madre che è una germanista appassionata. Volevo ridare alla coppia e ai loro compagni, giovani, colti, brillanti, di alto livello sociale, il valore del loro sacrificio; ma anche in questo momento ricordare come è facile, se non ci si oppone, scivolare nella deriva politica». Negli anni della Guerra fredda l’Orchestra Rossa divenne il bersaglio di «un disturbante chiacchiericcio dell’aneddotica apocrifa e romanzata», senza fonti attendibili; nella Repubblica Federale tedesca, in Europa e anche negli Usa, quei personaggi trucidati dal nazismo continuarono ad essere considerati spie e traditori per i contatti avuti con Stalin, che però non li riteneva attendibili. Per la stessa ragione la Repubblica Democratica invece li esaltò basandosi sempre sulle versioni della Gestapo. Montenz nega le responsabilità di Libertas nell’arresto dei suoi amici e smonta gran parte delle teorie sulla coppia Schulze-Boysen, che indubbiamente era per i tempi, molto aperta; citando tra i tanti Gilles Perrault, l’autore del saggio L’Orchestra Rossa (Bompiani) che da un ufficiale della Gestapo, per altro ignoto, aveva appreso che Libertas amava le donne e Harroseduceva giovanissimi per convincerli all’antinazismo. Il che, se mai, non sporca il loro eroismo.
Erano una coppia speciale, giovane, bella, molto legata in ogni condivisione, aperta nei rapporti amorosi: che pur con quella tragica fine, non fu del tutto riconosciuta nel suo eroismo: anzi col Muro di Berlino, nella Repubblica Federale tedesca continuò ad essere accusata di possibili legami con Stalin. Montenz, in cinque anni di ricerche, si è convinto del contrario, con una massa di documenti ritrovati in diversi archivi e interviste a figli e congiunti dei protagonisti.
Harro era figlio di un capitano di marina e nipote di un grand’ammiraglio, conservatore, appassionato di politica, scriveva alla famiglia di tendenze antisemite: «Ho letto Mein Kampf. L’intera teoria razziale è priva di senso. Non esiste alcuna razza tedesca». Ma anche: «Alla fine uno dovrebbe essere immunizzato perché in pochi altri libri ho trovato un simile guazzabuglio di banalità».
Libertas, e già quel nome la presenta, è figlia di un pacifista discendente di banchieri, che ha una fortunata casa di mode e collabora con Richard Strauss e Max Reinhart. È nata a Parigi, ha girato l’Europa.
Quando si incontrano, lei ha 21 anni e lavora come addetta stampa alla sede berlinese della Metro Goldwin Mayer e ha un certo entusiasmo per il nazismo, lui ne ha 25 e lavora nell’aeronautica militare. Hitler è al potere dal gennaio 1933 e Harro, allora direttore di un foglio politico, crede di poter continuare a esprimersi liberamente: ma non è così: lui e un amico di origine ebraiche vengono arrestati e sottoposti a tortura: Harro ne esce vivo, non il suo amico.