La Stampa, 25 gennaio 2019
Così l’Arabia Saudita insegue i turisti
Goditi l’Arabia. Il nuovo slogan lanciato dall’Autorità generale per il Divertimento punta a trasformare il Regno saudita da severo custode dei Luoghi Santi e dell’ortodossia sunnita a una nuova Mecca degli spettacoli, le attrazioni turistiche e il relax. Il piano si inserisce nella trasformazione economica lanciata dal principe ereditario Mohammed bin Salman e punta anche a far dimenticare il caso di Jamal Khashoggi per riprendere la marcia verso l’avvicinamento ai valori, per lo meno consumistici, occidentali.
Il piano è stato illustrato dal nuovo presidente dell’Autorità, Turki bin Abdulmohsen Al-Shaikh, con l’ambizione di portate l’Arabia Saudita «fra le prime dieci destinazioni del turismo mondiale» entro il 2030. Al-Shaikh è il terzo presidente in sei mesi, e il vortice di ricambi mostra quanto il principe punti su questo settore, dove vuole vedere risultati immediati. Al-Shaikh ha rivelato che saranno organizzate persino «corse dei tori come quelle che si svolgono in Spagna», a Pamplona. Fra gli altri eventi di quest’anno ci saranno concerti di rapper e popstar di fama mondiale, come Jay Z., DJ Khaled, Amr Diab; colossal teatrali in arrivo da Broadway come The Phantom of the Opera, Aladdin e The Lion King. E poi tornei di giochi fantasy come League of Legends e Overwatch. Saranno invitati i più importanti circhi internazionali, dal russo Nikulin all’American Circus 1903 fino al leggendario Cirque du Soleil di Montréal.
Aprirà anche un museo delle cere sul modello di Madame Tussauds. E arriveranno i maggiori illusionisti, compreso David Copperfield, nonostante la sharia vieti la «stregoneria», tanto che nel 2008 il mago libanese Ali Hussein Sibat è stato arrestato, condannato a morte e poi graziato. Adesso è un altro mondo, sintetizzato dallo slogan «Enjoy Arabia», anche se per rispettare le tradizioni e non irritare troppo gli ulema ci saranno pure le classiche competizioni di recitazione del Corano, con un premio di 1,3 milioni dollari al vincitore, e di chiamata alla preghiera, l’Adhan. Il fuoco di artificio di eventi serve ad attirare turisti stranieri e a tenere in patria la ricca clientela in cerca di distrazioni all’estero. La Vision 2030 per questo punta anche molto sul Mar Rosso. Uno dei cardini è il gigantesco complesso sviluppato dalla Red Sea Development Company, che aprirà la sua prima fase l’anno prossimo: 14 hotel di lusso su cinque isole, con 3000 stanze, porticcioli per gli yacht e un aeroporto.
Il piano completo coinvolgerà 22 isole, oggi disabitate, con 10 mila stanze in totale. Il complesso fornirà 70 mila posti di lavoro e un fatturato di 5,3 miliardi di dollari all’anno, quasi il 2 per cento del Pil saudita. Il turismo giocherà un ruolo di punta nella transizione economica dalla Vision 2030.
Il Programma di trasformazione nazionale, messo a punto nel 2018, prevede che gli investimenti nel settore cresceranno fino a 171,5 miliardi di riyal l’anno dai 145 attuali (da 34 a 40 miliardi di euro) e gli introiti dai turisti sono destinati ad arrivare a 41 miliardi di euro. Il contributo del turismo al prodotto interno lordo salirà così al 3,1 per cento già l’anno prossimo. Un programma vasto e ambizioso che è stato portato anche sui tavoli degli uomini d’affari riuniti a Davos. Al dibattito «I prossimi passi per l’Arabia Saudita» c’erano per esempio l’Ad di Total Patrick Pouyanne e il capo di Morgan Stanley James Gorman, assieme al ministro delle Finanze Mohammed al-Jadaan e a quello dell’Economia Mohammad Al Tuwaijri.
Il colpo di Davos accelera il ritorno nel consesso delle nazioni dopo lo choc causato dall’assassinio di Khashoggi. Il principe ha fretta di normalizzare le relazioni con
America ed Europa perché ha bisogno di investimenti massicci per evitare una esplosione sociale. Il tasso di disoccupazione giovanile è salito in sei anni dal 27 al 32 per cento, con un aumento di tre punti dal 2015, quando Mbs ha preso le redini del regno. La crescita è ancora debole, sotto il 2 per cento nel 2018 dopo un calo dello 0,7 nel 2017. Con la popolazione che aumenta del due per cento l’anno non è sufficiente. Per questo la trasformazione in un grande polo dei divertimenti non ha solo un valore economico. Come ha notato l’analista del Middle East Eye Madawi al-Rashid «l’entertaiment serve anche a distrarre i giovani che tornano dall’estero dopo l’università e non hanno chance di trovare un lavoro».