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 2019  gennaio 25 Venerdì calendario

Il mondo di Francesco Molinari

Più british di così. Anatre e oche galleggiano sul laghetto semighiacciato. Una signora dalla capigliatura bianca saluta cordialmente al volante di una Rolls Royce celeste. La club house è decorata con eleganza e fantasia, su una parete sono esposti confezioni originali di Subbuteo e Monopoli. Sull’altra parete è invece celebrato il board del circolo: presidente Colin Montgomerie, leggenda scozzese, vicepresidente onorario Francesco Molinari. L’italiano. Il vincitore del British Open, della Ryder Cup, del tour europeo, di un torneo sul ricchissimo circuito Usa. Il giustiziere di Tiger Woods a Parigi, il campione dei campioni secondo la Bbc, che lo ha preferito a Simone Biles e Lewis Hamilton. Su questi green del Wisley golf club, nel Surrey, mezz’ora a sud dell’aeroporto di Heathrow, ha preso forma il miracolo sportivo del 2018. Qui Francesco detto “Chicco” si allena anche oggi, con il berretto di lana per affrontare i due gradi, una fascia elastica gialla attorno alle braccia per simulare il movimento del drive, un radar Trackman alle spalle per studiarne le traiettorie nel cielo. «Qui mi trovo a un passo da tutto, dalla mia base al Wisley, da casa mia, dalle gallerie d’arte, dall’aeroporto per arrivare in qualsiasi Paese del mondo. Dalla mia palestra». La Prime Health dove campeggia una scritta che sembra fatta per lui: ‘Per vincere serve talento, per ripetersi serve carattere’. « Continuare questo processo di miglioramento avviato negli anni precedenti » sembra parlare come un programmatore di se stesso, «vuol dire cercare di non essere schiavo dei risultati, concentrandomi su di me, sulle possibilità di migliorare. So che cosa mi ha portato in alto, ripetersi sarà più complicato ma cercherò di fare ancora meglio, sono proprio curioso».
Difficile separare la carriera di Francesco Molinari dalla sua vita a Londra, di cui è diventato un devoto residente, appassionato frequentatore di mostre, ristoranti, del golf club dove l’ha introdotto il suo guru Denis Pugh. « Mi sento più un londinese che un italiano a Londra. Ho un po’ di amici italiani, ma pochi inglesi perché qui non sono in molti a vivere, Londra è una città di immigrati come noi. La cosa più bella è che qui ti senti parte della città anche se sei cresciuto in un’altra nazione. La Brexit? Purtroppo il sentimento antieuropeo accomuna tanti Paesi. Spero che avremo la possibilità di vivere ancora qui, Londra è molto diversa dal resto del Paese, ha fatto la sua fortuna sull’immigrazione, ma il resto della Gran Bretagna non vede di buon occhio l’arrivo degli stranieri » . L’avventura di uno degli italiani più amati del Regno Unito è iniziata dieci anni fa, quando la futura moglie Valentina studiava e lui cominciava a viaggiare sul tour mondiale. «Valentina è una persona che mi capisce e mi conosce come nessun altro, è importante aver trovato qualcuno che mi apprezza a prescindere da quel che faccio sul campo » . Prima è arrivata Londra, poi il matrimonio, i due figli, il trionfo, quel coro ‘Molimo-li’ dei tifosi alla Ryder Cup come fosse un calciatore. La casa di South Kensington, zona di vip, « ma io non so se i miei vicini siano rockstar o attori, mi piace il rispetto della privacy. A casa non ho una sala trofei, l’appartamento in affitto è piccolo, tre camere da letto, le coppe sono sparse in giro. Ma anche se avessi spazio, non sono tipo da sala trofei. In cucina invece ci entro, eccome, mi piace cucinare per Tommaso ed Emma, i miei figli. Spaghetti al pomodoro e pollo alla milanese, per ora va così, spero che crescendo loro abbiano più voglia di sperimentare. A quest’età gli piacciono i musei di scienza e storia naturale, ma noi li stiamo già portando alla Tate Modern e Tate Britain, cerchiamo di fargli annusare anche quell’aspetto di Londra perché qui c’è il top e speriamo che presto siano in grado di apprezzarlo ».
Sono le settimane della quiete per Francesco Molinari, degli allenamenti al Wisely e delle serate a casa. O con gli amici, a parlare di calcio, della sua Inter, del suo West Ham, dell’Everton di Tommy Fleetwood, suo compagno di Ryder Cup, marito della sua ex procuratrice, quasi un secondo fratello oltre a Edoardo detto “Dodo” con cui vinse la Ryder Cup 2010. «Sto leggendo un libro che mi ha dato mio figlio, si chiama “ Wonder”, ne hanno tratto anche un film con Julia Roberts e Owen Wilson su un bambino nato con una deformazione del cranio. Qui ho scoperto anche la voglia di impegnarmi in cause di beneficenza come quella di “ Born”, sostenuta dal medico che fece nascere Emma e si batte contro i pochi investimenti sulla ricerca nel campo delle nascite pretermine. Certo, non leggo solo i libri di mio figlio, mi piacciono le biografie, mi ha ispirato più di tutte quella di Michael Jordan, trascende il suo sport per parlare a tutti. Sto rileggendo anche il libro del mio allenatore, Dave Alred, è importante ricordare i principi dello sport che si pratica. Non solo a casa, ma anche nelle lunghe settimane in viaggio, vedo un sacco di serie televisive su Netflix e Amazon, mi piace “ Stranger things”, come in passato “ Breaking bad”. Sono una buona compagnia quando sei in giro per così tanto tempo e non sempre la famiglia può stare con me. Un distacco che può diventare lacerante se a Londra succede qualcosa come in passato, senti di un attacco terroristico e sai che loro sono lì e magari tu sei lontanissimo. Ho riversato tutta la mia rabbia una volta su Instagram, quando c’è stato l’attacco a London Bridge ed io ho scritto che ‘ pochi fanatici che non impediranno a milioni di persone di vivere in una delle città migliori del mondo’».
Ma se vive così intensamente Londra con tutti i suoi colori, i suoi contrasti, i suoi stimoli, come potrà un campione multiculturale come Francesco Molinari vedere l’Italia attuale? «Premesso che il nostro Paese ha punti di forza inimitabili, in questo momento l’Italia mi sembra un po’ lontana e confusa. Gli stranieri con cui parlo si chiedono cosa succede, come mai tante difficoltà per così tanto tempo». Una confusione che potrebbe avere riflessi anche sulla Ryder Cup di Roma nel 2022? « Non sono preoccupato. La Ryder è un evento enorme, ma noi abbiamo un team guidato da Gian Paolo Montali che farà tutto il possibile. L’ambiente di Roma può essere ancora più spettacolare di quello di Versailles. In fondo, se ce l’hanno fatta i francesi possiamo farcela benissimo anche noi».