la Repubblica, 25 gennaio 2019
Che fine fanno le nostre tesi di laurea
“La persecuzione di Diocleziano contro i manichei”, anno accademico 2007-2008, copertina blu cobalto e scritte di colore argento. Quelle cento pagine dalla rilegatura impeccabile, forse a malapena sfogliate, sono ora sepolte in uno scatolone all’ultimo piano della facoltà di Lettere dell’Università di Firenze, davanti all’ufficio del professore e accanto a cartacce e calendari da buttare. “Il deficit dell’attenzione e dell’iperattività: le strategie scolastiche per affrontarlo”. Il titolo è diverso, il colore questa volta è il rosso acceso, la materia è scienze della formazione, ma il destino non cambia. Il frutto di anni di studio giace abbandonato a terra, incastrato sotto la gamba di un tavolo di plastica, a mo’ di sostegno per non farlo traballare. Decine di tesi di laurea accatastate le une sopra le altre, mescolate a vecchi appunti, confuse tra un pezzo di polistirolo e una busta con raffigurata sopra una bottiglia di mirto. A scoprire la “Spoon River” dei lavori di fine corso sono stati gli stessi studenti che, ogni giorno, frequentano quei corridoi.
«È avvilente vedere la fine che hanno fatto le nostre fatiche – racconta Francesca —. Le corse per laurearsi in tempo, le ore in biblioteca, le notti insonni, l’impegno per fare una bella figura di fronte ai parenti, a che cosa sono servite? Fa male vedere tutto ridotto a dei cumuli di carta di cui doversi sbarazzare». Proprio in questi giorni alcuni docenti dell’ateneo fiorentino sono alle prese con il trasloco degli uffici in una nuova struttura.
Occasione, quindi, per tenere quello che serve, spostare le cose importanti, ma anche per rinunciare al superfluo. «Sono dispiaciuta che i traguardi dei nostri studenti siano stati gettati dentro a una scatola e trattati come rifiuti – osserva Ersilia Menesini, direttrice del Dipartimento di Scienze della formazione e psicologia —. Scriverò subito una lettera per invitare i colleghi a rimuoverli da lì. Va comunque ricordato che, da alcuni anni, abbiamo avviato il sistema “Tesionline” che ha portato a una digitalizzazione completa dei materiali, togliendo l’obbligo della consegna cartacea dell’elaborato. Io, ad esempio, prendo solo lavori in pdf».
Anche nel resto d’Italia, da Milano a Bologna, da Roma a Napoli, sono ormai molte le università che, con tempi e modalità diverse, stanno andando verso un sistema di catalogazione totalmente informatizzato. Un modo per diventare più eco-sostenibili, guadagnare spazio e far comunque rimanere impresse nella memoria le opere dei ragazzi. Eppure, il problema “tesi di carta” rimane. Basta pensare che, nel 2014, furono ritrovate centinaia di tesi di laurea appartenenti alla Statale di Milano gettate nei cassonetti per il riciclo della carta.
«Prima mi hanno fatto consegnare tutto in segreteria sia in forma di cd che di testo stampato. Poi, il giorno della discussione, non appena è finita la cerimonia, mi hanno ridato in mano le mie tre copie — racconta Claudia, studentessa alla Sapienza di Roma – Sono rimasta allibita, è stato come se mi avessero detto “Bene grazie ora può andare, lei e il suo lavoro non ci servono più”. Alla fine una copia l’ho tenuta io, una l’ho data a mio padre e una al mio fidanzato». Per Giuseppe Lupo, che insegna Letteratura contemporanea alla Cattolica di Milano, il sistema è semplice: «Le tesi sperimentali e più interessanti, come può essere un carteggio tra Elio Vittorini e Albe Steiner, le conservo con cura perché molto utili alla ricerca. Per le tesi compilative il discorso è diverso: dopo un certo periodo le affido ai bidelli e sta a loro portarle via».
La Cattolica, che non ha ancora completato il processo di digitalizzazione, conserva un maxi-archivio con una copia di ciascuna tesi: più di 200 mila lavori stampati dal 1921 a oggi e custoditi nei sotterranei della scuola. Alla Federico II di Napoli la decisione è affidata ai singoli docenti: «Purtroppo non ci sono gli spazi per tutte le tesi degli studenti e quelle superate, di volta in volta, devono essere smaltite ricorrendo a ditte specializzate – spiega Arturo De Vivo, prorettore e insegnante di Letteratura latina —. Anche noi stiamo cercando digitalizzare il più possibile, ma il rito della stampa della tesi non è andato perso e, anzi, è bello. Io ho sullo scaffale i lavori di tantissimi studenti e uno di loro, a molti anni dalla discussione, è venuto da me a ricercare la sua perché l’aveva smarrita». All’Università di Bologna funziona tutto online: «I lavori vengono fatti inserire dagli studenti in formato elettronico e poi inviati a un sistema di archiviazione della Regione Emilia Romagna – spiega Enrico Sangiorgi, prorettore alla didattica e professore di Ingegneria elettronica —. Sono pochi i colleghi che chiedono agli studenti di avere una copia cartacea. Io, ad esempio, è dagli anni Novanta che non vedo più una tesi stampata sulla mia scrivania».
Mentre i professori dell’Università di Firenze si preparano a fare il trasloco, c’è però chi ha trovato il modo di valorizzare quelle tesi lasciate nei corridoi: «Mio fratello ne ha portata una a casa – racconta Simona —. Il tema è “Integrazione dei bambini stranieri in una realtà interculturale”. Ha detto che era interessato all’argomento e quindi così può approfondire».
Un uso certo nobile che, però, potrebbe violare la privacy dei ragazzi. Quando uno studente inserisce la tesi online deve decidere se renderla pubblica, acconsentendo o meno alla libera consultazione: e se quello studente avesse detto di no?