Il Messaggero, 25 gennaio 2019
Il 29,2% degli extracomunitari è povero
Una torta con 5 fette, di cui una finirà tra le mani di una famiglia straniera. Il Reddito di Cittadinanza a trazione tricolore che aveva in mente il governo scolorisce e si trasforma in una sorta di bandiera esperanto di fronte alla realtà dei numeri. Nonostante il giro di vite operato a inizio anno (soggiorno nel Paese alzato da 5 a 10 anni, di cui gli ultimi 2 consecutivi) per cercare di riservare la maggior parte delle risorse agli italiani, l’operazione di Palazzo Chigi ha centrato gli obiettivi solo in parte.
I NUMERILa platea delle famiglie beneficiarie del sussidio, secondo la Ragioneria del Tesoro, sarà di 1 milione e 248 mila nuclei e tra questi 241 mila (il 19,3% del totale) dovrebbero essere soli straniere. Conti alla mano, gli stranieri si divideranno 1 miliardo e 486 milioni di euro su un totale di 7.493 milioni (il 19,8%) per il 2019. E per dare un’idea di una strategia che non ha del tutto funzionato, basti pensare che l’ultima relazione tecnica del governo indicava 164 mila nuclei di stranieri beneficiati. Ben 77 mila in meno rispetto al risultato finale. La verità, spiega una fonte alle prese con il dossier, è che per quante limitazioni e paletti si possano introdurre resta un fatto: l’incidenza dei poveri, tra gli stranieri, è 6 volte maggiore rispetto agli italiani. Dunque era inevitabile che andare a finire in questo modo. Alla fine del 2018, in Italia, c’erano circa 5,1 milioni di stranieri residenti e il 29,2% è povero, rispetto al 5,1% delle famiglie di soli italiani. Non solo: secondo i dati della Caritas, dal 2010 al 2016 l’incremento maggiore di povertà ha riguardato i residenti provenienti da Paesi Ue (dal 35,4% al 48,5%), seguiti dai cittadini originari di Paesi non-Ue (dal 43,5% al 54%). C’è poi da considerare un elemento. Il vincolo dei 10 anni di residenza, ovviamente, non può essere applicato ai cittadini Ue, tra i quali spiccano rumeni (1,2 milioni), che sono la componente non italiana più numerosa nel Paese, polacchi (circa 100 mila) e bulgari (circa 60 mila). Il giro di vite produrrà certamente effetti sugli extra-Ue. Ma meno di quanto auspicava la maggioranza giallo-verde. E c’è una ragione. Dati Istat alla mano, nel 2009 i cittadini stranieri registrati in Italia erano 3,9 milioni (1,2 milioni in meno rispetto ad ora) e si tratta di un nucleo che, per la stragrande maggioranza, ha ormai un radicamento forte e non si è spostato negli ultimi 10 anni. Insomma, si parla di individui con le carte in regola per aspirare al Reddito. A patto, ovviamente, di avere un Isee molto basso.
AUMENTOTra gli extracomunitari le comunità più numerose sono quella marocchina (500mila persone), albanese (440mila) e ucraina (250mila) che dunque non possono essere escluse se gli individui risiedono in Italia da almeno 10 anni. Nutrita la componente asiatica. La Cina conta 290 mila, Filippine 167 mila, l’India 151 mila, il Bangladesh 131 mila, il Pakistan 114 mila e lo Sri Lanka 107 mila. Tra l’altro, alcune popolazioni sono tutelate da convenzioni di sicurezza sociale stipulate da Roma con i governi di Tunisia, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia. Ad infittire la platea degli stranieri c’è inoltre un dato statistico: dal 2013 al 2016 ben 611 mila stranieri hanno messo le mani sulla cittadinanza italiana. In particolare, sono stati 101 mila nel 2013, 130 mila nel 2014, 178 mila nel 2015, 202 mila nel 2016 e per circa il 75% si tratta di extracomunitari che provengono da Albania, Marocco, India, Bangladesh e Pakistan.